Distanze tra edifici, ristrutturazione edilizia e nuova costruzione
Secondo il Consiglio di Stato, la evidente violazione delle distanze legali rende irrilevante la qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia.
Nella fattispecie il Comune aveva respinto la richiesta di concessione edilizia per un intervento che aveva interessato essenzialmente la copertura di un fabbricato - con modifiche nell'orditura del tetto, alla volumetria e alla sagoma dell'immobile - ritenendo le opere non rispettose della distanza di dieci metri rispetto agli edifici vicini, né di quella rispetto al confine. Secondo il ricorrente l'intervento configurava una ristrutturazione edilizia non soggetta ai limiti di distanza tra costruzioni, mentre il TAR dava ragione al Comune ritenendolo assimilabile a una nuova costruzione, con conseguente applicazione del D.M. 1444/1968.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 05/03/2021, n. 1867, ha confermato la decisione del TAR specificando che ai fini dell'applicabilità dell'art. 9 del citato D.M. 1444/1968 sui limiti di distanza non è dirimente la nozione di nuova costruzione contenuta nell'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. e). Ed infatti la giurisprudenza ha in più occasioni evidenziato una tendenziale autonomia del concetto in ambito civilistico, rimarcando che, ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici di origine codicistica, la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera (v. C. Stato 22/01/ 2013, n. 354).
Nel caso in esame le opere consistevano nel sollevamento della falda per la realizzazione di una terrazza e l'innalzamento della copertura per la sostituzione del precedente abbaino che era decisamente più ridotto. Secondo i giudici, pertanto, in relazione ai singoli elementi progettuali, la violazione delle distanze appariva evidente, con conseguente irrilevanza della vantata qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia.
Parimenti è stata ritenuta irrilevante la circostanza che, nel computo complessivo della volumetria, l'intervento, compensando aumenti e diminuzioni, determinasse una riduzione complessiva dell'impatto. Al riguardo il Consiglio di Stato ha affermato che tale esito appare recessivo di fronte all'esigenza di tutelare le distanze che, come recita l'art. 9 del D.M. 1444/1968, sono quelle minime e che quindi possono essere violate anche solo puntualmente, atteso che il carattere di nuova costruzione va riscontrato in rapporto ai "caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno" (v. sul punto Cass. civ. 15/12/2020, n. 28612).
In conclusione la censura, che si attaglia sulla dimostrazione della natura di ristrutturazione edilizia dell'opera, appare superata dall'esigenza dell'autonoma sussunzione nel concetto di nuova costruzione ai fini dell'applicazione della disciplina delle distanze legali.
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