ProgettistaSono responsabili in solido sia il progettista che il collaudatore per il cedimento di una struttura alla cui progettazione e costruzione avevano partecipato a vario titolo.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, una società aveva commissionato la costruzione di un capannone, che veniva ultimato nei primi mesi del 2001. Nel 2005 era crollata l'arcata centrale del capannone, provocando il cedimento di parte della struttura, con danni alle attrezzature interne e con fermo del ciclo produttivo per lungo periodo.

Il Tribunale aveva ritenuto responsabili del danno sia la società costruttrice che gli ingegneri che ricoprivano l’incarico di progettista e di collaudatore, ripartendo la responsabilità di questi ultimi senza vincolo di solidarietà. La Corte di appello di Venezia aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, ritenendo solidale la responsabilità del progettista e del collaudatore.

Secondo il collaudatore ricorrente, la diversità delle due condotte (del progettista e collaudatore) impedirebbe di configurare una solidarietà passiva, essendo questa piuttosto legata a condotte entrambe volte alla realizzazione dell'opera, a cui il collaudatore invece non aveva partecipato.

PRINCIPIO DI DIRITTO E CONCLUSIONI
In proposito, l’Ord. C. Cass. civ. 14/10/2019, n. 25780 ha affermato che l'art. 2055, comma 1, Codice civile richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone.

Correttamente dunque è istituito un vincolo di solidarietà tra la condotta del progettista e quella del collaudatore, quando entrambe abbiano contributo al medesimo evento, quale il cedimento della struttura alla cui progettazione e costruzione avevano partecipato a vario titolo.

La Suprema Corte ha dunque ritenuto correttamente configurata la responsabilità solidale tra i due ingegneri.

Si ricorda che in caso di responsabilità solidale ai sensi dell’art. 2055 del Codice civile, può essere richiesto il risarcimento dell’intero danno ad uno qualsiasi degli obbligati in solido, quest’ultimo poi si potrà rivolgere agli altri coobbligati (diritto di regresso) nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.


Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Pubblicato in Sicurezza

Progetto edileSussiste la responsabilità del professionista incaricato della progettazione e direzione dei lavori che non abbia avvisato il committente della necessità di presentare la comunicazione di fine lavori.

E’ stata portata alla cognizione dei giudici una fattispecie in cui un professionista incaricato della progettazione e direzione dei lavori, disinteressandosi dell’epilogo del mandato, non aveva inoltrato la dichiarazione di fine lavori entro la scadenza della DIA (ora SCIA), né aveva avvisato il committente dell’obbligo della sua presentazione. Inoltre il professionista aveva certificato la regolarità delle opere trascurando di considerare la situazione che a causa di tali omissioni si era realizzata.

I giudici del merito, prima, e la Corte di Cassazione (ordinanza 18/06/2019, n. 16288), poi, hanno definito il giudizio affermando la sussistenza della responsabilità del professionista in quanto così facendo egli risultava avere:

- violato gli obblighi informativi a proprio carico;

- certificato la regolarità delle opere senza porsi il problema della mancanza della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

Il direttore dei lavori è stato pertanto condannato al pagamento dei danni conseguenti al comportamento sopra descritto, danni consistenti nei costi per sanare i lavori realizzati e nella limitazione alla commerciabilità delle opere realizzate fintanto che la sanatoria non fosse intervenuta (nella fattispecie le opere assentite tramite regolare titolo abilitativo erano state realizzate solo in parte per decisione del committente col risultato che, mancando una comunicazione di fine lavori trasmessa durante il periodo d’efficacia del titolo medesimo, esse risultavano irregolari perché eseguite sulla base di un titolo abilitativo nel frattempo venuto meno per decorrenza del termine finale d’efficacia).

La Corte di Cassazione ha chiarito inoltre che:

- le comunicazioni di inizio e fine lavori hanno lo scopo di agevolare l'accertamento, da parte dell'amministrazione comunale, dell'inizio e del completamento dell'intervento edilizio nei termini e consentire una tempestiva verifica sull'attività posta in essere. Tali comunicazioni non rappresentano, quindi, una semplice formalità amministrativa, bensì costituiscono un adempimento strettamente connesso ai contenuti ed alle finalità del permesso di costruire ed agli obblighi di vigilanza imposti dagli artt. 27 e segg. del D.P.R. 380/2001;

- la mancanza della presentazione del modulo di fine lavori determina l’impossibilità di accertare la regolarità del bene immobile ai fini della sua commerciabilità.

 


Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it

Pubblicato in Normativa