Il Consiglio di Stato ha chiarito che appare erroneo attribuire un valore esclusivo ed autonomo alla realizzazione di una piscina e al suo collocamento all'interno di un compendio, quando l’impatto del manufatto deve essere considerato nel contesto complessivo delle opere autorizzate dal permesso di costruire.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, il Comune di Genova aveva ordinato la demolizione di alcune opere e precisato, tra l’altro, che la piscina e i relativi locali accessori configuravano opere in totale difformità dal titolo edilizio in quanto realizzati su area diversa rispetto a quella rappresentata in progetto e con dimensioni diverse.
Il TAR precisava poi che la diversa localizzazione del manufatto e le sue maggiori dimensioni erano sufficienti a configurare la realizzazione di opere in totale difformità che, in quanto tali, rendevano doverosa l’applicazione della sanzione demolitoria.

La ricorrente sosteneva invece che la localizzazione della piscina realizzata in prossimità della localizzazione progettuale originaria doveva essere considerata in un contesto complessivo, visto che l’oggetto del permesso di costruire era tutto il parco di una villa monumentale e la sistemazione delle aree interne, rispetto alle quali la piscina e la sua positura all’interno del compendio costituivano elementi pertinenziali di minor rilevanza.

PRINCIPI DI DIRITTO E CONCLUSIONI
Il Consiglio di Stato, con la Sent. C. Stato 01/10/2019, n. 6576, ha precisato che in una ottica di proporzionalità o normalità, che è sempre presente nella valutazione giurisdizionale sulla natura pertinenziale delle opere, appare erroneo attribuire un valore esclusivo ed autonomo alla realizzazione della piscina e al suo collocamento all’interno del compendio, quando complessivamente l’impatto del manufatto deve essere mediato con la considerazione complessiva delle opere autorizzate dal permesso di costruire.

Pertanto, la natura pertinenziale di una piscina, collocata in una proprietà privata e posta al servizio esclusivo della stessa, determina l’inapplicabilità della regola demolitoria valevole per le variazioni essenziali, dovendo invece imporre una considerazione in concreto della procedura da adottare, una volta assodata la reale natura delle opere.

 


Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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In tema di acquisti pubblici, le caratteristiche essenziali delle prestazioni principali oggetto delle convenzioni stipulate da Consip S.p.a. sono definite con il Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 21/10/2019, pubblicato nella G.U. del 20/11/2019, n. 272.

Il D. Min. Economia e Fin. 21/10/2019, in attuazione dell’art. 1, comma 507, della L. 208/2015, definisce nel suo Allegato le caratteristiche essenziali delle prestazioni principali oggetto delle convenzioni per l'acquisto di beni e servizi di cui all’art. 26 della L. 23/12/1999, n. 488.

Resta ferma la definizione delle caratteristiche essenziali delle prestazioni principali di cui al D. Min. Economia e Fin. 28/11/2017 ed al D. Min. Economia e Fin. 21/10/2019.

Con successivo decreto saranno individuate le caratteristiche essenziali delle prestazioni principali relative ad eventuali ulteriori convenzioni.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecniche
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Un decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti esclude l’obbligo di redazione dei PUMS per gli enti di area vasta non Città metropolitane, proroga il termine ultimo per la redazione dei PUMS, prevede un regime transitorio per l’assegnazione delle risorse per i nuovi interventi nel settore del trasporto rapido di massa e apporta altre modifiche alle linee guida per la redazione dei PUMS emanate nel 2017.

Con il D. Min. Infrastrutture e Trasp. 28/08/2019, n. 396 (pubblicato per comunicato sulla G.U. 30/10/2019, n. 255 nonché sul sito web del Ministero delle infrastrutture e trasporti) sono state introdotte modifiche al D. Min. Infrastrutture e Trasp. 04/08/2017, n. 397, il quale reca le linee guida per la redazione dei Piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS) ai sensi dell’art. 3 del D. Leg.vo 16/12/2016, n. 257.

Le modifiche apportate alle linee guida originano dalle difficoltà emerse nel primo periodo di applicazione delle stesse, ed essenzialmente dovute:
- alla complessità dell’iter di predisposizione del decreto ministeriale relativo alle modalità di assegnazione delle risorse del “Fondo per la progettazione di fattibilità delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese, nonché per la project review delle infrastrutture già finanziate”, istituito dall’art. 202 del D. Leg.vo 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), comma 1, lettera a), non ancora attuato a causa dell’intervenuta sentenza Corte Cost. 13/04/2018, n. 74, che ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art.1 della L. 11/12/2016, n. 232, comma 140, con il quale venivano assegnate risorse a tale Fondo (si veda anche in proposito Progettazione infrastrutture prioritarie: Decreto del MIT per l'erogazione di 80 milioni);
- alle disposizioni previste all’art. 1 della L. 30/12/2018, n. 145, comma 115, che ha ridotto di 30 milioni di euro per l’anno 2019 le risorse per il finanziamento di tale Fondo.

In estrema sintesi il D.M. 396/2019:
- dispone che l’obbligo di adottare i PUMS è condizione essenziale per accedere ai finanziamenti statali destinati a nuovi interventi per il trasporto rapido di massa anche per i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti non ricompresi nel territorio di Città metropolitane (per i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti ricompresi nel territorio di Città metropolitane e per i Comuni capoluogo di Città metropolitana, la condizione si ritiene assolta qualora sia stato adottato il PUMS della Città metropolitana);
- stabilisce che l’obbligo di redigere il PUMS nei termini di cui all’art. 3 del D. Min. Infrastrutture e Trasp. 04/08/2017, n. 397, non si applica agli enti di area vasta non città metropolitane;
- proroga il termine ultimo previsto dal medesimo art. 3 del D. Min. Infrastrutture e Trasp. 04/08/2017, n. 397 al 20/10/2020 (36 mesi dalla data di entrata in vigore del D.M. 397/2017, invece che 24 mesi come originariamente previsto);
- sostituisce la tabella 1 “Macrobiettivi” dell’allegato al D.M. 397/2017 con la tabella di cui all’allegato 1 al D.M. 396/2019;
- prevede un regime transitorio per l’assegnazione delle risorse per i nuovi interventi nel settore del trasporto rapido di massa al fine di evitare ogni ritardo nell’attivazione dei programmi di investimento.

 

 

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Le pertinenze possono essere qualificate come tali solo se consistono in opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, il ricorrente realizzava, senza titolo, un manufatto edilizio di mq. 18,29, con altezza interna di ml. 2,10 e volume complessivo di mc. 38,41, suddiviso in due parti. La costruzione era ubicata all’interno del cortile di proprietà, a ridosso del muro di recinzione e destinata a ricovero dell’autoclave e del serbatoio a servizio del complesso residenziale.

Al fine di regolarizzare l’edificazione, il ricorrente presentava, al Comune di San Benedetto del Tronto, istanza di sanatoria che veniva respinta sulla scorta delle seguenti considerazioni:
- l’intervento ricadeva in zona soggetta a vincolo paesistico;
- l’entità dell’intervento risultava eccessiva per poterlo considerare una pertinenza.

PRINCIPI DI DIRITTO E CONCLUSIONI
In proposito, la Sent. TAR. Marche 23/09/2019, n. 593 ha richiamato la giurisprudenza ormai consolidata, secondo la quale la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia va riconosciuta soltanto ad opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, di tal che ne risulti possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica.

Di conseguenza, il Tribunale, rilevato che si trattava di un manufatto di oltre mq.18, cioè di dimensioni planimetriche equivalenti a due camere da letto singole; ha ritenuto che si trattasse di un vero e proprio ampliamento di cui non veniva fornita alcuna particolare giustificazione tecnica ineludibile, poiché risultava verosimile, anche in base alla comune esperienza, che l’impianto di autoclave (praticamente una pompa) potesse limitarsi ad occupare spazi modesti all’interno di cantine o garage o anche all’esterno sotto piccole tettoie all’uopo dedicate.

 

 

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Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento ha ribadito che l’avvalimento dell’attestazione di qualificazione per i lavori pubblici (attestazione SOA) non può risolversi in un prestito meramente cartolare e astratto del requisito di partecipazione, ma deve essere soddisfatto concretamente e con specificazioni controllabili dalla stazione appaltante.

AVVALIMENTO DI GARANZIA E AVVALIMENTO TECNICO - La pronuncia TAR. Trentino Alto Adige 02/10/2019, n. 121, ha preventivamente richiamato la distinzione tra:
- avvalimento c.d. “di garanzia”, che ha ad oggetto i requisiti di carattere economico-finanziario e, in particolare, il fatturato globale o specifico e che ricorre nel caso in cui l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata la propria solidità economica e finanziaria;
- avvalimento c.d. “operativo” o “tecnico”, che ha invece ad oggetto i requisiti di capacità tecnico-professionale e che ricorre nel caso in cui l’ausiliaria si impegni a mettere a disposizione dell’ausiliata le proprie risorse tecnico-organizzative indispensabili per l’esecuzione del contratto di appalto.
L’avvalimento di garanzia non comporta che il relativo contratto si riferisca alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, ma è sufficiente che dalla ridetta dichiarazione emerga l’impegno contrattuale a prestare ed a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria ed il patrimonio esperienziale. Diversamente, nell’avvalimento tecnico sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate, onde è imposto alle parti di indicare con precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto.
Si richiama in proposito anche C. Stato 28/02/2018, n. 1216.

AVVALIMENTO DELL’ATTESTAZIONE SOA - L’attestazione SOA non si connota quale mero requisito di ordine economico-finanziario, ma ai sensi dell’art. 84 del D. Leg.vo 50/2016, comma 4, è riferita anche alle capacità tecniche e professionali dell’impresa. Pertanto, la qualificazione dell’avvalimento in questione come di mera garanzia (quindi non comportante l’obbligo di specificazione nel relativo contratto delle risorse messe a disposizione) deve essere esclusa, con la conseguenza che l’indicazione dei mezzi aziendali messi a disposizione per l’esecuzione dell’appalto è necessaria a pena di esclusione quando l’avvalimento riguarda l’attestazione SOA, che viene rilasciata previa verifica della complessiva capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dell’impresa.
Il possesso da parte dell’impresa ausiliaria dell’attestazione SOA non accompagnato da un contratto che indichi specificamente quali mezzi e risorse vengono messi a disposizione dell’ausiliata non consente che la stazione appaltante possa confidare su un impegno contrattuale certo e vincolante per le proprie aspettative di buona esecuzione del servizio. In altre parole, l’avvalimento dell’attestazione SOA non può risolversi in un prestito meramente cartolare e astratto del requisito di partecipazione, ma deve essere soddisfatto concretamente e con specificazioni controllabili dalla stazione appaltante.
Questa conclusione è in linea con la prevalente giurisprudenza. Si citano a titolo di esempio: C. Stato 16/05/2017, n. 2316; C. Stato 12/05/2017, n. 2226; C. Stato 23/02/2017, n. 852.

OGGETTO DELL’AVVALIMENTO NON DETERMINATO MA DETERMINABILE - La pronuncia in oggetto TAR. Trentino Alto Adige 02/10/2019, n. 121, ha inoltre richiamato la precedente C. Stato Ad. Plen. 04/11/2016, n. 23, secondo la quale non si configura la nullità del contratto di avvalimento nel caso in cui una parte dell’oggetto, pur non essendo puntualmente determinato, sia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, ritenuta peraltro non applicabile al caso specifico nel quale non solo una parte, ma l’intero oggetto del contratto non è risultato agevolmente determinabile, visto che il contratto non individuava in alcun modo risorse e attrezzature messe a disposizione.

 

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In tema di appalti pubblici, il Consiglio di Stato si è pronunciato sui criteri per la valutazione del risarcimento del danno subito da un’impresa che non ha potuto partecipare ad una gara a causa di illegittimo ricorso alla trattativa privata da parte della pubblica amministrazione.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, erano state annullate le determinazioni dirigenziali con cui il Comune di Casoria aveva affidato direttamente il servizio triennale di elaborazione informatica e notificazione dei verbali relativi alle sanzioni amministrative previste dal codice della strada.

Il giudizio era stato promosso dal precedente gestore del servizio, che aveva contestato l’affidamento diretto lamentando la mancata indizione di una procedura ad evidenza pubblica che le avrebbe dato l’opportunità di proseguire nell’attività e poi, con distinto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo partenopeo, aveva invocato il risarcimento dei danni subiti.

La controversia attiene esclusivamente alla quantificazione del pregiudizio, correlato alla illegittima determinazione assunta dal Comune di Casoria di sottrarre al confronto concorrenziale la commessa, ledendo, per un verso, le potenziali aspettative dell’appellante - quale operatore di settore - alla relativa ed eventuale aggiudicazione e, per altro verso, pregiudicandone la posizione economica correlata alla qualità di gestore uscente, che avrebbe - come tale - verisimilmente protratto l’attività negoziale, ove l’amministrazione non avesse optato per l’illegittimo affidamento diretto a gestore terzo.

PRINCIPI ENUNCIATI E CONCLUSIONI
In proposito, la Sent. C. Stato 29/07/2019, n. 5307 ha affermato che, in materia di risarcimento del danno derivante dall'illegittimo ricorso alla trattativa privata, poiché non c'è stata gara, non è possibile una valutazione prognostica e virtuale sull'esito di una procedura comparativa mai svolta; non è possibile prevedere, in particolare, quali e quante offerte sarebbero state presentate, quale offerta avrebbe presentato l'impresa che chiede il risarcimento, e se tale offerta sarebbe stata, o meno, vittoriosa.
Pertanto, quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una gara (di talché non sia possibile dimostrare, ex post, né la certezza della sua vittoria, né la certezza della non vittoria), la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l'astratta possibilità di un esito favorevole.

Nella specie, il danno subito dall’appellante poteva essere ragionevolmente ancorato solo alla perdita degli utili correlati alla prospettica continuazione dei rapporti in essere per il periodo residuo considerato.

Il Consiglio di Stato ha inoltre rilevato che in tali situazioni, si è talvolta ritenuto di utilizzare il criterio per cui il quantum del risarcimento per equivalente vada determinato ipotizzando, in via di medie e di presunzioni, quale sarebbe stato il numero di partecipanti alla gara se gara vi fosse stata (sulla base dei dati relativi a gare simili indette dal medesimo ente) e dividendo l'utile d'impresa (quantificato in via forfettaria) per il numero di partecipanti: il quoziente ottenuto costituisce, in tale prospettiva, la misura del danno risarcibile.

Ma nel caso di specie, la mancata allegazione di dati utilizzabili allo scopo, ha reso inutilizzabile tale criterio e necessario il ricorso alla logica equitativa.

Appariva, in effetti, corretto, nella concreta situazione esaminata, ancorare il pregiudizio subito dalla appellante alla impossibilità (riconnessa alla illegittima scelta di procedere alla scelta di un altro contraente) di continuare, quale gestore uscente, il servizio in corso di erogazione: e ciò in quanto - in assenza di ogni elemento idoneo a prefigurare le ipotetiche condizioni di un eventuale confronto concorrenziale, ormai precluso - la condotta serbata dall’amministrazione si è, di fatto, risolta, nella sottrazione dell’utile derivante dalla continuazione del rapporto in essere.

Il Consiglio di Stato ha perciò condiviso la scelta di liquidare il danno, nella misura del 2% dell’importo erogato dal Comune di Casoria all’appellante nell’ultimo triennio precedente l’affidamento, trattandosi dello stesso servizio e di condizioni economiche sostanzialmente analoghe a quelle in precedenza applicate dalla stessa ricorrente.


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Per l’installazione di un gazebo in un’area sottoposta ad un vincolo di interesse storico è necessaria l’autorizzazione del soprintendente.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, un gestore di attività di somministrazione di alimenti e bevande, aveva chiesto il rinnovo dell’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico antistante il suo esercizio, dove si trovava un gazebo.
Il comune di Caserta, sul presupposto che la strada fosse vincolata, ai sensi della lett. g), dell’art 10, comma 4, del D. Leg.vo 42/2004, aveva richiesto parere alla competente Soprintendenza, che lo aveva espresso in termini negativi, e aveva conseguentemente adottato l’ordinanza di rimozione poi impugnata.

A seguito della richiesta di annullamento di tale ordinanza, il comune aveva ribadito l’esistenza del vincolo di interesse storico sull’area, posta la vicinanza ai giardini della Reggia di Caserta e sostenuto che l'installazione di un chiosco prefabbricato, come quello oggetto della controversia, rientrava nel novero delle trasformazioni edilizie per le quali è richiesto il preventivo rilascio di un apposito titolo edilizio.
Inoltre, dopo aver richiamato l’art. 21, comma 4, D. Leg.vo 22/01/2004, n. 42, ai sensi del quale “[...] l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata all’autorizzazione del soprintendente”, il comune aveva affermato che, quale ente proprietario del bene, era impossibilitato al rilascio di autorizzazioni all’occupazione di suolo pubblico, senza il preventivo parere dell’autorità ministeriale.

CONCLUSIONI
Quanto alla necessità di preventiva acquisizione del parere della Soprintendenza, il Tribunale amministrativo della Campania, ha rilevato che la via oggetto di controversia era compresa nella perimetrazione del centro di interesse storico, attesa la sua contiguità con la Reggia di Caserta e, su tale area, era stato apposto un gazebo senza ottenere la preventiva autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

La Sent. TAR. Campania Napoli 18/07/2019, n. 3965 ha poi ricordato che:
- per giurisprudenza consolidata i gazebo vanno considerati come manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico
- è necessario il rispetto della disciplina a cui l’area risulta assoggettata
- la presenza di vincoli impone il rilascio del preventivo parere della Soprintendenza.

 

 

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Definiti i contenuti della relazione quinquennale sullo stato acustico dei Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, ad opera del D.M. 15/04/2019, n. 105, emanato ai sensi dell’art. 7 della Legge quadro sull’inquinamento acustico (L. 447/1995).

Il D.M. D.M. 15/04/2019, n. 105 (la cui emanazione è stata segnalata sulla G.U. 06/08/2019, n. 183), disciplina i contenuti della relazione quinquennale sullo stato acustico dei Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti.

La relazione sullo stato acustico dei Comuni è prevista dall’art. 7 della L. 26/10/1995, n. 447 (Legge quadro sull’inquinamento acustico), comma 5, ai sensi del quale, nei Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, la Giunta comunale presenta al Consiglio comunale una relazione quinquennale sullo stato acustico del Comune, entro il 31/03/2020 e successivamente ogni 5 anni.

L’approvazione del decreto recante i contenuti della suddetta relazione quinquennale è prevista dall’art. 27 del D. Leg.vo 17/02/2017, n. 42, comma 2. Si ricorda che il menzionato D. Leg.vo 42/2017 ha tra l’altro modificato sul punto in questione la L. 447/1995; prima della modifica, l’art. 7 della L. 447/1995, al comma 5, prevedeva che la relazione venisse predisposta con frequenza biennale e per i comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti.

La relazione è prevista anche per consentire alla Regione di valutare la necessità di inserire i suddetti Comuni tra gli agglomerati che, ai sensi dell’art. 3 del D. Leg.vo 194/2005, sono oggetto delle mappe acustiche strategiche (aree urbane, individuate dalla Regione o Provincia autonoma competente, costituite da uno o più centri abitati contigui fra loro e la cui popolazione complessiva è superiore a 100.000 abitanti).

Sono esentati dalla presentazione della relazione i Comuni già individuati ai fini di cui sopra dalle Regioni.

In sede di concessione di contributi o risorse finanziarie regionali o statali, destinati ai Comuni per il perseguimento degli obiettivi di cui alla L. 447/1995, è data priorità ai Comuni che ottemperano all’obbligo di adozione della relazione sullo stato acustico di cui sopra e ai Comuni individuati dalla Regione o dalla Provincia autonoma quali agglomerati che hanno ottemperato alla redazione delle mappe acustiche strategiche (si veda l’art. 7 della L. 447/1995).

 

 

 

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Oggi, emblema di un nuovo concetto di sostenibilità.

Alzi la mano colui o colei che, passando da Milano non abbia sentito parlare di CityLife! O forse farete parte di quella fetta di persone che oltre a sentirne parlare, ha avuto modo di fare due passi nel nuovissimo e avvenieristico “quartiere” milanese.  Per chi non avesse avuto il piacere di vivere nessuna delle esperienze di cui sopra, spero che questo breve articolo vi possa incuriosire e perché no, spingere a visitare di persona Citylife. Per farlo ho pensato bene di cambiare il punto di vista. Non con il naso all’insù (vista grattacieli) ma guardando più in basso a una tra le più interessanti e moderne piazze realizzate negli ultimi anni. Potremmo definirla appunto una piazza 2.0.

Come vi dicevo Citylife non è solo l’imponente presenza dei 3 grattacieli (di cui l’ultimo ad oggi in costruzione). Il progetto in se ingloba svariate funzioni e attività e oltre al verde, che funge da trade union, la piazza principale di Citylife piazza Tre Torri rappresenta il cuore pulsante dell’area stessa. L’idea nasce tre le mura del rinomato studio milanese One Works, fondato dagli architetti Leonardo Cavalli e Giulio De Carli.

Ho avuto il piacere di parlare di questo importante intervento proprio con l’arch. Leonardo Cavalli, e di seguito vi riporto le sue parole in merito al progetto.

“Il progetto della piazza e delle infrastrutture, che si trovano al di sotto, è nel suo complesso molto interessante. Riconvertire un’area fieristica inglobata nel centro della città lo si può classificare come il primo esempio italiano di quello che viene chiamatoT.O.D.(1) (Transit – Oriented – Development). Ovvero lo sviluppo del territorio sfruttando la grande capacità del trasporto pubblico, e rendendo così sostenibile gli spostamenti da e per il sito, inseriti all’interno di grandi processi di sviluppo immobiliare. Questo è un luogo dove si arriva con la metropolitana e non è un fatto per nulla banale, quello di riuscire a far dialogare la pianificazione delle infrastrutture con la pianificazione e lo sviluppo del territorio. Un punto cardine del progetto della piazza è quello di costruire un “luogo” parte integrante della città e quindi sostenibile in termini urbanistici e in termini sociali, andando oltre alla connotazione di luogo privato e diventando un luogo accessibile per tutti. Fortemente legato alle attività che qui sorgono e si svolgono: dal commercio, agli uffici ai luoghi di intrattenimento.

Nel 2018 Citylife è stato visitato da più di dieci milioni di persone e questo dato quantitativo ci permette di capire quanto il progetto è stato in grado di integrarsi alla città pur trovandosi all’interno di un processo di sviluppo immobiliare di natura privata. Non è scontato realizzare una piazza all’interno di un parco perché in generale queste si trovano in mezzo alla città dove svolgono la loro funzione commerciale.

A cantiere non ancora ultimato, le attività commerciali erano di fatto non ancora aperte, la piazza è stata l’unica porzione di cantiere fruibile fin da subito (circa un anno prima della messa in funzione del tutto) dato che a tutti gli effetti era l’uscita d’emergenza della metropolitana sottostante. Fin da subito la piazza si è popolata di gente, persone che la attraversavano, in bici o a piedi, o persone che semplicemente sostavano seduti a guardare il nuovo quartiere che prendeva forma. Se in un primo momento questo utilizzo dello spazio era sembrato alla committenza un problema, si è poi arrivati a vedere il tutto come un grande vantaggio. Il luogo aveva superato la sua ragione specifica per la quale era nato, cioè essere un luogo deputato ad attività commerciali e terziarie, per diventare un “luogo per tutti”. Quindi diventare di fatto sostenibile, non solo perché ci si arriva con la metropolitana, non solo perché gli edifici che si sono costruiti sono naturalmente più performanti rispetto a quelli che si costruivano anche solo pochi anni fa ma è “sostenibile socialmente” perché è un luogo per tutti e non è un luogo che non ha necessità di una ragione specifica per essere visitato”.






Sicuramente le parole del progettista, meglio ci hanno permesso di cogliere i nuovi aspetti e la nuova funzione “sociale” che caratterizzano una “piazza” contemporanea.

Certo per chi non conosce Milano, forse diventa doveroso fare anche un piccolo excursus temporale e inquadrare ciò che prima sorgeva in questa importante porzione di città. Qui nasceva nei primi decenni del secolo scorso il nuovo quartiere fieristico di Milano, noto ai più come “Fiera campionaria”.

Ma nel 2005, ottantacinque anni dopo la prima fiera campionaria tenuta nell’Aprile del 1920, è stato inaugurato il nuovo polo fieristico milanese di Rho-Pero. Il trasferimento della fiera in altra sede, lontana dal centro di Milano, ha comportato un duplice beneficio per la città: l’eliminazione dei picchi di traffico generati dalle manifestazioni più imponenti e la liberazione di un’area di pregio. Da queste premesse nasce il “Progetto CityLife”, costituito da un’area complessiva di intervento di 366.000 m2 con un piano di trasformazione che prevede un mix articolato e bilanciato di funzioni pubbliche e private, oltre alle residenze, agli uffici, ai negozi, ai servizi, alle aree verdi e agli spazi pubblici è stato realizzato un edificio museale e le piastre ad uso commerciale e parcheggio. Il nuovo Landmark (2) di Milano è caratterizzato da tre torri a destinazione direzionale, progettate da grandi nomi dell’architettura mondiale Arata Isozaki, Zaha Hadid e Daniel Libeskind. Questi tre giganteschi grattacieli ribattezzati il Dritto, lo Storto e il Curvo, si candidano fin da subito per diventare un nuovo grande simbolo di Milano nel mondo. Iniziato nel 2007, il progetto CityLife non mira solo a creare una nuova urbanistica di grande impatto visivo con i tre grandi grattacieli, ma sviluppa anche un’anima verde volta a creare un grande parco, terzo per dimensione nel centro città.



Fonte Di.Ma. by URSA ITALIA

Il Consiglio di Stato ha affermato che La realizzazione di un porticato non può considerarsi attività attratta alla natura pertinenziale dell’opera, pertanto necessita di un apposito permesso di costruire per la sua costruzione.

Nel caso di specie, da sopralluoghi effettuati nell'area di proprietà del ricorrente in Forio d'Ischia emergeva la realizzazione di numerose opere edilizie in difformità dal titolo originario, tra le quali dei porticati antistanti delle strutture esistenti.

In proposito, la Sent. C. Stato 14/05/2019, n. 3133, ha ribadito che la realizzazione di un porticato non può considerarsi attività attratta alla natura pertinenziale dell’opera, necessita dunque di un apposito permesso di costruire per la sua costruzione.

Inoltre, il Consiglio di Stato si è uniformato alla costante giurisprudenza in materia, affermando che la prova circa l'epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza è nella disponibilità dell'interessato, e non dell'amministrazione, dato che solo l'interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'addotta sanabilità del manufatto.
Pertanto, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, l'amministrazione ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge.

 

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
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