EdificiSecondo il TAR, non si può considerare agibile un immobile che sia in contrasto con gli strumenti urbanistici o con il titolo edilizio. Anche in caso di segnalazione certificata, permane la possibilità che un immobile sia dichiarato inagibile.

Nel caso esaminato dal TAR Campania-Salerno 03/12/2019, n. 2138, il ricorrente impugnava il provvedimento con il quale il Comune aveva negato il rilascio del certificato di agibilità di un albergo perché alcune parti - per le quali era in corso un procedimento di sanatoria - non risultavano in regola con le norme urbanistiche ed edilizie. La vicenda si svolgeva nella vigenza dell’art. 25 del D.P.R. 380/2001, ora abrogato dal D. Leg.vo 222/2016 che ha sostituito il certificato di agibilità con la segnalazione certificata di agibilità (vedi La certificazione di agibilità degli edifici).
Il ricorrente sosteneva che l’accertamento di agibilità è volto ad una verifica tecnica, come tale del tutto estranea al procedimento amministrativo di sanatoria ancora pendente per alcuni locali oggetto della richiesta. Inoltre, adduceva la formazione del silenzio assenso ai sensi del comma 4 dell’art. 25 del D.P.R. 380/2001, in quanto il provvedimento di diniego era pervenuto oltre il termine previsto dal citato art. 25.

Il TAR, nel respingere il ricorso, ha in primo luogo affermato che il certificato di agibilità può riguardare esclusivamente le sole opere legittime ab origine o per intervenuta sanatoria. La presenza di consistenze ancora non assentite, né legittimate da specifici titoli edilizi e urbanistici rendeva dunque impossibile da parte dell’amministrazione l’accoglimento della richiesta del certificato di agibilità, e ciò anche in pendenza di un procedimento di sanatoria.

In altri termini, l’agibilità può essere negata non solo in caso di mancanza delle condizioni igieniche, ma anche in caso di contrasto con gli strumenti urbanistici o con il titolo edilizio.
Tale interpretazione è in linea con la prevalente giurisprudenza (si veda ad esempio TAR Lombardia 10/02/2010, n. 332), basata in particolare sull’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 1, secondo il quale la domanda di agibilità deve essere corredata, fra l’altro, da una dichiarazione del richiedente di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato (l’art. 25 del D.P.R. 380/2001, vigente al momento della pronuncia in commento, è stato ora abrogato, ma la formulazione sopra indicata è riportata in modo pressoché identico nell’art. 24 del D.P.R. 380/2001 medesimo).
Del resto appare assurdo, si legge nella sentenza, che il Comune rilasci l’agibilità a fronte di un’opera magari palesemente abusiva e destinata quindi con certezza alla demolizione, apparendo tale comportamento dell’amministrazione contraddittorio rispetto al perseguimento del pubblico interesse.

Quanto sopra si può affermare - come nella fattispecie esaminata dalla sentenza - anche ove fosse pendente un procedimento di sanatoria edilizia.

In secondo luogo, secondo i giudici, la mancanza del presupposto della legittimità urbanistico-edilizia dell’immobile esclude la possibilità di ritenere formato il silenzio assenso sull’istanza di agibilità di cui all’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 4. Ed infatti le ipotesi di silenzio assenso, vale a dire di provvedimento implicito favorevole su un’istanza di parte, non si sottraggono alla precondizione della sussistenza di tutti i presupposti perché possa essere emanato un provvedimento favorevole espresso (diversamente si potrebbe arrivare a ritenere agibile in via di silenzio assenso un immobile cui l’agibilità sarebbe negata in caso di procedimento espresso).
Tale affermazione conserva la sua valenza anche nella vigenza della nuova disciplina dettata dal D. Leg.vo 222/2016 che ha modificato il Testo unico dell’edilizia prevedendo in luogo del rilascio del certificato di agibilità la presentazione di una segnalazione certificata da parte dell’interessato. Infatti, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 380/2001, la presentazione della segnalazione certificata di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o parte di esso ai sensi dell’art. 222 del R.D. 27/07/1934, n. 1265.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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DURCSecondo il TAR Calabria 665/2019, il mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese che abbia perso il requisito della regolarità contributiva in corso di gara non può essere sostituito.

NORME DI RIFERIMENTO
Il Decreto correttivo (D. Leg.vo 56/2017) del Codice dei contratti pubblici ha modificato l’art. 48, comma 18, D. Leg.vo 50/2016 inserendo la possibilità di sostituire un mandante in caso di perdita, in corso di esecuzione del contratto, dei requisiti di cui all'art. 80, D. Leg.vo 50/2016. Il comma 19-ter del medesimo articolo, aggiunto pure dal Correttivo, ha stabilito che “le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 trovano applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara”. Il combinato disposto di tali norme è stato interpretato dal TAR con riferimento alla perdita del requisito della regolarità contributiva da parte del mandante di un RTI in corso di gara.

FATTISPECIE
Nel caso di specie la ricorrente impugnava l’esclusione dalla gara del RTI ritenendo che, in applicazione dell’art. 48, comma 19-ter, D. Leg.vo 50/2016, doveva essere accolta l’istanza di sostituzione della ditta mandante che in sede di verifica del DURC non era risultata regolare. In particolare sosteneva che se una mandante perde i requisiti di cui all’art. 80, D. Leg.vo 50/2016, non solo in corso di esecuzione (come indicato dal comma 18 dell’art. 48 citato), ma anche in fase di gara, in base al predetto comma 19-ter può essere sostituita da un altro operatore.

CONSIDERAZIONI DEL TAR
Al proposito i giudici hanno ribadito la tesi sostenuta dalla giurisprudenza precedente e dall’ANAC secondo la quale tali disposizioni consentono la sostituzione del mandante nei soli casi di “modifiche soggettive” (per le società, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti e, nei casi di imprenditore individuale, morte, interdizione, inabilitazione o fallimento), previste dal comma 18, e non anche nell’ipotesi di perdita dei requisiti di cui al citato art. 80 in corso di gara, pure prevista dal medesimo comma 18 come causa di sostituzione della mandante ma nella (sola) fase esecutiva.

Il comma 18 è stato, infatti, modificato dal D. Leg.vo 56/2017, con l’espressa, eccezionale, ma limitata previsione della possibilità di sostituzione esclusivamente nella fase dell'esecuzione contrattuale, in quanto, in tale fase, la sostituzione risponde alla necessità di perseguire il preminente interesse pubblico alla prosecuzione dell'esecuzione dell'appalto. Secondo il TAR sarebbe, dunque, illogico che l’estensione “alla fase di gara” di cui al comma 19-ter, introdotto dallo stesso Decreto correttivo, vada a neutralizzare la specifica e coeva modifica del comma 18.

CONCLUSIONI
Ne consegue che la mancanza del requisito di cui all’art. 80, comma 4, D. Leg.vo 50/2016, in riferimento all’accertata irregolarità contributiva della mandante, non poteva essere “sanata” con la sostituzione della stessa. Pertanto il TAR ha rigettato il ricorso confermando l'esclusione dalla gara del RTI.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Martedì, 14 Gennaio 2020 16:50

URSA ti aspetta al KLIMAHOUSE 2020

URSA KlimahouseURSA Italia è lieta di invitarvi al KLIMAHOUSE, la fiera di riferimento a livello nazionale per il risparmio energetico in edilizia.

Vi accoglieremo presso il Padiglione AB stand A05/22 con le più innovative soluzioni di isolamento sostenibile.

L'evento sarà l'occasione per toccare con mano i nostri prodotti chiave: URSA XPS NVII, URSA MAIOR e URSA TERRA, da oggi ancora più sostenibili grazie a URSA BiOnic Performance.
Il massimo rapporto tra sostenibilità e tecnologia in termini prestazionali: resistenza a compressione; isolamento termico e isolamento acustico.

Anche quest'anno inoltre l'impegno di URSA sulla sostenibilità non si ferma qui: di fronte all'ingresso principale, e per il terzo anno consecutivo, ritroverete ISOLA URSA, il progetto culturale volto a promuovere la sostenibilità ambientale, verso i professionisti del settore e soprattutto verso le nuove generazioni.

URSA ti aspetta al KLIMAHOUSE 2020
KLIMAHOUSE, 22 - 25 Gennaio
Padiglione AB stand A05/22

Pubblicato in Comunicati stampa

FRCMIl Consiglio superiore dei lavori pubblici ha rilasciato la Linea guida per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di interventi di consolidamento strutturale mediante l’utilizzo di sistemi di rinforzo FRCM.

Con D. Cons. Sup. LL.PP. 03/12/2019, n. 627, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha approvato la la Linea guida per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di interventi di consolidamento strutturale mediante l’utilizzo di sistemi di rinforzo FRCM.

La Linea guida fornisce principi e regole di applicazione per la progettazione, la verifica, il collaudo e la manutenzione di interventi di rinforzo strutturale con materiali compositi fibrorinforzati a matrice inorganica - FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix). Tali materiali sono utilizzati per il miglioramento delle prestazioni strutturali di costruzioni esistenti, sia in muratura, che in calcestruzzo armato.
La Linea guida tratta in particolare le regole di progetto relative alle principali applicazioni strutturali, per le quali sono disponibili in letteratura modelli di calcolo ampiamente condivisi dalla comunità tecnica e scientifica, sia a livello nazionale che internazionale, sottolineando invece che applicazioni diverse devono essere necessariamente suffragate da approfondite indagini preliminari in laboratorio su elementi strutturali in scala reale e da verifiche di tipo numerico.

Si rinvia al D. Cons. Sup. LL.PP. 08/01/2019, n. 1, per gli aspetti legati alla identificazione, qualificazione e accettazione in cantiere, nonché per gli aspetti connessi alla durabilità, trasporto, stoccaggio, movimentazione, utilizzo, nonché ed ai manuali di installazione dei sistemi, obbligatori per questi materiali.
Si ricorda in particolare che tale decreto prevede un periodo transitorio, in base al quale è consentito fino al 08/01/2021 continuare a fare riferimento a quanto disposto in merito al punto 8.6 delle Norme tecniche per le costruzioni (NTC 2018) di cui al D.M. 17/01/2018, per quanto concerne l’impiego di FRCM nel consolidamento di costruzioni esistenti.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Pubblicato in Normativa

Messa in sicurezzaEntro il 15/01/2020 gli enti locali possono presentare la richiesta di attribuzione di un contributo a copertura della spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade.

L’art. 1, comma 51, della Legge di bilancio 2020 (L. 27/12/2019, n. 160), prevede l'assegnazione di contributi agli enti locali al fine di favorire gli investimenti per spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade.

I contributi ammontano a 85 milioni di euro per l’anno 2020, 128 milioni di euro per l’anno 2021, 170 milioni di euro per l’anno 2022 e 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2034.

Ai sensi del comma 52, dell'art. 1, della Legge di bilancio 2020, gli enti locali devono comunicare le richieste di contributo (fino ad un massimo di 3 richieste per la stessa annualità) al Ministero dell’interno, entro il termine perentorio del 15 gennaio dell’esercizio di riferimento del contributo.
La richiesta deve contenere:
- le informazioni riferite al livello progettuale per il quale si chiede il contributo e il codice unico di progetto (CUP) valido dell’opera che si intende realizzare;
- le informazioni necessarie per permettere il monitoraggio complessivo degli interventi.

L’ammontare del contributo attribuito a ciascun ente locale è determinato entro il 28 febbraio dell’esercizio di riferimento tenendo conto del seguente ordine prioritario:
- messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico;
- messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti;
- messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell’ente.

Il Decreto del Ministero dell’interno del 31/12/2019, pubblicato nella G.U. del 07/01/2020, n. 4, approva la modalità di certificazione per l’assegnazione, nell’anno 2020, del contributo agli enti locali per la copertura della spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ai suddetti interventi di messa in sicurezza.
In particolare, il Decreto specifica che i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni, possono presentare la domanda relativa all’attribuzione dei contributi per l’anno 2020, tramite la modalità di certificazione approvata, presente nell’area riservata del Sistema certificazioni enti locali e accessibile dal sito web https://dait.interno.gov.it/finanza-locale/area-certificati.

Gli enti locali devono presentare telematicamente la richiesta di contributo, munita di firma digitale, entro il termine perentorio delle ore 24,00 del 15 gennaio 2020.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Regione VenetoÈ stata pubblicata sul BURV 27/12/2019, n. 150 la L.R. Veneto 49/2019 che ha prorogato al 30/09/2020 il termine per l'adeguamento dei Comuni alle disposizioni sul contenimento del consumo di suolo e al Regolamento Edilizio Tipo (RET).

La L.R. Veneto 23/12/2019, n. 49, in vigore dal 28/12/2019, modificando l’articolo 17, comma 7 della L.R. Veneto 04/04/2019, n. 14, ha prorogato dal 31/12/2019 al 30/09/2020 i termini per l’adeguamento, da parte dei Comuni, alle disposizioni sul contenimento del consumo di suolo, di cui alla L.R. Veneto 06/06/2017, n. 14, e per l'adeguamento dei regolamenti edilizi, ai sensi dell'articolo 2, comma 4 del D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), allo schema di Regolamento Edilizio Tipo e relativi allegati approvati con l'Int. Conf. Unificata 20/10/2016, n. 125/CU.

Si ricorda, infatti, che il termine per l’adeguamento dei regolamenti edilizi comunali al Regolamento Edilizio Tipo, inizialmente fissato al 21/05/2018 ai sensi di quanto stabilito con la Delib. G.R. Veneto 22/11/2017, n. 1896, era stato poi rideterminato al 31/12/2019 dall'articolo 17 comma 7 della L.R. Veneto 04/04/2019, n. 14.

La modifica normativa approvata con l'articolo 1 della L.R. Veneto 49/2019, che ha disposto la proroga dei suddetti termini, si è resa necessaria a seguito delle numerose segnalazioni da parte dei Comuni di alcune criticità relative principalmente, per quanto riguarda il contenimento del consumo di suolo, alla corretta identificazione e perimetrazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata e, per quanto concerne il RET, alle ricadute delle definizioni uniformi sugli strumenti della pianificazione urbanistica con riferimento all’invarianza delle previsioni dimensionali degli stessi.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Pubblicato in Edilizia & Materiali

Pista ciclabileLa Legge di bilancio 2020 prevede lo stanziamento di risorse per i comuni finalizzati ad investimenti in progetti di rigenerazione urbana, di sviluppo sostenibile e infrastrutturale e di sviluppo delle reti ciclabili urbane.

La Legge di bilancio 2020 - L. 27/12/2019, n. 160, pubblicata nella G.U. del 30/12/2019, n. 304 ed in vigore dal 01/01/2020 - prevede l’assegnazione ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, di contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2021, di 250 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034.
Con successivo decreto saranno individuati i criteri e le modalità di riparto, nonché le modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

Inoltre, nello stato di previsione del Ministero dell'interno è istituito un fondo per investimenti a favore dei comuni, con una dotazione di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034. Il fondo è destinato al rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale del Paese, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri saranno individuati i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse, nonché le modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

Allo scopo di cofinanziare interventi finalizzati alla promozione e al potenziamento di percorsi di collegamento urbano destinati alla mobilità ciclistica, è istituito poi, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Fondo per lo sviluppo delle reti ciclabili urbane, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. Il Fondo finanzia il 50% del costo complessivo degli interventi di realizzazione di nuove piste ciclabili urbane posti in essere da comuni ed unioni di comuni.
Con successivo decreto saranno definite le modalità di erogazione ai comuni e alle unioni di comuni delle risorse del Fondo, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettivo utilizzo da parte dei comuni e delle unioni di comuni delle risorse erogate. I comuni e le unioni di comuni, all'atto della richiesta di accesso al Fondo, devono comunque dimostrare di aver approvato in via definitiva strumenti di pianificazione dai quali si evinca la volontà dell'ente di procedere allo sviluppo strategico della rete ciclabile urbana.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Ritenute appaltiIl Decreto Fiscale, convertito in legge dalla L. 157/2019, reca una serie di misure per contrastare l’omesso versamento delle ritenute fiscali in materia di appalti e subappalti. Tali misure si applicano a decorrere dal 01/01/2020.

L’art. 4 del Decreto Fiscale (D.L. 124/2019, convertito in legge con la L. 19/12/2019, n. 157, pubblicata nella G.U. del 24/12/2019, n. 301) introduce l’art. 17-bis nel D. Leg.vo 09/07/1997, n. 241, il quale stabilisce che il committente (sostituto di imposta residente nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sui redditi) che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziati comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, è tenuto a richiedere all'impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarla, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.
Il versamento delle ritenute è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione.

Inoltre, il nuovo articolo 17-bis, del D. Leg.vo 241/1997, specifica alcuni obblighi di trasmissione previsti per le ditte appaltatrici (affidatarie o subappaltatrici) necessari per consentire al committente di adempiere all’obbligo del riscontro dell'ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese.

Si introduce poi l’obbligo per il committente di sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall'impresa appaltatrice o affidataria (sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell'opera o del servizio, ovvero per un importo pari all'ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa) nel caso di mancato adempimento da parte di quest’ultime degli obblighi di trasmissione o nel caso di omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali.

In caso di inottemperanza ai predetti obblighi, il committente è obbligato al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all'impresa appaltatrice o affidataria, o subappaltatrice, per la corretta determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse, nonché per il tempestivo versamento, senza possibilità di compensazione.

Sono previste alcune deroghe alla disciplina descritta, per le imprese appaltatrici e subappaltatrici o affidatarie che provino la sussistenza di determinati requisiti.

L'art. 17-bis, comma 8, del D. Leg.vo 241/1997, prevede infine che per le imprese appaltatrici o affidatarie e per le imprese subappaltatrici è esclusa la facoltà di avvalersi dell'istituto della compensazione quale modalità di estinzione delle obbligazioni relative a contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi obbligatori, maturati in relazione ai dipendenti. Detta esclusione opera con riguardo a tutti i contributi previdenziali e assistenziali e ai premi assicurativi maturati, nel corso della durata del contratto, sulle retribuzioni erogate al personale direttamente impiegato nell'esecuzione delle opere o dei servizi affidati.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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URSA Major

Coperture innovative – Cool Roof

Vi è mai capitato, in estate, di scottarvi la mano toccando una superficie scura? Vi siete mai accorti dell’elevata temperatura che può raggiungere l’asfalto di una strada durante una calda giornata estiva?

Sui nostri tetti succede la stessa cosa: un tetto piano con superficie in membrana bituminosa nera tradizionale raggiunge con soleggiamento facilmente 80°C in una giornata estiva, e forse anche qualche grado in più.

Ciò dà luogo principalmente a due categorie di problemi:

- l’isola di calore: fenomeno dell’innalzamento della temperatura delle aree urbane rispetto a quella di cui si gode nelle aree rurali, misurato tra 1° e 6°C.
- il consumo energetico: i tetti scuri riflettono una piccolissima parte del calore ricevuto dal sole e, quindi, lo trasmettono all’ambiente interno sottostante, con costi di condizionamento elevati e scarso comfort abitativo.

Il cool roof, in italiano “tetto freddo”, è un tetto contraddistinto da elevata capacità di riflettere l’irradiazione solare incidente e, al contempo, di emettere energia termica nell’infrarosso.

Queste innovative coperture possono fornire un’efficace soluzione al problema del surriscaldamento estivo dei singoli edifici e delle grandi aree urbane.

In California e in altri Stati degli U.S.A. i cool roofs sono da molti anni oggetto di analisi tecnico-economiche estensive e, più recentemente, di attività di certificazione e regolamentazione.

Una significativa accelerazione si è recentemente avuta in seguito ai black-out estivi innescati dall’azionamento simultaneo, nelle ore più calde della giornata, degli impianti di condizionamento e dal conseguente sovraccarico della rete elettrica.

Gli studi svolti hanno dimostrato che i cool roofs possono permettere riduzioni dei consumi per condizionamento e dei carichi elettrici di picco fino anche al 70%.

Tra i provvedimenti normativi a sostegno del Cool Roof oggi possiamo contare: gli standard ASHRAE 90.1 e 90.2, diverse norme di efficienza energetica statali in USA, l’International Energy Conservation Code, il Cool Roof Rating Council in USA e nell’UE, il Codice Energetico per gli uffici in India e altre iniziative in continua crescita. Anche il Green Building Council ne riconosce il grande impatto.

La stessa certificazione LEED®, sempre più ricorrente anche alle nostre latitudini, prevede il contributo alla soddisfazione del credito SS 7.2 “Effetto isola di calore: coperture” (secondo il Protocollo LEED® v4).

In pratica, un cool roof può essere ottenuto applicando alla superficie del tetto uno strato di rivestimento superficiale esterno con colore molto chiaro, preferibilmente bianco, e con carattere non metallico. Un tipo di copertura con simili proprietà può fornire una soluzione sia al problema del surriscaldamento estivo degli edifici, con i suoi negativi effetti sul benessere termoclimatico, sia al correlato problema dell’isola di calore urbana, l’aumento di temperatura rispetto alle campagne circostanti che in estate caratterizza le aree altamente urbanizzate.

Si possono quindi avere vantaggi diretti, connessi al minore riscaldamento del tetto e, di conseguenza, al maggiore comfort termico interno, ai minori consumi energetici e costi di impianto per condizionamento ed al più lento degrado delle strutture edilizie, e vantaggi indiretti, consistenti in una riduzione del surriscaldamento urbano e del conseguente fenomeno dello smog fotochimico, con i costi sociali e sanitari a questi correlati, nonché in minori consumi energetici globali, inferiori carichi di picco sulla rete elettrica e più ridotta immissione di gas serra in atmosfera.

Il cool roof è ad oggi, tra le tipologie di coperture, il più comunemente impiegato, ma che presenta elevate criticità, soprattutto a carico del manto impermeabile. I manti sintetici di nuova concezione tipo TPO (di colorazione chiara), presentano la faccia superiore bianca, che consente un’alta riflettività dei raggi solari e un basso assorbimento di calore.

Ciononostante, per il corretto funzionamento della copertura e fondamentale che l’isolante termico possa offrire sufficiente e duratura planarità. La stabilita dimensionale diventa quindi la caratteristica determinante nella scelta del prodotto isolante.

I pannelli URSA MAIOR non assorbono acqua nè per diffusione nè per immersione, sono chimicamente stabili all’aria e all’acqua e le loro caratteristiche fisiche restano invariate anche in presenza di umidità.

Non essendo prevista alcuna zavorra di finitura, i pannelli isolanti vanno accuratamente ed opportunamente ancorati al piano di posa, mediante incollaggio a freddo o fissaggi meccanici (vedi foto).




Il bordo a battente e il più indicato in questo tipo di soluzione, in quanto agevola la posa in opera e contribuisce a ridurre i ponti termici tra i pannelli, sebbene contenuti. Anche in questo caso, prima della posa dello strato isolante, sul massetto delle pendenze va prevista la stesura di una barriera al vapore.




Anni di ricerca continua hanno reso possibile lo sviluppo di URSA MAIOR, un prodotto isolante di ultima generazione, dalle straordinarie proprietà termiche, ma non solo.

La composizione chimica e la trama regolare della sua struttura cellulare a celle chiuse, permettono infatti a URSA MAIOR di raggiungere bassissimi valori di conduttività termica e gli conferiscono altre importanti caratteristiche:

- E’ chimicamente stabile anche per lunghi periodi a sostanze come l’aria e l’acqua;
- E’ resistente alla penetrazione dell’acqua anche sotto forma di vapore;
- Non subisce variazioni dimensionali o di planarità in presenza di acqua o vapore;
- Può essere impiegato anche in contesti dove si raggiungano temperature elevate (temperature limite d’impiego -50°/+95° C);
- E’ imputrescibile;
- Presenta elevata resistenza meccanica;
- Mantiene costanti le proprie caratteristiche sia durante le fasi di stoccaggio che per tutto il suo ciclo di vita.

Pubblicato in Comunicati stampa

Aumento volumetriaIl TAR Lazio-Roma 14/11/2019, n. 13055 fornisce un utile riepilogo dei principi giurisprudenziali in tema di interventi eseguiti in assenza o in difformità dal titolo edilizio.

FATTISPECIE
Nel caso di specie la ricorrente impugnava l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune che aveva rilevato la realizzazione di lavori abusivi in totale difformità dalla concessione edilizia. In particolare si trattava della edificazione di un manufatto ad uso residenziale e di un altro con destinazione agricola, di un piano interrato eseguito come seminterrato con maggiore superficie e volumetria residenziale e il mutamento della destinazione d’uso di un garage e di un locale per gli attrezzi agricoli; tutto ciò per consentire il migliore e concreto utilizzo dei luoghi anche da parte di una persona affetta da una malattia invalidante.
A tale ultimo riguardo la ricorrente sosteneva che lo stato di malattia dovrebbe autorizzare interventi edilizi anche in deroga agli strumenti urbanistici, a maggior ragione quando le modifiche abbiano solo riflessi interni e non riguardino categorie diverse ed autonome.

VARIAZIONI ESSENZIALI E DIFFORMITÀ PARZIALE
Il TAR, ritenendo in primo luogo infondate le deduzioni della ricorrente volte a sminuire l’abuso con la considerazione parziale ed atomistica dei singoli interventi, che invece vanno considerati nel loro complesso, ha richiamato i seguenti orientamenti giurisprudenziali in materia:

- in tema di abusi edilizi si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione; si configura per contro la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera;

- in caso di realizzazione di una volumetria maggiore rispetto a quella assentita si configura un'ipotesi di variazione essenziale, ai sensi dell'art. 32, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b), soprattutto ove questa abbia determinato un incremento percentuale superiore a quello di tolleranza del 2% previsto dall'art. 34, D.P.R. 380/2001, comma 2-ter. È legittima pertanto l'applicazione della sanzione demolitoria che l'art. 31, D.P.R. 380/2001, comma 2, riconnette non solo agli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, ma anche a quelli realizzati con "variazioni essenziali" determinate ai sensi del richiamato art. 32;

- il provvedimento che ingiunge la demolizione è un atto sostanzialmente dovuto che, pertanto, soprattutto in presenza di un abuso rientrante nella disciplina dell’art. 31, D.P.R. 380/2001, non richiede una particolare motivazione oltre alla chiara indicazione delle opere abusive; per la costante giurisprudenza non è di ostacolo alla sua emanazione neppure il decorso di un periodo di tempo anche consistente dalla commissione dell'abuso.

ABUSO PER NECESSITÀ
Infine il TAR, proprio sulla base della considerazione che la repressione dell’abuso in questione non costituiva attività discrezionale della P.A. ma attività del tutto vincolata, ha affermato che le primarie esigenze di tutela della salute e della necessità di abbattimento delle barriere architettoniche non possono giustificare opere eseguite in totale difformità da quanto assentito con il titolo edilizio, in assenza di una richiesta di permesso di costruire in variante. Di conseguenza non assume alcuna rilevanza la possibilità di deroga alla disciplina urbanistica ai fini della necessità dall’abbattimento delle barriere architettoniche, non dovendo l’amministrazione, in presenza di opere edilizie eseguite in assenza di titolo edilizio o in difformità totale dall’assentito, accertare il profilo sostanziale della conformità o meno delle opere alla disciplina urbanistica, ma dovendosi limitare ad evidenziare la sussistenza degli abusi eseguiti sine titulo.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

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