Incaricato di immaginare una struttura che ridesse centralità al famoso Gherkin, Foster propone una struttura a tulipano, che accende polemiche.

Quando, nel 2003, nello skyline della City di Londra è apparso il grattacielo di Norman Foster al numero 30 di St. Mary Axe, la città e i turisti lo hanno accolto con entusiasmo, un elegante grattacielo in vetro da cui godere del panorama della città, catalizzatore al centro di un vasto gruppo di edifici.

La sua strana forma allungata e arrotondata, gli valsero il soprannome di “Gherkin”, il cetriolino.

Oggi, con i suoi soli 40 piani, è a malapena visibile tra la sempre più fitta foresta di vetro e acciaio che lo circonda e lo oscura, un “ammasso di vetro del capitale finanziario” scrive Oliver Wainwright sul Guardian.

La risposta di Foster + Partners, appena presentata da Safra Group, proprietario del 30 St Mary Axe, è quella di costruire al suo fianco un nuovo edificio, una torre di osservazione alta 305,3 metri – quasi il doppio del suo progenitore –, un gambo sottile che culmina con un bulbo in vetro, chiamato The Tulip.

In cima, la capsula di vetro ospiterà 12 piani di bar, ristoranti e una galleria panoramica, oltre a una struttura educativa gratuita.

In realtà in un primo momento Safra Group aveva chiesto agli architetti di sviluppare un progetto per convertire il cono di vetro del Gherkin in un'attrazione per i visitatori, ma lo spazio era troppo stretto. Così lo studio Foster + Partners ha pensato di proporre una struttura separata e indipendente.

Norman Foster ha descritto il progetto come “nello spirito di una città progressista e lungimirante”, pensato per offrire “vantaggi significativi a londinesi e visitatori come punto di riferimento culturale e sociale con risorse educative per le generazioni future”.

“Un curioso ibrido tra la sommità a cupola del Gherkin, la forma snella della BT Tower (che un tempo ospitava un ristorante rotante) e le torri di comunicazione e osservazione popolari negli anni ‘60 e ‘70” lo definisce invece Edwin Heathcote sul Financial Times. Che si distingue per “le curiose gondole che ruotano ellitticamente attorno ai lati della capsula di vetro in cima alla torre, e che gli conferiscono un’aria simile al London Eye”.

Una sorta di versione mini del Gherkin, insomma, issata su un grande palo sopra la città per essere vista da tutti.

Allo scetticismo di Heathcote fa eco Wainwright, che scrive: “È una delle più strane proposte che emergono dall'ufficio di Foster, un surreale mashup di tutti i capricci di Londra racchiusi in una capsula aerea inutile. È il tipo di gingillo da spettatore degno dell’ex sindaco di Londra Boris Johnson, che ha speso il suo mandato cercando di trasformare la capitale in un parco a tema di progetti vanitosi”.

fonte elledecor.com

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Mobilità elettrica, tecnologia, spazi verdi e, ovviamente, case: il progetto del nuovo quartiere di Rublyovo-Arkhangelskoye, a ovest di Mosca

Lo studio Zaha Hadid Architects è stato scelto per costruire il nuovo quartiere di Rublyovo-Arkhangelskoye a ovest di Mosca, una smart city a misura d’uomo che ospiterà nuove case per 66.500 residenti oltre a scuole, cliniche mediche, infrastrutture di trasporto, distretti commerciali e istituzioni civiche e culturali.

Il progetto, voluto dalla società JSC Rublyovo-Arkhangelskoye del Gruppo Sberbank, arriva in risposta all’aumento della popolazione moscovita che negli ultimi anni è cresciuta oltre il 30%, passando da 3 milioni di persone e 12,4 milioni. Grazie allo sviluppo di questo nuovo centro abitato sarà possibile accogliere al meglio gli abitanti di Mosca senza dover congestionare le strade della capitale russa.

461 ettari e 4,1 milioni di mq di cui il 33% è costituito da parchi e giardini, oltre a 30 ettari di spazio per il lago: questi i numeri per la realizzazione del nuovo quartiere di Mosca progettato da Zaha Hadid Architects, in collaborazione con lo studio russo di TPO Pride Architects, insieme a Nikken Sekkei, UNK Project e allo studio italiano Archea Associati, gli studi di architettura internazionali che hanno vinto la competizione per la realizzazione del quartiere Rublyovo-Arkhangelskoye.

Il nuovo quartiere di Mosca sarà costituito da un'ecologia diversificata di spazi per vivere, lavorare e studiare con aree attrezzate per il tempo libero, promuovendo l'impegno della comunità e la comunicazione culturale. Il progetto vuole essere un esempio globale per le città intelligenti e sostenibili, che integrino la mobilità elettrica, i servizi e le tecnologie con la natura, creando un ambiente urbano fatto di tecnologia ecologica.

Christos Passas, direttore del progetto della smart city a Mosca sviluppato da Zaha Hadid Architects, ha spiegato che lavorando con team specializzati sia russi che europei, hanno creato uno spazio incentrato sulle persone, per una città interconnessa e intelligente che possa unire i suoi abitanti.

La tecnologia sarà solo una delle innovazioni apportate all’esclusiva cittadina russa: secondo i diversi progettisti a fare la differenza saranno gli spazi pubblici attrezzati, rispecchiando una filosofia che considera gli aspetti naturali del sito come principi di aggregazione e inclusività, racchiusi in un'architettura di alta qualità adatta alle esigenze del XXI secolo.

rublyovo-arkhangelskoye.com
zaha-hadid.com

fonte: elledecor.com

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Connettere e trasformare territori' è il tema proposto dal terzo convegno del ciclo 'Alpi in divenire'. Organizzato dall’Osservatorio 'Laurent Ferretti' della Fondazione Courmayeur Mont Blanc insieme all’Ordine degli Architetti della Valle d’Aosta.

Il programma di incontri, convegni e pubblicazioni è ideato e curato dagli architetti Francesca Chiorino e Marco Mulazzani. Il convegno propone una riflessione sui temi delle connessioni lente, sui sentieri e sui percorsi a diverse altitudini e sulle loro intersezioni con il turismo sostenibile.

Progetti e fenomeni contemporanei più strettamente legati all’ambito alpino, che affondano le loro radici nella storia della mobilità sulle Alpi, fanno da contrappunto a casi studio in luoghi non afferenti al mondo della montagna, dove però si ritrova la volontà di riscattare interi territori attraverso piccole infrastrutture o attraverso connessioni virtuali e virtuose.

L’iniziativa presenta esempi internazionali di interventi realizzati in contesti geografici differenti –in diverse aree della Norvegia, nel dipartimento dell’Ardèche francesee nella regione catalana–declinati in modi diversi, ma caratterizzati, appunto,dalla stessa volontà di operare positivamente nel territorio.

L’architettura è una presenza significativa, che in alcuni progetti appare con maggior risalto, in altri è meno avvertibile. In tutti gli interventi, il tema della connessione non è riducibile a una mera questione fisica, investendo i campi della storia, della cultura e l’insieme dei caratteri di un territorio, come dimostrano, nei diversi ambiti, i cambiamenti che hanno interessato le montagne della Valle d’Aostae la trentennale esperienza del Premio Carlo Scarpa dedicato al paesaggio.

Interverranno lo storico Marco Cuaz, professore all'Università dellaValle d'Aosta, con una relazione dal titolo 'Montagne dolci'. Nuove prospettive per un turismo alpino e Luigi Latini, presidente della Fondazione Benetton Studi Ricerche di Treviso e professore all’Università IUAV di Venezia, che presenterà la ricerca sui temi del paesaggio svolta attraverso il Premio internazionale Carlo Scarpa.

Durante la mattinata verranno prese in esame tre differenti esperienze localizzate in luoghi distanti tra loro. Dagur Eggertsson e Vibeke Jenssen dello studio norvegese Rintala Eggertsson porteranno all'attenzione del pubblico alcuni piccoli progetti che dialogano con il territorio norvegese in parte inseriti nel grande piano delle strade turistiche nazionali; Imma Jansana dello studio spagnolo Jansana, De La Villa, De Paauw presenterà i percorsi ciclopedonali e le attrezzature per l’area protetta del Llobregat, adiacenti all'aereoporto di Barcellona; David Moinard, presidente dell'Associazione francese Sentier des Lauzes e direttore artistico del percorso artistico 'Partage des eaux', approfondirà interventi leggeri di valorizzazione territoriale a cavallo tra landscape, arte e architettura nell'ambito del Parc Naturel Régional des Monts d’Ardéche.

Al termine dei lavori è previsto, per relatori e congressisti, un momento conviviale con un light lunch a Centro congressi.

Il convegno è accreditato ai fini della formazione professionale e continua degli architetti, degli ingegneri e dei geometri.

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MichelangeloNel 2020 diventerà finalmente accessibile ai visitatori la stanza situata sotto le Cappelle Medicee, sulle cui pareti Buonarroti disegnò alcuni schizzi dei suoi capolavori

Buone notizie per chi visiterà le Cappelle Medicee a Firenze, nel 2020. Tra due anni, la stanza segreta di Michelangelo Buonarroti, ospitata nel complesso monumentale della Basilica di San Lorenzo, aprirà finalmente al pubblico.
Scoperta nel 1957, in seguito a una serie di lavori di restauro alla Sagrestia Nuova, diretti dall’allora direttore del Museo, Paolo del Poggetto, era la stanza in cui uno dei maggiori rappresentanti del Rinascimento italiano si rifugiò nel 1530 per diversi mesi. Michelangelo temeva infatti ritorsioni personali da parte dei Medici per aver sostenuto lui stesso il governo repubblicano (che li aveva cacciati da Firenze), collaborando al progetto della struttura muraria che avrebbe dovuto difendere la Repubblica Fiorentina dagli spagnoli.

Un piccolo spazio di soli sette metri per due, situato sotto la Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo, sulle cui pareti uno dei maggiori artisti di sempre disegnò a carboncino schizzi che rappresentano opere che intendeva portare a termine una volta terminata l’auto-prigionia, ma anche capolavori del passato, come un dettaglio del David e alcune figure della volta della Cappella Sistina. Nella stanza si può ammirare, inoltre, lo schizzo di un corpo chinato e ripiegato su se stesso, interpretato come una sorta di autoritratto dell’artista durante la sua reclusione.

Per secoli, questi graffiti sono rimasti coperti da uno strato di biacca, fino ad essere riportati alla luce nel novembre del 1975, in seguito ai lavori preliminari per la creazione di un’uscita di Michelangelosicurezza per le Cappelle Medicee. È a quel punto che viene fatto quello che il professore di storia dell’arte Frederick Hartt avrebbe definito uno dei più importanti ritrovamenti artistici del XX° secolo. Un patrimonio che ha alimentato accesi dibattiti, tra gli storici, in merito all’attribuzione dei disegni a Michelangelo, dibattiti che tutt’ora restano aperti. Non mancano studiosi scettici come William Wallace, docente della Washington University di St. Louis, secondo il quale Michelangelo sarebbe stato un personaggio troppo importante per rinchiudersi in un seminterrato. Altri studiosi, invece, hanno trovato somiglianze evidenti tra alcune delle figure disegnate sulle pareti e quelle realizzate sul soffitto della Cappella Sistina.

Nel 2013 i graffiti sono stati resi visibili attraverso un percorso monografico interattivo dotato di postazioni touch, ma i visitatori non hanno ancora la possibilità di accedere alla stanza segreta del Buonarroti. La svolta è attesa nel 2020, grazie al piano della direttrice del Museo Nazionale del Bargello, Paola D’Agostino, che consentirà finalmente al pubblico di ammirare i disegni attribuiti a Michelangelo nel suo rifugio ospitato sotto la Sagrestia Nuova.

fonte: initalia.virgilio.it

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Una villa come una lama di vetro e acciaio sospesa tra le fronde delle querce, un progetto di Craig Steely Architecture dove architettura e natura si fondono in un unicum quasi indistinguibile

Ai piedi delle montagne di Santa Cruz, ad ovest della Silicon Valley, in un boschetto di fitte querce lo studio Craig Steely Architecture realizza una villa a sbalzo che sembra galleggiare tra gli alberi.

L’idea concettuale di partenza per la Pam & Paul's House è proprio quella di una casa in vetro fluttuante in mezzo al verde dove architettura e natura si fondono in un unicum quasi indistinguibile.

La villa unifamiliare, disposta su due livelli, è caratterizzata da una piastra a sbalzo su pilastri simili a tronchi dove sono alloggiati tutti gli ambienti adibiti ad abitazione, mentre il piano superiore, di dimensioni più contenute è dedicato a spazi di ricovero e garage.

La pelle esterna dei diversi livelli contribuisce ad identificarne la funzione: infatti mentre il piano living è completamente vetrato e permeabile allo sguardo, il piano superiore è rivestito in pannelli di zinco e vetro a specchio.

Una passerella in grata di acciaio consente all’automobile di superare la porzione di terreno a sbalzo e trovare alloggio all’interno della casa.

I due livelli sono messi in comunicazione da una scala in metallo nero che si erge come una lama al centro della casa e contribuisce a creare varchi che veicolano la luce naturale anche nei punti più interni del locale.

Il piano abitabile della casa è suddiviso in modo intelligente e funzionale: la zona living e gli spazi dedicati al pranzo e alla cucina sono distribuiti in linea lungo la parete vetrata in modo da godere appieno del panorama, mentre le camere da letto e gli ambienti di servizio sono alloggiati nella parte posteriore che si estende verso la collina, protetti e separati dalla zona giorno attraverso una parete di mobili contenitori.

Al centro dell’ambiente il pavimento sotto la scala è scavato nel terreno così da poter accogliere uno spazio di lavoro concluso e delineato senza l’utilizzo di pareti divisorie. La distinzione tra gli ambienti è sottolineata anche dall’uso di materiali diversi, infatti il bancone-scrivania, i mobili e il pavimento ad essa connessi sono tutti intagliati in un’unica lastra di legno cinese.

Tutta la zona living è illuminata con tagli a soffitto di luci led che contribuiscono a sottolineare la geometricità e lo slancio dinamico delle forme della villa: il soggiorno è completamente incassato nel pavimento e arredato da B&B Italia con un sontuoso salotto in velluto viola di 14 metri quadri.

Nella cucina-sala da pranzo un lungo bancone di quarzo composito continua la superficie di lavoro del piano cucina con il tavolo da pranzo.

fonte: Di Chiara Pasini elledecor.com

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Lo scorso luglio, l’Auditorium Parco della Musica di Roma ha accolto l’VIII Congresso nazionale architetti, a dieci anni dalla precedente esperienza. Sulle “sfide” della professione, dalla ricostruzione post-sisma al consumo di suolo fino alla Legge per l’architettura, abbiamo sollecitato il Presidente del Consiglio Nazionale

L’imperativo per tutti gli architetti a partire da questo Congresso è esprimere pubblicamente la propria cultura…
La nostra tre giorni congressuale è stata la sintesi della fondamentale attività propedeutica rappresentata da un viaggio di raccolta di esigenze e di contributi al quale hanno partecipato, insieme al Consiglio Nazionale, tutti gli Ordini territoriali italiani. Nelle 14 tappe di avvicinamento al Congresso gli oltre 6mila architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori che hanno partecipato a questo viaggio hanno mostrato di far parte di una comunità pronta a mettere a disposizione del Paese, oltre al grande potenziale umano e professionale, idee e progetti. Una comunità che ha compiuto una grande operazione di conoscenza, per incastrare, come pezzi di un puzzle, i contenuti e i caratteri di politiche differenziate per grandi coordinate progettuali e contribuire ad indicare cosa sia oggi, in Italia, prioritario. Nella consapevolezza della necessità di dover anche verificare – come stiamo facendo e come continueremo a fare – l’adeguatezza delle nostre strutture professionali, incentivando l’innovazione, per crescere culturalmente e professionalmente, e per fornire, con tutta la filiera delle costruzioni, il nostro contributo all’incremento dell’efficienza dei processi di investimento nelle città e nei territori e, conseguentemente, dei tempi, dei rischi e dei costi.

A fronte di una richiesta precisa e univoca emersa dal Congresso – la Legge per l’Architettura – il Governo in carica, nella figura del Ministro Bonisoli, ha evidenziato come la stessa non sia al momento contemplata nell’azione del suo dicastero. Come commenta questa posizione? Qual è la sua posizione in merito “all’alternativa” proposta, le cosiddette “linee guida”, da interpretare come base per un possibile iter legislativo?

Il Ministro Bonisoli si è fatto carico di definire norme sotto forma di linee guida – per consentire tempi rapidi per la loro predisposizione – a favore della promozione della qualità dell’architettura. Le linee guida, quindi, non sono affatto una alternativa alla Legge per l’architettura, ma un primo passo, attraverso un approccio rapido e pragmatico, verso il riconoscimento del valore di pubblico interesse dell’architettura e del paesaggio in quanto basilari nella definizione della qualità della vita urbana, nonché per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese. Per gli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori italiani la richiesta di una Legge per l’architettura è complementare a quella per la realizzazione di un “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”, finalizzato ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Se così non fosse la nostra sarebbe una mera richiesta corporativa, cosa questa lontana dal nostro modo di essere e dallo spirito del recente Congresso.

“L’inadeguatezza della strumentazione urbanistica vigente”; “il peso opprimente della rendita fondiaria nell’economia urbana”; “una perdurante crisi del mercato immobiliare” sono alcune delle questioni messe in evidenza nel Manifesto. Ad esse si aggiungono i dati diffusi dal recente Rapporto ISPRA, in merito al consumo del suolo: allarmanti, anche in relazione alla “cementificazione” di aree a rischio o protette, con il Parco dei Monti Sibillini, nel cratere sismico del Centro Italia, a detenere la “maglia nera” a livello nazionale. Dovremmo considerarli un ulteriore “monito”, affinché si possa davvero lavorare sul Piano d’Azione Nazionale che citava?

Non c’è dubbio che lo siano. Il nostro Paese ha bisogno di una politica pubblica per le città e per i territori che deve diventare prioritaria in una stagione come quella che stiamo vivendo che richiede una grande capacità di pianificazione, di progettazione, di risposte concrete, di investimenti strutturali e non straordinari elargiti a pioggia, ma anche di nuovi punti di vista. Noi sosteniamo da tempo, ad esempio, la questione del consumo che non si ottiene con norme ragionieristiche quali l’art. 3 del disegno di legge approvato in prima lettura alla Camera, che assegna allo Stato la quantificazione dell’estensione massima di superficie agricola consumabile a livello nazionale, alla Conferenza Unificata Stato-Regioni i criteri di ripartizione tra le Regioni, a quest’ultime la ripartizione tra tutti i Comuni della Regione e, infine, ai Comuni il compito di adeguare i propri Piani Regolatori. Si ottiene, invece, con una efficace Agenda Urbana, finalizzata a questo scopo, partendo dal presupposto che rigenerare è molto più oneroso che costruire sul nuovo e che è quindi indispensabile ribaltare il sistema delle convenienze che tuttora privilegia l’edificazione su terreni vergini, piuttosto che la rigenerazione degli ambiti urbani degradati.

A due anni dal sisma del Centro Italia, il decreto terremoto è diventato legge (il 19 luglio scorso, N.d.R). Cosa ne pensa di questo strumento? Quali effetti potrà produrre nei territori interessati?
La questione non è il decreto terremoto in sé, che rappresenta un mero palliativo di circostanza. Serve dotarsi di politiche serie per diffondere la consapevolezza del rischio e la cultura della prevenzione compreso, ovviamente, il contrasto all’abusivismo conclamato. Credo che gli effetti del decreto sui territori saranno scarsi. Non è certo il decreto che può sbloccare la ricostruzione in aree comprese per la maggior parte nel sistema delle aree interne e che quindi si trovano in condizioni di debolezza non solo strutturale – se pensiamo al sistema delle infrastrutture e servizi – ma soprattutto del tessuto socio-economico. Quando si affrontano la gestione dell’emergenza e soprattutto i processi della ricostruzione significa che parliamo di vittime e macerie e che, di conseguenza, il Paese e la nostra società hanno già perso. Gli eventi calamitosi si susseguono in modo sempre più ravvicinato e devastante negli ultimi 20 anni: in scenari emergenziali e catastrofici non è possibile applicare norme e procedure ordinarie adattate da decreti ed ordinanze. La nostra richiesta è quella di avere una legge-quadro per i processi della ricostruzione a seguito di eventi calamitosi.

Quando, a suo avviso, la figura dell’architetto ha iniziato a perdere la centralità che lei era propria fino alla prima metà del Novecento, con il risultato di una progressiva perdita di rilievo a favore di altri soggetti? Molto interessante, in questa ottica – e in controtendenza rispetto al “sentire comune” – sono i dati dell’indagine IULM, presentati durante in Congresso. Migliorare anche la “percezione collettiva” dell’architetto, potrà contribuire a “ridimensionare l’attrattività” dei paesi esteri presso i giovani architetti italiani?
Credo, come sottolinea l’indagine condotta dal Professor Mario Abis, che, soprattutto negli anni passati, l’onnipresenza delle archistar, ed alcune delle loro opere, abbiano contributo alla percezione dell’architetto come una figura lontana dalle comunità e dai loro bisogni. Ora però stiamo assistendo ad una inversione di tendenza se l’80% degli intervistati apprezza la figura dell’architetto e vive l’architettura come manifestazione del nuovo, del futuro e della innovazione, come artefice sociale delle città. Quanto ai giovani professionisti, per limitare le fughe all’estero, riteniamo indispensabile, ed è una delle richieste forti del Congresso, che anche nel nostro Paese i progetti delle opere pubbliche vengano assegnati, non più sulla scorta del fatturato degli studi, ma attraverso concorsi di progettazione in due gradi e aperti – in quanto unica modalità che risponde ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e che permette di selezionare il progetto migliore.

Valentina Silvestrini - artribune.com

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Non solo hotel di lusso, ma anche strutture ecosostenibili e parchi acquatici per famiglie: ecco cosa ci dice la miglior architettura sul tema dell'ospitalità.
Quali sono gli hotel più belli del mondo?

Hotel di lusso, certo, ma anche strutture nomadi che assomigliano più al campeggio che al resort: tra ecosostenibilità ambientale e palazzi immersi nel contesto urbano roboante di una grande metropoli, tra strutture che si mimetizzano nella foresta e parchi acquatici che puntano al divertimento di tutta la famiglia, siamo andati a spulciare tra i progetti finalisti del World Architecture Festival 2018. Ed ecco cosa abbiamo trovato.


The Walled-Tsingpu Yangzhou Retreat

L’hotel della città di Yangzhou, di Neri&Hu, gioca con gli spazi. Suddivisi da muri in mattoni grigi, numerosi cortili si aprono alla fine degli stretti passaggi che separano la struttura dall’esterno, con le camere per gli ospiti, i giardini e i laghetti che offrono privacy e un panorama riservato.



Freycinet Lodge Coastal Pavilions

Nella Penisola di Freycinet, in Tasmania, Liminal si è lasciato ispirare dalla fluidità della montagna di granito e dalle forme ondulate della Coles Bay per questi rifugi di pace dotati di ogni comfort.

The Mist Hotspring Resort



Tra le sorgenti calde naturali della provincia di Henan, nella Cina centrale, sotto il cielo tetro e tra gli alberi spogli, questo resort punta sul colore per intensificare l’esperienza dei suoi ospiti avvolti nel vapore delle acque. Ispirata ai fotogrammi colorati a mano dei film in bianco e nero dei primi del Novecento, in cui il colore sembrava fluttuare sulle immagini, la facciata monocromatica è illuminata da sfumature blu e magenta.


Krakani Lumi


Un campo permanente nella Bay of Fires, nella terra dei palawa, gli aborigeni della Tasmania, lungo la costa nordorientale dell’isola, che rende omaggio a questo popolo attraverso la struttura e i materiali delle costruzioni.


The Edge of the Wood


Commissionato dalla città di Miki, in Giappone, per un rilancio della zona nella quale sorge, The Edge of the Wood ne è diventato la struttura simbolo, con le sue linee essenziali che si ispirano all’architettura tradizionale dei ristoranti giapponesi, introducendo degli elementi di novità, come la facciata trasparente e gli interni in legno bianco che riflettono la luce.


Zallinger - Back to the Origins


Il restauro di questo storico rifugio a 2054 metri di altitudine, nei pressi di Saltria, in provincia di Bolzano, ha portato alla costruzione di 6 nuovi chalet, intorno all’edificio principale e alla sua chiesa, risalenti a oltre 150 anni fa. Il legno di larice degli interni e la vista panoramica delle camere da letto regalano l’esperienza di una baita di montagna con il massimo del comfort.


He Restaurant


Nato dall’idea di un’architettura unitaria complementare al paesaggio, che avvolge e accoglie nei suoi confini, l’edificio si interseca nella foresta di metasequoie ai piedi del monte Tangshan, in Cina, nei pressi dell’esclusivo quartiere residenziale di Jiangning, a Nanjing, in Cina.


Hof Van Duivenvoorde


Commissionato Dalla Fondazione Duivenvoorde che ammistra il castello omonimo, nella città di Voorschoten, nei Paesi Bassi, il leggero e trasparente ristorante e centro visitatori diurno prende le sembianze di un modesto fienile alla sera, quando i pannelli mobili, che rivestono la facciata, vengono abbassati.


Kintele Congress Hotel


Questo mega complesso a Brazzaville, nella Repubblica del Congo, ospita al suo interno una sala congressi da 1500 posti, una sala ricevimenti da 1000 posti, un salone da 300 e a un’area pubblica da 1000. I locali sono divisi da cortili interni collegati da un portico che ripara dalla pioggia sempre presente. La scelta dei materiali da costruzione ha privilegiato, quando possibile, legno e pietra locali, e acciaio e alluminio per la struttura portante, meno costosi e più facilmente trasportabili.


Sbglow Hotel



L’hotel della catena SB, inaugurato a luglio 2017, si eleva con i suoi 8 piani sul quartiere Poblenou di Barcellona, offrendo ai visitatori 235 camere e 3 piani interrati con garage, sale conferenze e ristorante oltre a una terrazza con piscina all’ultimo piano, dalla quale godere del panorama della città.



Treewow Retreat


Questi chalet nella foresta, a due passi alla città di Yuyao, in Cina, presentano una struttura in legno montata su colonne d’acciaio, slanciati come gli alti bambù che li circondano a eccezione di un unico chalet sferico per accogliere la luce tra le onde della sua terrazza sul tetto.



Aqualagon Waterpark


Il parco di Marne la Vallée si apre verso ovest, proteggendosi dai venti freddi dell’est e permettendo un’ampia esposizione al sole durante l’inverno mentre le terrazze schermano gli ambienti interni dal calore eccessivo durante i mesi estivi.

Termalija Family Welness


Termalija Family Wellness è l’ultimo di una serie di progetti atti a rinnovare le strutture delle terme Olimia di Podčetrtek, in Solvenia. La nuova struttura a grappolo di volumi tetraedrici funge da tetto alla piscina, aprendosi completamente verso l’esterno per minimizzare il passaggio dal chiuso all’aperto durante l’estate, quando la sua funzione diventa quella di semplice riparo dal sole.


Kanda Terrace


Il carattere pubblico di questo edificio, progettato per accogliere dei ristoranti, è sottolineato dalla facciata rientrante e dalle terrazze tra loro comunicanti, in un gioco di rimandi che si alterna di piano in piano, così da attirare l’attenzione dei passanti, che possono guardare all’interno e degli stessi ospiti, che possono sentirsi connessi con gli avventori agli altri piani e immersi nel contesto urbano di un quartiere centrale di una grande metropoli come Tokyo.


Piedras Bayas Beachcamp


Questa stazione turistica ecosostenibile costa del deserto di Atacama, in Cile, punta alla semplicità e al minimo impatto ambientale, nonché alla pace e alla privacy per i suoi ospiti, tra gli alloggi a cupola e gli edifici principali collegati tra loro da passerelle scoperte.

 

fonte: elledecor.com

Pubblicato in Varie
Lunedì, 16 Luglio 2018 09:22

Architettura in bambù

6 nomi che stanno portando l'architettura in bambù a un nuovo livello

Lo chiamano "acciaio verde" ed è una vera e propria rivoluzione nel mondo dell'architettura sostenibile, che arriva da terre lontane ma sta riscuotendo un grande successo anche in Europa

Bambù per case ecosostenibili: gli edifici in bambù non sono più associati all’idea di architettura povera, ma rappresentano oggi la frontiera dell’architettura green elegante e innovativa.

Se prima infatti questa pianta era utilizzata come materiale da costruzione prevalentemente in Asia e America Latina, oggi la troviamo sempre più frequentemente anche nei mercati Europei e Nord Americani, e molti giovani architetti stanno sperimentando tecniche per renderla sempre più contemporanea, per sdoganare i pregiudizi che si avevano su di essa e sensibilizzare anche l’occidente al suo impiego creativo.

La sua implicazione non è solo nella sfera del design. Il bambù è infatti una pianta davvero strepitosa. Graminacea perenne, sempreverde, dalla crescita spontanea e rapida, la pianta di bambù non ha bisogno di essere curata e si propaga autonomamente, rigenerandosi all'infinito, caratteristica che la rende un materiale estremamente ecologico.

Oltre ad essere universalmente conosciuta come il “il cibo dei panda” le sue caratteristiche e le storie su di essa sono davvero incredibili. Non solo i panda lo apprezzano, nella cucina orientale è molto usato come alimento, per il suo gusto delicato e la ricchezza di vitamine. La resistenza a tensione delle sue fibre lo rende perfetto in edilizia come materiale strutturale, ma in Cina da più di mille anni è impiegato nella realizzazione di gomene e cime di navi, funi dei ponti sospesi; la sua facilità di lavorazione e versatilità (merito delle fibre di bambù molto lunghe) per la produzione di carta, tessuti, parquet; i suoi benefici sono anche nelle foglie, che assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno come poche altre specie.

Tra gli aneddoti sul bambù più interessanti si racconta che sia la prima specie vegetale rinata sui suoli di Hiroshima e Nagasaki dopo il bombardamento atomico del 1945; che sia stato utilizzato da Edison per gli esperimenti che lo condussero allo sviluppo della prima lampadina e che sia finito nel Guinnes dei Primati per aver stabilito il record di pianta che è cresciuta più velocemente in tutto il mondo (70 centimetri in un solo giorno).

Soprattutto negli ultimi anni abbiamo visto sorgere strutture in bambù dal risultato estetico molto diversificato, testimonianza della flessibilità della pianta e della sua rivalutazione, nel campo delle arti creative moderne, come materiale tradizionale e contemporaneo allo stesso tempo, tanto da essergli dedicato un evento, la International Bamboo Architecture Biennale che ha esordito sotto la cura di Ge Qiantao e dell’architetto George Kunihiro nel villaggio di village of Baoxi in Cina nel 2016.

La prima Biennale Internazionale dell'Architettura in Bambù ha presentato 18 costruizioni, realizzate da 12 architetti di fama internazionale tra i quali Kengo Kuma, Vo Trong Nghia, Anna Heringer, Li Xiaodong Atelier and Simon Velez, che sono state costruite in una scenario agricolo.

Partendo da alcuni di quelli che hanno partecipato all'evento e ampliando la ricerca, abbiamo selezionato 6 architetti che, per caratteristiche differenti, si possono definire veri e propri maestri del bambù.

Simon Velez è considerato un esponente autorevole dell’architettura vegetale e ne fa una vera e propria filosofia di vita, associando la costruzione in cemento alla caverna, mentre l’architettura il legno alla vita aerea, sinonimo di liberazione dell’uomo dal suo stato di primitivo rude e carnivoro ed elevazione a essere sano, equilibrato.

Considerato il leader del movimento architettonico volgare, una scuola di design fortemente ancorata al contesto geografico e che utilizza esclusivamente materiali provenienti dal territorio a cui è legata è l'autore di alcune tra le prime realizzazioni contemporanee in bambù d'Europa.

Tra queste il padiglione Zeri all'Expo 2000 di Hannover e la più recente presenza alla 15. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia con l’allestimento Bamboo. L’installazione per la Biennale Reporting from the front a cura del cileno Alejandro Aravena ha visto riflettere l'architetto colombiano sulle straordinarie qualità del bambù come materiale architettonico e strutturale che Vélez definisce “acciaio vegetale” nel tentativo di esaltarlo ed innovarlo ad esempio combinandolo con altri materiali più moderni.

Vo Trong Nghia

Il bambù è veramente il materiale preferito di Vo Trong Nghia, architetto vietnamita fondatore di uno studio che oggi conta più di 40 persone e si contraddistingue per una progettazione che conserva l’espressività della tradizione asiatica, impiegando materiali naturali ed economici per creare un’architettura green contemporanea. Autore del padiglione vietnamita dell’Expo 2015, e già presente con un’installazione alla 15.Biennale Architettura Venezia, anche quest’anno è stato invitato come esponente del Vietnam alla16. Biennale di Architettura di Venezia in occasione della quale ha interpretato il tema Freespace con un padiglione intitolato Bamboo Stalactite, una serie di volte, realizzate incurvando e intrecciando steli di bambù intorno ad una sequenza di stalattiti lignee che corrono da terra alla copertura.
L’ intreccio del materiale crea uno spazio denso, protettivo e ombreggiato ma allo stesso tempo trasparente, aperto, perfetto per contemplare le acque dell’Arsenale di Venezia e riposare sulle poltrone pouf chaise longue. Un’architettura iconica interamente realizzata in bambù, che dimostra le potenzialità estetiche e tecniche di questo materiale.

Mauricio Cardenas Laverde

Il lavoro di Mauricio Cardenas Laverde, architetto colombiano con studio a Milano, si concentra sullo studio e la ricerca di possibili impieghi del bambù nell’edilizia così come nell’architettura d’interni. Un elemento strutturale della sua terra che lui sa adattare anche al contesto europeo., in sostituzione al legno lamellare, ma anche per rivestimenti interni, arredi e design che parlino un linguaggio contemporaneo.

In Cina, ha progettato una casa ecocostenibile in bambù a Baoxi Longquan, in Cina, con una struttura che esplora nuovi modi di costruire usando il bambù: un’architettura a secco, con connessioni in alluminio leggere e facili da assemblare, che combina quello che viene definito “acciaio vegetale” con l’acciaio vero e proprio per creare un sistema di costruzione industrializzato e applica la proporzione aurea per ottenere la standardizzazione dei pezzi, e un impatto visivo armonico.

Marco Lavit

Tra gli autori di sperimentazioni contemporanee, abbiamo scelto un giovane talento dell’architettura italiana, Marco Lavit nominato talento emergente ai Rising Talent Awards 2018, e autore del recentissimo Senato Roof, il progetto di Senato Hotel Milano che ogni anno coinvolge un designer e un produttore di mobili outdoor nel makeover totale dei 100 metri quadri della terrazza. Nella “Milano da bere”, il tetto del Senato Hotel di Lavit cita Le Corbusier con il progetto Modulor, una griglia progettata su modulo regolare con struttura in bambù con cui imbriglia le coordinate spaziali per lasciare al sole, alle nuvole e alle ombre il compito di rompere le regole.
Un gioco di contrasti, prospettive, simmetrie e irregolarità già sperimentato a Port-Louis, Mauritius, nel progetto di una facciata di una facciata in bambù che trasforma un elemento naturale in elemento ordinatore e si risolve in un prospetto che è come un "moucharabieh" per sensibilizzare all’utilizzo del bambù come materiale architettonico.

Kengo Kuma

Se si parla di architettura e bambù non si può non citare il giapponese Kengo Kuma, uno dei massimi esponenti di un’architettura che ricerca la sintesi perfetta fra edificio e paesaggio, fra intervento dell'uomo e gioco della natura. Una delle sue opere più poetiche è la Great Bamboo Wall House, una casa costruita a Pechino, a ridosso della Grande Muraglia, dalla quale l’architetto prende ispirazione. A differenza della Muraglia il muro non è però un elemento che divide ma che unisce popoli e culture, mescolando insieme l’architettura tradizionale giapponese con elementi propri della modernità, come gli arredi minimal chic che caratterizzano l’interno.

Il materiale della tradizione costruttiva locale riveste la struttura, esternamente e internamente, con cortine di canne a distanza variabile l'una dall'altra, che creano una pelle non uniforme attraverso la quale lo spazio passa dall’essere più chiuso e protetto a far filtrare completamente al paesaggio, che si mescola con l’architettura.

Chiangmai Life Architects

Chiangmai Life Architects and Construction è una società con sede in Tailandia specializzata nella progettazione e costruzione di architetture in bambù e terra che combinano un moderno design organico, l'ingegneria del 21 ° secolo e i materiali naturali. Una delle loro opere più imponenti è il Bamboo Sports Hall per la Panyaden International School del 2017, un ecologico campo sportivo in bambù di 782 metri quadrati che riprende la forma del fiore di loto, simbolo della Tailandia e degli insegnamenti buddisti.

La struttura completata ospita un campo da basket e futsal e può ospitare anche campi da pallavolo e da badminton, con gli impianti di stoccaggio posizionati dietro un palco che può essere sollevato automaticamente, e gli spalti per il pubblico. Oltre alla caratteristica di essere un edificio a basso impatto ambientale, grazie alla ventilazione naturale e l’isolamento che assicurano un clima interno ideale per tutto l’anno, quello che rende l’architettura in bambù innovativa è il design strutturale per la portata dell’intervento.

Tralicci di bambù prefabbricati di nuova concezione con una campata di oltre 17 metri senza rinforzi o connessioni in acciaio formano capriate che sono state pre-montate sul posto e sollevate in posizione con l'aiuto di una gru. Un incontro perfetto tra progettazione, tecnologia e tradizione artigianale, per un’ architettura che rappresenta il futuro della costruzione sostenibile.



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Sulla costa norvegese di Andoya lo studio di Oslo Morfeus Arkitekter ha completato un blocco di servizi igienici dalle pareti a specchio, che riflette il paesaggio e offre una magnifica sosta agli automobilisti

Qualche ora passata sull’autostrada obbliga necessariamente a momenti di sosta in aree di servizio spesso molto diverse dalla nostra idea di architettura moderna.

A meno che non siate in viaggio per le strade della Norvegia: dopo l'area di sosta di Ureddplassen, che si è meritata il titolo di "bagno pubblico più bello del mondo", arriva anche il progetto dello studio norvegese Morfeus Arkitekter che ha completato un blocco di servizi igienici dalla struttura angolata e dalle pareti a specchio lungo la Scenic Routes 18, strada panoramica sulla costa norvegese di Andøya.

L’area di servizio, posizionata vicino al bordo dell'acqua, è divenuta una magnifica pausa per i viaggiatori lungo una strada che separa le cime frastagliate a est dall'ampio oceano a ovest.

Nelle vicinanze è situato un bagno pubblico davvero impressionante, progettato con un tetto a forma d'onda curva che, grazie alla sua superficie specchiante, riflette il paesaggio circostante. La struttura architettonica, che trae ispirazione dal clima e dalla natura circostante, è stato costruito in calcestruzzo con una forma angolare che sembra incastonarsi alla perfezione sul terreno accidentato.

Inoltre le pareti di vetro specchiato sul lato posteriore dell'area di servizio di Morfeus Arkitekter in Norvegia consentono agli utenti di guardare il paesaggio dall'interno mantenendo una privacy assoluta. Gli architetti spiegano che l’obiettivo del progetto era privilegiare gli elementi paesaggistici e scultorei, facendo sì che la sua forma non lo definisse immediatamente come edificio.

Non a caso l’effetto mirroring fa sì che l'edificio si fonda perfettamente con l'ambiente circostante, capace di offrire contemporaneamente relazioni ambientali sempre nuove e mutevoli.

L'area di sosta comprende anche una larga panchina creata indipendentemente per poter godere della vista sul mare aperto, aree pic-nic e diversi sentieri calpestabili che raggiungono la cima di Bukkekjerka, una formazione rocciosa considerata per secoli sacra.

Da lì si può godere una delle viste più superbe sulle catena montuosa settentrionale e, d’estate, osservare lo strabiliante fenomeno del sole di mezzanotte.

fonte: elledecor.com

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Un progetto che ha realmente tenuto conto di tutti gli aspetti: nuovi bisogni abitativi, ma anche ecologici, partendo dalla scelta dei materiali e non sottovalutando anche le risorse naturali in un’ottica della salvaguardia dell’ambiente, del risparmio energetico e della tutela del benessere dell’individuo inteso come abitante.  Gli appartamenti saranno consegnati nel 2019.

La struttura diversificata Lops Holdigs ha permesso di coinvolgere ed integrare fin dalle prime fasi di costruzione diversi fattori: l’edilizia, il settore immobiliare e, non da ultimo, il settore arredi (Lops Arredi).

Tramite il supporto di piantine, con le loro caratteristiche di layout e spazialità, è così possibile dare da subito l’emozionalità e far comprendere a fondo come sarà la realizzazione finale.

Tutti questi elementi hanno garantito l’anticipo temporale nell’acquisto degli immobili e hanno dato l’opportunità di scegliere tutte le opzioni di personalizzazione disponibili quali ad esempio le dotazioni aggiuntive e le finiture. Un servizio ‘chiavi in mano’ in tutte le fasi della filiera, dalla progettazione alla consegna finale.

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