L'Europa vive al freddo


Le case in Europa? Piccole e fredde!
Questa è la situazione emersa dai nuovi dati pubblicati da Eurostat riguardanti il 2019.
Emerge una situazione molto critica: infatti il 17% della popolazione dell'Unione Europea vive in una casa sovraffollata e molti non hanno abbastanza soldi per riscaldare a sufficienza la propria abitazione.

In seguito a una ricerca fatta a livello europeo, l'ufficio statistico dell’Unione Europea, Eurostat, ha pubblicato un Rapporto che studia la situazione dell’edilizia abitativa nel Vecchio Continente nel 2019, non tenendo conto dell'impatto della crisi COVID-19.

La qualità dell’abitare viene influenzata da vari fattori quali le dimensioni dell'abitazione, il tipo e la qualità degli alloggi e se si è proprietari o in affitto dell'immobile. La pubblicazione, infatti, è organizzata in tre capitoli, che evidenziano appunto:

- il Come viviamo: questo capitolo propone statistiche sulle dimensioni (villetta o appartamento) e sulla qualità delle abitazioni (casa di proprietà o in affitto) e sull’impatto ambientale.

- il Costo delle abitazioni: questa sezione evidenzia dati sul cambiamento dei prezzi delle case e degli affitti nell’ultimo decennio, mostrando anche la convenienza di un alloggio sia in città che nelle zone rurali. Nel periodo tra il 2010 e il 2019 c’è stato un aumento degli affitti del 13%, pari a quello dell’inflazione, mentre i prezzi delle case in vendita sono aumentati del 19%, con alcune eccezioni tipo l’Italia in cui sono diminuiti del 17%.

- le Costruzioni: questo capitolo esamina l’evoluzione nell’ultimo decennio del settore delle costruzioni, considerando le aree più edificate in Europa. Nel 2019 il comparto ha contato per il 5,5% del PIL, valore in media con il periodo 2010-2019.

Freddo e scarca impermeabilizzazione
Le caratteristiche dell’abitazione, come ad esempio la capacità di mantenere la casa calda, la mancanza di servizi igienici o le infiltrazioni dal tetto, influiscono sulla qualità e sul comfort di vita di chi le abita.

Nel 2019 il 6,9% della popolazione dell'UE ha dichiarato di non aver avuto la possibilità di riscaldare a sufficienza la casa. I paesi con le percentuali più alte sono Bulgaria, Lituania, Cipro e Portogallo mentre le percentuali più basse le riscontriamo in Austria, Finlandia e Svezia; l'Italia è sopra la media con una percentuale dell'11,1%.

Inoltre, circa l'1,6 % della popolazione non dispone di servizi igienici, doccia o vasca da bagno, con percentuali elevate in Romania, seguita da Lituania, Lettonia e Bulgaria.

Per quanto riguarda le perdite del tetto, il problema è stato registrato dal 12,7% della popolazione dell’UE con percentuali più elevate a Cipro, in Portogallo e in Ungheria.

Case troppo piene
I dati evidenziano che il 17,2% della popolazione viveva in una casa sovraffollata, percentuale scesa rispetto al 2010.
Nel 2019, i paesi con tassi di sovraffollamento elevati sono Romania, Lettonia e Bulgaria, mentre i valori più bassi a Cipro, Irlanda e Malta.

Al contrario, il 33% dei cittadini europei vive in una casa troppo grande per le esigenze dei suoi abitanti; stiamo parlando di persone anziane o coppie che rimangono in casa dopo che i figli sono cresciuti e se ne sono andati. In questo caso le percentuali maggiori si registrano a Malta, Cipro e Irlanda, e le più basse in Romania, Lettonia e Grecia.

Riguardo la situazione in Italia, i dati sul sovraffollamento evidenziano una maggiore eterogeneità, in particolare nelle regioni del Centro si registrano i peggioramenti più accentuati.
Il miglioramento rispetto ai problemi strutturali o di umidità è influenzato dalle categorie sociali e dalla tipologia di insediamento: uomini e donne, tutte le fasce d’età, italiani e stranieri, grandi città, città medie e cinture urbane, zone rurali.
Le differenze, infine, sono ampie a livello regionale e i miglioramenti risultano diffusi ma non generalizzati.

 

A cura di Geom. Lucia Coviello - Edilsocialnetwork

L’epoca in cui viviamo è un periodo storico difficile e importante per la salute degli esseri umani e dell’ambiente in genere. Lo sviluppo economico non ha avuto, purtroppo, attenzione al rispetto dell’ambiente, creando un aumento dell’inquinamento elevatissimo.

Oggi è possibile prevenire o rimediare gli effetti dannosi dell’inquinamento indoor, cioè all’interno degli ambienti. O quantomeno ridurne l’entità per limitare entro limiti accettabili gli effetti nocivi.

Atena Academy effettua, su richiesta, un’offerta per un Check Up personalizzato, chiamato del BENESSERE, per valutare e conoscere la qualità e il benessere degli ambienti e dell’acqua nei luoghi in cui vivi o lavori.

In particolare, nell'analisi ambientale, sono rilevati e analizzati, per ogni locale, i seguenti parametri:
• PM 1
• PM 2,5
• PM 10
• VOC (composti organici volatili)
• Formaldeide
• Co (monossido di Carbonio)
• Co2 (anidride carbonica)
• Radon
• Inquinamento Elettrico e Magnetico (elettromagnetico)
• Inquinamento da radiofrequenze comprese tra 20 Hz e 6 Gigahertz (comprende anche le frequenze del 5G Italia)

Nell’analisi dell’acqua del rubinetto sono analizzati i seguenti parametri:
• Temperatura
• Conducibilità (EV)
• ORP (potere ossido riducente)
• TDS (totale solidi disciolti)
• Durezza in gradi °f.
• Ph

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I rumori derivanti da impianti possono essere un disagio, soprattutto in un edificio condominiale, dove i vari inquilini possono avere abitudini giornaliere differenti.

Per evitare questo disagio è importante dunque in fase progettuale ideare soluzioni tecnologiche in grado di soddisfare i bisogni per il benessere acustico di ogni individuo.
Nel caso dell'impianto di scarico, il passaggio dell'acqua nelle tubature produce delle vibrazioni, che si propagano sottoforma di rumore aereo. Questo avviene poiché tutto il sistema dell'impianto di scarico è fissato alle strutture dell'edificio. I rumori che si vengono a creare dall'impianto di scarico si dividono in:
• rumore da carico cassette wc;
• rumore da scarico wc;
• rumore da scorrimento;
• rumore da depressione;

Per ovviare a questi inconvenienti è preferibile agire direttamente sull'impianto attraverso la sostituzione di quello esistente con uno meno rumoroso, predisponendo lo spostamento del bagno lontano dalle camere da letto zona living, oppure attraverso la realizzazione di interventi per ridurre la rumorosità dell'impianto. Nell'ultimo caso per limitare la rumorosità dell’impianto bisogna ridurre la trasmissione delle vibrazioni tra l'impianto e le strutture edili. Per fare questo è possibile:
• posare l’impianto su un basamento inerziale svincolato dalla struttura;
• utilizzare tubazioni silenziate, ovvero tubazioni stratificate o di massa elevata;
• rivestire i tubi non silenziati con materiali fonoassorbente;
• inserire le tubazioni in cavedi impiantistici ricavati su pareti perimetrali e non su pareti divisorie tra unità immobiliari;
• inserire nei cavedi del materiale fonoassorbente;
• fasciare mediante guarnizioni elastiche i punti in cui le tubazioni attraversano le pareti e/o i solai;
• isolare la braga fasciandola con nastro adesivo isolante;
• utilizzare collari e sistemi di fissaggio antivibranti e/o di tipo silenziato con rivestimento in gomma.

Oltre a queste soluzioni elencate, per ridurre ulteriormente il rumore, è possibile andare ad intervenire isolando i rubinetti dalle tubazioni e gli apparecchi sanitari dalle strutture murarie.
Infine, è da specificare che è necessario, per garantire un'adeguata insonorizzazione dell'impianto, porre attenzione all'operazione di posa dello stesso.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

Il 30 settembre 2020 è stata pubblicata la bozza della Regola Tecnica Verticale per le attività di intrattenimento e di spettacolo a carattere pubblico dal Comitato Centrale Tecnico Scientifico dei Vigili del Fuoco.


Tale regolamento reca disposizioni di prevenzione incendi riguardanti sia attività svolte al chiuso che all’aperto, anche a carattere temporaneo.

Sono esclusi:
- I luoghi all’aperto non delimitati;
- Gli esercizi pubblici dove sono impiegati strumenti musicali o apparecchi musicali, in assenza di attività danzanti;
- Le attrazioni di spettacoli viaggiante.

Le attività sono inoltre classificate in relazione al numero di occupanti, ovvero il numero di spettatori o avventori, escluso il personale addetto e in relazione alla quota dei piani. Dove l’attività presenti quote di piano variabili, si considerano le quote di piano più sfavorevoli d’accesso agli occupanti.
Per una adeguata strategia antincendio le vie d'esodo verticali e i passaggi di comunicazione di queste devono essere impiegati materiali appartenenti almeno al gruppo GM2 di reazione al fuoco, nelle sale delle aree accessibili al pubblico, con esclusione delle attività all’aperto, devono essere impiegati materiali appartenenti almeno al gruppo GM2 di reazione al fuoco e i materiali costituenti le pavimentazioni devono appartenere almeno al gruppo GM3 di reazione al fuoco. Per i materiali ed i prodotti installati nelle aree accessibili al pubblico delle attività all’aperto e nelle relative vie d’esodo, inclusi tensostrutture, tunnel mobili e strutture a tenda in generale devono essere impiegati materiali del gruppo GM3 di reazione al fuoco.
Inoltre, deve essere prevista una gestione della sicurezza antincendio in esercizio che deve comprendere un’attività di sorveglianza, che preveda attività di verifica prima di ogni apertura al pubblico. In particolare, devono essere previsti la sorveglianza dei locali e delle vie di esodo, la sorveglianza degli impianti e delle attrezzature di protezione antincendio e la sorveglianza degli impianti rilevanti ai fini della sicurezza antincendio.
Infine, la RTV definisce anche le direttive per il controllo dell’incendio, la rivelazione incendi e allarme, il controllo di fumi e calore e la sicurezza degli impianti tecnologici.

 

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Una nuova generazione di strumenti software offre la possibilità di governare l’intero processo BIM in modo tanto innovativo quanto semplice, senza imporre elevate conoscenze dei singoli software di BIM Authoring.

Modelli informativi e processo digitale
Interoperabilità, scambio e federazione di modelli in formato OpenBIM offrono benefici sia a breve termine, collegati alla gestione del processo digitale che si sviluppa durante le fasi di progettazione e realizzazione di un’opera o cespite immobile che dir si voglia, sia a lungo termine, consentendo l’utilizzo dei modelli informativi, indipendentemente dalle applicazioni che li hanno generati nel lungo periodo. Questo assicura alla committenza pubblica e privata la salvaguardia del valore delle informazioni nel tempo, indipendentemente dalle applicazioni utilizzate nella loro generazione.
È ormai naturale il coinvolgimento di diverse discipline e specializzazioni nella realizzazione di un’opera, al fine di rispondere ai requisiti funzionali e prestazionali richiesti. Lo stesso vale per l’adozione di diverse tecniche e tecnologie costruttive che, dal punto di vista dei software a supporto dei processi di progettazione, si traducono nell’utilizzo di una molteplicità di strumenti di diversi produttori, capaci di produrre modelli informativi sempre più avanzati e completi.
La molteplicità dei modelli e degli strumenti software suggerisce, o meglio richiede, di adottare nuovi processi di federazione e coordinamento dei modelli informativi basati su formato OpenBIM.
Nel panorama delle soluzioni software possiamo oggi riconoscere da una parte gli strumenti di Authoring che supportano la generazione di questi modelli BIM e dall’altra i software di collaborazione, che supportano il processo digitale nelle sue diverse fasi e la collaborazione fra gli attori coinvolti.
Nella gestione di un appalto pubblico o privato, questa seconda tipologia di strumenti rappresenta da un lato un cambio di metodo, nel condividere in un ambiente di federazione modelli e informazioni, e dall’altro un cambio di metodo nel lavoro di coordinamento e revisione dei progetti.
Fra i vantaggi di questa tipologia di strumenti software possiamo individuare certamente l’opportunità di adottare un unico processo di condivisione, collaborazione, coordinamento e revisione dei modelli informativi (BIM) nella loro più ampia accezione (modelli geometrici, informazioni e documenti), indipendente dai singoli software con cui gli stessi modelli vengono generati.
L’ambiente di condivisione e di collaborazione diventa quindi il luogo dove reperire tutte le informazioni e governare il processo BIM. Data la molteplicità di attori coinvolti e la loro eterogeneità, l’ambiente deve configurarsi come uno strumento di semplice utilizzo, accessibile in ogni momento indipendentemente dal device utilizzato.
Questo consente ai responsabili di procedimento e in generale alle figure manageriali di esplorare e verificare il modello informativo con strumenti tanto potenti quanto semplici, senza necessità di acquisire elevate competenze nella gestione di singoli software che hanno generato i dati.

L’ambiente di condivisione (ACDat/CDE)
In ambito di digitalizzazione all’interno dell’attuale norma tecnica di riferimento EN ISO 19650 e delle UNI 11337, l’ambiente di condivisione (ACDat/CDE) viene individuato come una componente fondamentale di un processo BIM, in quanto fonte multidisciplinare di informazioni lungo tutto il ciclo di vita di una commessa.
Dal punto di vista del software, la tecnologia Cloud e i portali Web accessibili attraverso il normale Browser rappresentano la risposta più naturale all’esigenza di offrire un ambiente di condivisione allo stesso momento semplice ed accessibile.
Peraltro, visto il ruolo dell’ambiente di condivisione in un processo di lavoro digitale e multidisciplinare, appare chiaro come la sua estensione ad ambiente di coordinamento, collaborazione e validazione, con le relative funzionalità che supportino queste attività, costituisca un ulteriore passo in avanti con molti benefici.
Con l’introduzione di Bimplus, ALLPLAN offre una risposta a queste esigenze con un set di strumenti completo e di uso immediato, che vanno dalla federazione dei diversi modelli disciplinari alla loro navigazione, fino all’analisi, anche tematica, delle informazioni collegate, nonché alla gestione dei documenti.
Bimplus diventa quindi un vero e proprio hub di informazioni, che, grazie alla personalizzazione attraverso le API, consente anche di integrare i modelli BIM con applicativi già presenti nella pubblica amministrazione e in generale presso la committenza.


Fasi operative e momenti di condivisione delle informazioni
Durante lo sviluppo del progetto, i diversi modelli disciplinari possono essere sviluppati in parallelo dai diversi team specialistici. Per garantire un flusso di informazioni coerente e coordinato, le norme di riferimento prevedono che le informazioni all’interno dell’ambiente di condivisione siano strutturate in 4 diverse fasi:
• work in progress (fase di elaborazione/aggiornamento)
• shared (fase di condivisione)
• published (fase di pubblicazione)
• archive (archiviazione)
L’accesso ai modelli informativi nelle quattro fasi è diversificato per singola realtà coinvolta e per disciplina, in modo da condividere con l’intero gruppo di lavoro solo le informazioni validate che costituiscono base certa per gli step successivi.
Questo vale sia all’interno di una singola disciplina con le diverse revisioni, sia nel coordinamento di discipline diverse. In questo modo, ad esempio, il modello architettonico viene condiviso in una versione validata che costituisce la base per la progettazione delle strutture e degli impianti; successivamente, i tre modelli disciplinari vengono coordinati e validati, individuando eventuali interferenze e modifiche da apportare per singola disciplina.
Grazie alle funzionalità di federazione dei modelli BIM disciplinari, indipendenti dal software con cui sono stati creati, e al processo di approvazione basato sulle fasi della norma EN ISO 19650, Bimplus supporta in modo digitale questi processi di condivisione e coordinamento.

Verifica e validazione del modello informativo
Nell’ambito di un progetto BIM è necessario garantire che i dati siano trasmissibili, completi e congruenti. Questo significa introdurre procedure di verifica e validazione dei dati stessi, attività che, grazie a modelli BIM con dati computazionali, i software possono ben supportare.
L’introduzione di flussi informativi nei processi digitalizzati è stata affrontata in Italia dalla norma UNI 11337-5, che prevede diversi livelli di verifica da attuare per singolo modello e nel coordinamento di diversi modelli disciplinari.
Dal punto di vista dei software queste attività riguardano, ad esempio, il controllo di interferenza fra i singoli oggetti BIM, sia nell’ambito di una singola disciplina che in ambito multidisciplinare, la verifica della congruenza delle informazioni del modello, nonché la presenza delle informazioni previste dal capitolato informativo e dell’offerta di gestione informativa.
Durante lo sviluppo del progetto, è quindi necessario eseguire verifiche successive per garantire la qualità dell’intero processo. Si tratta di attività che all’interno dell’ambiente di condivisione Bimplus sono supportate da specifiche funzionalità di revisione. Sono disponibili, ad esempio, il raffronto delle revisioni dei modelli per quanto riguarda il contenuto geometrico e informativo, strumenti di clash detection per verificare le interferenze e le collisioni, rappresentazioni del modello tematizzate in funzione delle informazioni con regole riutilizzabili nel tempo.
L’integrazione bidirezionale di MS Excel con Bimplus consente anche di verificare e aggiornare in modo puntuale o massivo le informazioni del modello, e, oltre a supportare queste fasi operative, offre all’operatore la possibilità di utilizzare in modo efficiente gli strumenti abituali.

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A distanza di 4 anni dal sisma che ha colpito il Centro Italia, l'Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, l’ENEA, presenta una metodologia innovativa che consente di caratterizzare le macerie prodotte a seguito di terremoti e di valutare in tempi rapidi e a costi contenuti la tipologia di materiali, l’eventuale pericolosità, ma anche di localizzarle e stimarne superfici e volumi.

Questa metodologia combina tecniche di telerilevamento basate su dati acquisiti da sensori ad alta risoluzione aerei e satellitari, e rilievi in situ per la calibrazione dei dati acquisiti in remoto. Lo sviluppo e i test sulla nuove metodologia sono stati effettuati da un team multidisciplinare di ricercatori ENEA su un campione rappresentativo di macerie del centro storico di Amatrice.
Per individuare i cumuli di macerie e determinare l’entità del danno subito dagli edifici, i ricercatori hanno utilizzato i dati satellitari Sentinel-2 del Programma ESA Copernicus per la Gestione delle Emergenze (EMS).
Le analisi geospaziali eseguite in ambiente GIS, attraverso l'uso di algoritmi di machine learning, hanno consentito di stimare sia i volumi che le principali tipologie di macerie. Ne è emersa la presenza di cemento (59%), mattoni naturali (9%), altri materiali, tra cui metallo (8%), e tracce di amianto.
Inoltre, mettendo insieme i risultati dell’applicazione della metodologia alla mappa di microzonazione sismica del territorio, i ricercatori sono stati in grado di realizzare una vera e propria “fotografia” delle aree più a rischio. Questo è utile per la pianificazione territoriale e la ricostruzione in sicurezza delle aree colpite dal sisma.
Tutto ciò consentirà anche di potenziare il Sistema di Previsione e di Supporto alle Decisioni e la base operativa di EISAC.it (European Infrastructure Simulation and Analysis Centre), il primo centro in Europa per la sicurezza delle infrastrutture strategiche, gestito da ENEA e INGV. In caso di eventi estremi il sistema fornisce supporto a Protezione Civile, Pubbliche Amministrazioni e gestori di reti critiche nelle attività di analisi del rischio e protezione delle infrastrutture, garantendo la continuità dei servizi essenziali (comunicazioni, trasporti, elettricità e acqua) e potenziando la resilienza.
Tale metodologia sviluppata è descritta in uno studio pubblicato sulla rivista internazionale ISPRS International Journal of Geo-Information ed è stata anche presentata nell’ambito dell’International Conference on Computational Science and its Applications (ICCSA 2020).

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork
in collaborazione con ENEA

Lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni ha portato a una maggiore concentrazione di prodotti corredati di etichette con valore A+ o superiore. Di conseguenza,  l'etichetta non ha più rappresentato un supporto sufficientemente valido per le decisioni di acquisto. Ciò ha portato infatti, alla necessità di modificare l'etichetta energetica esistente.


In questo modo la Commissione Europea ha stabilito che dal 1° marzo 2021 si useranno nuove etichette energetiche (con l’indicazione delle classi dalla A alla G) per indicare il livello di consumi degli elettrodomestici. (lavastoviglie, lavatrici, frigoriferi e display elettronici).  Per le lampade invece, la nuova etichetta sarà adoperata dal 1° settembre 2021.
Con il ritorno alla più semplice classificazione A-G si avrà una migliore differenziazione tra i prodotti rispetto all'attuale etichettatura.  Per promuovere lo sviluppo di nuovi prodotti sempre più efficienti dal punto di vista energetico la categoria A inizialmente sarà lasciata vuota, mentre le categorie B e C saranno scarsamente popolate. Questo significa che un elettrodomestico che attualmente possiede una classificazione A+++ potrebbe diventare una categoria B o C, mantenendo la stessa efficienza energetica precedente.
L'etichetta graficamente resterà molto simile e linguisticamente neutra. Tuttavia verrà inserito un codice QR nell'angolo in alto a destra, attraverso il quale i consumatori avranno accesso a maggiori e più dettagliate informazioni sul prodotto nel Registro Europeo dei prodotti per l'etichettatura energetica, EPREL. Questo database permetterà alle varie nazioni di vigilare sul mercato e verificare che i prodotti siano conformi ai requisiti in materia di efficienza energetica e che le informazioni presenti sull'etichetta sia veritiere.
Le nuove etichette potranno inoltre contenere icone che mostrino informazioni relative al prodotto quali capacità o dimensioni, livello di rumore, consumo di acqua o qualsiasi altra informazione che possa essere utile al consumatore.
Per le lavatrici uno dei principali cambiamenti dell'etichetta energetica sarà la modifica del programma di test a cui si riferiscono tutti i valori dell'etichetta. Ad esempio, il consumo energetico si baserà su 100 cicli di lavaggio e il programma "Eco 40-60" sarà il più efficiente in termini di consumo di energia e di acqua.
Per le lavasciuga l'etichetta sarà divisa in due parti: la parte sinistra dell'etichetta mostrerà i valori riferiti al ciclo di funzionamento completo, lavaggio e asciugatura, mentre la parte destra i valori riferiti esclusivamente al ciclo di lavaggio.
Per le lavastoviglie la novità consiste nella modifica dello standard del test sul programma “Eco” e nello specificare sull'etichetta la durata del programma.
Per i frigoriferi e i congelatori la procedura per determinare la classe energetica diventa più chiara e completa. Prende infatti in considerazione i seguenti elementi: tipo di elettrodomestico, principio di funzionamento, temperatura ambiente, numero e dimensioni dei comparti di conservazione.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

Con la pubblicazione del  DPCM 7 luglio 2020, che attua quanto previsto dall’articolo 1, commi 63 e 64, della Legge 27 dicembre 2019, sono stati definiti i criteri di assegnazione delle risorse per la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria, messa in sicurezza ed efficientamento energetico nelle scuole. Tali fondi sono destinati a Comuni, Provincie, Città Metropolitane e Regioni.


Le risorse saranno distribuite per un limite massimo di 90 milioni di euro per ciascuno per gli anni 2020 e 2021 e per un limite massimo di 225 milioni di euro per ciascuno per gli anni dal 2022 al 2034, per un totale di 3,1 miliardi di euro. Queste sono assegnate sulla base del numero di studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado presenti in ciascuna provincia e città metropolitana, nella misura del 50% e del numero di numero edifici pubblici adibiti ad uso scolastico per scuole secondarie di secondo grado presenti nelle province e città metropolitane, nella misura del 50%.
Gli importi spettanti alle province e alle città metropolitane, sulla base dei criteri appena citati, sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Dopo quaranta giorni dall'adozione del decreto, le province e le città metropolitane sono  tenute a presentare al Ministero dell'istruzione l'elenco degli interventi che intendono realizzare nei limiti delle risorse a ciascuna spettante. È assegnata priorità agli interventi:
• nell'ambito della programmazione triennale 2018-2020;     
• nell'ambito degli interventi resisi necessari a seguito di verifiche di vulnerabilità sismica già espletate sugli edifici ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2;
• nell'ambito degli interventi resisi necessari a seguito delle indagini diagnostiche su solai e controsoffitti;
• nell'ambito di ulteriori interventi urgenti per garantire l'agibilità delle scuole e il diritto allo studio in ambienti sicuri.
Le erogazioni delle risorse sono disposte direttamente dalla Direzione generale competente del Ministero dell'istruzione in favore degli enti locali beneficiari e saranno suddivise fino al 20% del finanziamento, a richiesta dell'ente locale beneficiario e la restante parte sulla base degli stati di avanzamento lavori e delle spese maturate dall'ente, debitamente certificati dal  Responsabile unico del procedimento, fino al raggiungimento del 90% della spesa complessiva al netto del ribasso di gara. Il residuo 10% è liquidato a seguito dell'avvenuto collaudo e/o del certificato di regolare esecuzione.
Le risorse assegnate sono revocate nel caso di mancato rispetto dei termini di aggiudicazione fissati con  il  decreto del  Ministro dell'istruzione e nel caso di violazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50 accertate a seguito di attività di monitoraggio. È prevista la revoca anche nel caso in cui l'intervento finanziato risulti assegnatario di altro finanziamento nazionale, regionale o comunitario per le stesse finalità.

 

a cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

Il Ministero dell'Interno ha pubblicato, con il DM 10/7/2020, la nuova Regola Tecnica di prevenzione incendi per gli edifici sottoposti a tutela, aperti al pubblico e destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi. Tale modifica al codice di prevenzione degli incendi entra in vigore dal 21 agosto 2020, ovvero dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta della stessa.

La RTV differenzia le aree dell'attività in base alla presenza di persone o sostanze infiammabili, classificandole in: TA, locali aperti al pubblico e destinati a sale espositive, sale lettura, sale di consultazione e relativi servizi; TC, aree non aperte al pubblico, adibite ad uffici e servizi di superficie maggiore di 200mq; TM, depositi con carico di incendio specifico superiore ai 600 MJ/mq e aventi superficie maggiore di 25mq; TK1, locali ove si detengono o trattano sostanze o  miscele pericolose o si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione e  locali con carico di incendio specifico maggiore di 1200MJ/mq; TK2, depositi di beni tutelati; TO, locali con affollamento superiore alle 100 persone; TT, locali in cui siano presenti quantità   significative di apparecchiature elettriche ed elettroniche, e locali tecnici rilevanti ai fini della   sicurezza antincendio; TZ, altre aree non ricomprese nelle precedenti o zone ad accesso soggetto a particolari condizioni d’uso.
Di questa classificazione sono ritenute aree a rischio specifico quelle dove si detengano o trattino sostanze o miscele pericolose (utilizzate per il restauro) o si effettuino lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione, ovvero le aree TK1.
Per la strategia antincendio la nuova regola impone che vengano applicate tutte le misure della regola tecnica orizzontale e quelle della presente RVT per le aree definite a rischio specifico. Per le vie di esodo verticali devono essere impiegati solo materiali appartenenti al gruppo GM2 di reazione al fuoco, mentre la classe di resistenza al fuoco dei compartimenti non può essere inferiore a 30, per quelli a quota superiore a -1m, ed a 60, per quelli a quota non superiore a -1m. Per le aree TA, TC, TO, ovvero nelle aree in cui non è possibile l’adeguamento o la determinazione della classe richiesta, devono essere adottati dei requisiti aggiuntivi, quali l'assunzione di un sistema di gestione della sicurezza antincendio di livello di prestazione III.
In caso di esodo per fasi è ammesso l’utilizzo di scala d’esodo protetta anziché a prova di fumo o  esterna, con le seguenti misure antincendio minime:
• nell’attività deve essere prevista una gestione della sicurezza con livello di prestazione III;
• ciascun piano dell’attività sia inserito in compartimento distinto;
• la procedura di esodo per fasi non sia utilizzata per vie di esodo verticali che servono piani a quota inferiore a -5 m.
Gli infissi, qualora di interesse storico artistico, presenti lungo le vie di esodo e che non possiedono le caratteristiche richieste, devono essere mantenuti costantemente aperti, durante l’esercizio dell’attività. Inoltre, sono ammesse larghezze delle vie di esodo orizzontali o verticali inferiori ai valori minimi, e comunque non inferiori a 800 mm, a condizione che vengano impiegati materiali  appartenenti al gruppo GM0 o GM1 di reazione al fuoco, che la porzione di impianto di illuminazione di sicurezza in corrispondenza delle criticità sia progettato per garantire il doppio dell’illuminamento minimo previsto dalla norma e che venga fatta una segnalazione specifica a tutti gli occupanti.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

La bozza della nuova Regola Tecnica Verticale per le chiusure degli edifici civili è incentrata al perseguimento di tre importanti obiettivi di sicurezza antincendio:
• limitare la probabilità di propagazione di un incendio originato all’interno dell'edificio, attraverso le sue chiusure d’ambito;
• limitare la probabilità di propagazione di un incendio originato all’esterno dell'edificio, attraverso le sue chiusure d’ambito;
• evitare o limitare la caduta di parti della chiusura d’ambito dell’edificio in caso d’incendio, che possano compromettere l’esodo degli occupanti o l’operatività delle squadre di soccorso.

Per lo studio sella strategia antincendio da adoperare per ogni edificio civile sono considerate delle soluzioni conformi, ammettendo comunque delle soluzioni alternative.
A tal fine vengono valutate le chiusure d'ambito in base ai loro componenti, i quali devono possedere i requisiti di reazione al fuoco, e in base all'altezza dell'edificio, non sono richiesti ad esempio, requisiti di reazione al fuoco per le coperture di edifici aventi massima quota dei piani ≤24m. La RTV impone che debbano possedere i requisiti di resistenza al fuoco tutti gli elementi delle chiusure d'ambito di edifici civili, ad esclusione di edifici aventi carico d’incendio specifico qf≤200 MJ/m2 e i compartimenti, se dotati di misure di controllo dell'incendio di livello di prestazione V.
Inoltre, la bozza contiene le indicazioni relative alle vie di esodo degli edifici. A tale proposito afferma che se le facciate degli edifici sono costituite da materiali fragili o possono avvenire delle rotture e distacchi di materiale in caso di incendio, le vie di esodo i luoghi sicuri devono essere protetti dall'eventuale caduta di parti della facciata. Inoltre, afferma che le intercapedini delle facciate a doppia pelle non possono essere impiegate come vie di esodo.
In caso di presenza di impianti tecnologici e di servizio, almeno la porzione di chiusura d'ambito interessata deve prevedere una fascia di separazione che la circoscriva e deve possedere caratteristiche di resistenza al fuoco EI30, o essere di classe Broof se in copertura.
Tra le altre indicazioni la RTV prescrive l'utilizzo di fasce di separazione tra i compartimenti di un edificio, realizzate con materiali del gruppo GM0 di reazione al fuoco e aventi classe di resistenza al fuoco E30-ef o RE 30-ef se portanti. Infatti, se posta in facciata una fascia di separazione orizzontale tra compartimenti, con uno sviluppo ≥1,00m è limitata la propagazione verticale dell’incendio, se è posta una fascia di separazione verticale invece, si limita la propagazione orizzontale dell'incendio. In copertura, la fascia di separazione tra compartimenti, con sviluppo ≥1,00m, limita la propagazione orizzontale.
Ai fini della verifica la conformità di un sistema di facciata ai requisiti di resistenza al fuoco deve essere comprovata secondo normativa.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork