Bonus ediliziaLe società "in house providing" possono usufruire delle detrazioni per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica (ecobonus) e riduzione del rischio sismico (sismabonus) realizzati esclusivamente su immobili adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Con riferimento alle detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica (ecobonus) e riduzione del rischio sismico (sismabonus), l'Agenzia delle entrate ha fornito il parere n. 393 del 07/10/2019, con il quale chiarisce che tali detrazioni sono fruibili per interventi realizzati su immobili adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

In particolare, l'applicazione dell'art. 14 del D.L. 63/2013, comma 2-septies, e dell'art. 16 del D.L. 63/2013, comma 1-sexies.1, presuppone l'esistenza di due requisiti
- soggettivo: bisogna essere una società che risponde ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing, che sia costituita e operante alla data del 31/12/2013;
- oggettivo: deve trattarsi di interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica, su immobili di proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

In proposito si osserva, inoltre, che l' edilizia residenziale sociale (ERS) nasce con una finalità diversa rispetto all'edilizia residenziale pubblica (ERP). Essa risponde, infatti, ad un progetto più ampio volto a garantire benessere abitativo e integrazione sociale, prevedendo che in un unico complesso vi siano oltre agli alloggi popolari che rispondono alle politiche di un ente pubblico e alloggi privati, i servizi necessari al soddisfacimento delle esigenze primarie e, inoltre, che la selezione degli abitanti avvenga in modo da creare una comunità variegata composta da una quota di giovani, single, anziani, coppie, disabili.

Infine, il parere chiarische che la società istante, in relazione agli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico sugli altri fabbricati locati a terzi, non possa fruire delle detrazioni del cd. sismabonus.

 

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
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Attestazione SOAIl Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento ha ribadito che l’avvalimento dell’attestazione di qualificazione per i lavori pubblici (attestazione SOA) non può risolversi in un prestito meramente cartolare e astratto del requisito di partecipazione, ma deve essere soddisfatto concretamente e con specificazioni controllabili dalla stazione appaltante.

AVVALIMENTO DI GARANZIA E AVVALIMENTO TECNICO - La pronuncia TAR. Trentino Alto Adige 02/10/2019, n. 121, ha preventivamente richiamato la distinzione tra:
- avvalimento c.d. “di garanzia”, che ha ad oggetto i requisiti di carattere economico-finanziario e, in particolare, il fatturato globale o specifico e che ricorre nel caso in cui l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata la propria solidità economica e finanziaria;
- avvalimento c.d. “operativo” o “tecnico”, che ha invece ad oggetto i requisiti di capacità tecnico-professionale e che ricorre nel caso in cui l’ausiliaria si impegni a mettere a disposizione dell’ausiliata le proprie risorse tecnico-organizzative indispensabili per l’esecuzione del contratto di appalto.
L’avvalimento di garanzia non comporta che il relativo contratto si riferisca alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, ma è sufficiente che dalla ridetta dichiarazione emerga l’impegno contrattuale a prestare ed a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria ed il patrimonio esperienziale. Diversamente, nell’avvalimento tecnico sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate, onde è imposto alle parti di indicare con precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto.
Si richiama in proposito anche C. Stato 28/02/2018, n. 1216.

AVVALIMENTO DELL’ATTESTAZIONE SOA - L’attestazione SOA non si connota quale mero requisito di ordine economico-finanziario, ma ai sensi dell’art. 84 del D. Leg.vo 50/2016, comma 4, è riferita anche alle capacità tecniche e professionali dell’impresa. Pertanto, la qualificazione dell’avvalimento in questione come di mera garanzia (quindi non comportante l’obbligo di specificazione nel relativo contratto delle risorse messe a disposizione) deve essere esclusa, con la conseguenza che l’indicazione dei mezzi aziendali messi a disposizione per l’esecuzione dell’appalto è necessaria a pena di esclusione quando l’avvalimento riguarda l’attestazione SOA, che viene rilasciata previa verifica della complessiva capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dell’impresa.
Il possesso da parte dell’impresa ausiliaria dell’attestazione SOA non accompagnato da un contratto che indichi specificamente quali mezzi e risorse vengono messi a disposizione dell’ausiliata non consente che la stazione appaltante possa confidare su un impegno contrattuale certo e vincolante per le proprie aspettative di buona esecuzione del servizio. In altre parole, l’avvalimento dell’attestazione SOA non può risolversi in un prestito meramente cartolare e astratto del requisito di partecipazione, ma deve essere soddisfatto concretamente e con specificazioni controllabili dalla stazione appaltante.
Questa conclusione è in linea con la prevalente giurisprudenza. Si citano a titolo di esempio: C. Stato 16/05/2017, n. 2316; C. Stato 12/05/2017, n. 2226; C. Stato 23/02/2017, n. 852.

OGGETTO DELL’AVVALIMENTO NON DETERMINATO MA DETERMINABILE - La pronuncia in oggetto TAR. Trentino Alto Adige 02/10/2019, n. 121, ha inoltre richiamato la precedente C. Stato Ad. Plen. 04/11/2016, n. 23, secondo la quale non si configura la nullità del contratto di avvalimento nel caso in cui una parte dell’oggetto, pur non essendo puntualmente determinato, sia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, ritenuta peraltro non applicabile al caso specifico nel quale non solo una parte, ma l’intero oggetto del contratto non è risultato agevolmente determinabile, visto che il contratto non individuava in alcun modo risorse e attrezzature messe a disposizione.

 

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Difetti operaIn tema di difetti dell’opera, l'impegno dell'appaltatore ad eliminare i vizi denunciati dal committente costituisce tacito riconoscimento degli stessi e fonte di una nuova obbligazione, che è soggetta all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento contrattuale.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Bologna, che aveva rigettato la domanda con la quale si chiedeva la condanna della società appaltatrice al risarcimento dei danni, consistenti nelle somme necessarie per l'eliminazione dei vizi dell'abitazione.

Gli attori esponevano che, dopo un anno dall'acquisto, avevano constatato la presenza di crepe al muro, rotture di piastrelle del pavimento e difettosa chiusura delle porte. La ditta appaltatrice era intervenuta ed aveva eseguito degli interventi per rimuovere i vizi che, tuttavia, si erano ripresentati nel 2004, ma, nonostante l'ulteriore contestazione, la società convenuta si era rifiutata di intervenire. La corte territoriale, aveva dichiarato prescritta la domanda per tardiva denuncia dei vizi, avvenuta oltre il termine biennale di cui all'art. 1667 del Codice civile.

PRINCIPI DI DIRITTO
In proposito, l'Ord. C. Cass. civ. 10/09/2019, n. 22580 ha richiamato un orientamento consolidato, secondo il quale l'impegno dell'appaltatore ad eliminare i vizi denunciati dal committente costituisce tacito riconoscimento degli stessi ed ha l'effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all'art. 1667 c.c., costituendo fonte di un'autonoma obbligazione che si affianca a quella preesistente legale di garanzia. Tale nuova obbligazione, che non estingue quella originaria, non è soggetta ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella di garanzia, ma all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento contrattuale.

Inoltre, la Suprema Corte ha ribadito che rientrano nella nozione di gravi difetti dell'edificio, ai sensi dell'art. 1669 c.c., le carenze costruttive dell'opera che pregiudichino in modo apprezzabile il normale godimento, la funzionalità e/o l'abitabilità dell'immobile, come i gravi difetti riscontrati nella pavimentazione dell'immobile, nell'impianto idrico o nella presenza di infiltrazioni ed umidità.

CONCLUSIONI
La Corte di Cassazione ha dunque cassato la sentenza di appello poiché la corte territoriale non aveva fatto corretta applicazione dei suddetti principi, avendo dichiarato prescritto il diritto dei committenti, sulla base del termine di prescrizione biennale di cui all'art. 1667 c.c. (in quanto erano decorsi 4 anni dalla consegna), omettendo di accertare se vi fosse stato riconoscimento dei vizi da parte dell'appaltatore.

Inoltre, il giudice d'appello aveva errato nell'escludere che le crepe al muro, la rottura di piastrelle, il distacco del pavimento dalla parete perimetrale e la difettosa chiusura delle porte, non costituissero gravi difetti dell'appartamento, mentre, invece, essi pregiudicavano in modo grave la funzionalità dell'immobile.

 

 

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Affidamento appalti pubbliciIn tema di appalti pubblici, il Consiglio di Stato si è pronunciato sui criteri per la valutazione del risarcimento del danno subito da un’impresa che non ha potuto partecipare ad una gara a causa di illegittimo ricorso alla trattativa privata da parte della pubblica amministrazione.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, erano state annullate le determinazioni dirigenziali con cui il Comune di Casoria aveva affidato direttamente il servizio triennale di elaborazione informatica e notificazione dei verbali relativi alle sanzioni amministrative previste dal codice della strada.

Il giudizio era stato promosso dal precedente gestore del servizio, che aveva contestato l’affidamento diretto lamentando la mancata indizione di una procedura ad evidenza pubblica che le avrebbe dato l’opportunità di proseguire nell’attività e poi, con distinto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo partenopeo, aveva invocato il risarcimento dei danni subiti.

La controversia attiene esclusivamente alla quantificazione del pregiudizio, correlato alla illegittima determinazione assunta dal Comune di Casoria di sottrarre al confronto concorrenziale la commessa, ledendo, per un verso, le potenziali aspettative dell’appellante - quale operatore di settore - alla relativa ed eventuale aggiudicazione e, per altro verso, pregiudicandone la posizione economica correlata alla qualità di gestore uscente, che avrebbe - come tale - verisimilmente protratto l’attività negoziale, ove l’amministrazione non avesse optato per l’illegittimo affidamento diretto a gestore terzo.

PRINCIPI ENUNCIATI E CONCLUSIONI
In proposito, la Sent. C. Stato 29/07/2019, n. 5307 ha affermato che, in materia di risarcimento del danno derivante dall'illegittimo ricorso alla trattativa privata, poiché non c'è stata gara, non è possibile una valutazione prognostica e virtuale sull'esito di una procedura comparativa mai svolta; non è possibile prevedere, in particolare, quali e quante offerte sarebbero state presentate, quale offerta avrebbe presentato l'impresa che chiede il risarcimento, e se tale offerta sarebbe stata, o meno, vittoriosa.
Pertanto, quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una gara (di talché non sia possibile dimostrare, ex post, né la certezza della sua vittoria, né la certezza della non vittoria), la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l'astratta possibilità di un esito favorevole.

Nella specie, il danno subito dall’appellante poteva essere ragionevolmente ancorato solo alla perdita degli utili correlati alla prospettica continuazione dei rapporti in essere per il periodo residuo considerato.

Il Consiglio di Stato ha inoltre rilevato che in tali situazioni, si è talvolta ritenuto di utilizzare il criterio per cui il quantum del risarcimento per equivalente vada determinato ipotizzando, in via di medie e di presunzioni, quale sarebbe stato il numero di partecipanti alla gara se gara vi fosse stata (sulla base dei dati relativi a gare simili indette dal medesimo ente) e dividendo l'utile d'impresa (quantificato in via forfettaria) per il numero di partecipanti: il quoziente ottenuto costituisce, in tale prospettiva, la misura del danno risarcibile.

Ma nel caso di specie, la mancata allegazione di dati utilizzabili allo scopo, ha reso inutilizzabile tale criterio e necessario il ricorso alla logica equitativa.

Appariva, in effetti, corretto, nella concreta situazione esaminata, ancorare il pregiudizio subito dalla appellante alla impossibilità (riconnessa alla illegittima scelta di procedere alla scelta di un altro contraente) di continuare, quale gestore uscente, il servizio in corso di erogazione: e ciò in quanto - in assenza di ogni elemento idoneo a prefigurare le ipotetiche condizioni di un eventuale confronto concorrenziale, ormai precluso - la condotta serbata dall’amministrazione si è, di fatto, risolta, nella sottrazione dell’utile derivante dalla continuazione del rapporto in essere.

Il Consiglio di Stato ha perciò condiviso la scelta di liquidare il danno, nella misura del 2% dell’importo erogato dal Comune di Casoria all’appellante nell’ultimo triennio precedente l’affidamento, trattandosi dello stesso servizio e di condizioni economiche sostanzialmente analoghe a quelle in precedenza applicate dalla stessa ricorrente.


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Condono edilizioLa Corte di Cassazione ribadisce la differenza tra sanatoria edilizia e condono, affermando che quest’ultimo non richiede la sussistenza del requisito della doppia conformità.

Come è noto, ai sensi dell’art. 36, D.P.R. 380/2001, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, il responsabile dell'abuso può ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Tale articolo impone quindi la cosiddetta "doppia conformità", che costituisce anche il presupposto per l’estinzione del reato prevista dall’art. 45, comma 3, D.P.R. 380/2001.

Nel caso di specie il Tribunale aveva respinto l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione di alcune opere abusive oggetto di condono ex art. 39 della Legge 724/1994 - assentito con provvedimento del Comune previo parere favorevole di compatibilità paesaggistica della Soprintendenza - per il mancato accertamento della doppia conformità.

Al riguardo la Corte di Cassazione, sez. pen., 12/09/2019, n. 37659, ha specificato che la doppia conformità è requisito per la sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001, ma non del condono ai sensi dell'art. 39, L. 724/1994. Ed infatti, in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del D.P.R. 380/2001 può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36, D.P.R. cit. e, precisamente, la conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica. Viceversa, per il condono edilizio, a differenza di quanto previsto per la sanatoria edilizia di cui al suddetto art. 36, D.P.R. 380/2001, non è richiesto che l'opera abusivamente realizzata sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti al momento del rilascio del provvedimento ed a quelli vigenti al momento della sua realizzazione.

Sulla base di tale presupposto la Corte ha accolto il ricorso e annullato l’ordinanza del Tribunale con rinvio per un nuovo esame della questione.

 

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Direttore lavoriIn tema di vizi dell’opera, la Corte di Cassazione ha affermato che il direttore dei lavori non ha un obbligo continuo di vigilanza sulle attività di semplice esecuzione realizzate dall'appaltatore.

Nel caso di specie i ricorrenti chiedevano il risarcimento dei danni nei confronti della ditta appaltatrice e del direttore lavori con riferimento a vizi nell’edificazione di una villa bifamiliare, consistenti nell'inidonea impermeabilizzazione di una guaina.
Era stato accertato - in primo e secondo grado - che si trattava di negligenza nell’apposizione di una guaina impermeabilizzante, un’attività di semplice esecuzione e senza alcuna difficoltà particolare, non bisognevole di alcuna direttiva specifica, rientrante dunque nella fattispecie di opera esecutiva non complessa e oggetto di competenze e capacità di modesti operai edili.

La Corte di Cassazione, con l'Ord. C. Cass. civ. 29/05/2019, n. 14751, ha specificato che il direttore dei lavori è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche e deve impiegare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione e nel perimetro delle sue competenze, il risultato che il committente si aspetta di conseguire.
Da questo, tuttavia, non deriva a suo carico né una responsabilità per cattiva esecuzione dei lavori riferibile all'appaltatore, né un obbligo continuo di vigilanza anche in relazione ad attività di semplice esecuzione.
Sicché, in assenza di un qualche indice che faccia supporre che l'appaltatore sia stato sottoposto dal committente a direttive così stringenti da sottrargli qualsiasi possibilità di autodeterminazione, l'appaltatore rimane esclusivo responsabile dell'esecuzione delle opere previste ovvero dei danni conseguenti a negligenza nell'attuazione.

 

 

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