FRCMIl Consiglio superiore dei lavori pubblici ha rilasciato la Linea guida per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di interventi di consolidamento strutturale mediante l’utilizzo di sistemi di rinforzo FRCM.

Con D. Cons. Sup. LL.PP. 03/12/2019, n. 627, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha approvato la la Linea guida per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di interventi di consolidamento strutturale mediante l’utilizzo di sistemi di rinforzo FRCM.

La Linea guida fornisce principi e regole di applicazione per la progettazione, la verifica, il collaudo e la manutenzione di interventi di rinforzo strutturale con materiali compositi fibrorinforzati a matrice inorganica - FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix). Tali materiali sono utilizzati per il miglioramento delle prestazioni strutturali di costruzioni esistenti, sia in muratura, che in calcestruzzo armato.
La Linea guida tratta in particolare le regole di progetto relative alle principali applicazioni strutturali, per le quali sono disponibili in letteratura modelli di calcolo ampiamente condivisi dalla comunità tecnica e scientifica, sia a livello nazionale che internazionale, sottolineando invece che applicazioni diverse devono essere necessariamente suffragate da approfondite indagini preliminari in laboratorio su elementi strutturali in scala reale e da verifiche di tipo numerico.

Si rinvia al D. Cons. Sup. LL.PP. 08/01/2019, n. 1, per gli aspetti legati alla identificazione, qualificazione e accettazione in cantiere, nonché per gli aspetti connessi alla durabilità, trasporto, stoccaggio, movimentazione, utilizzo, nonché ed ai manuali di installazione dei sistemi, obbligatori per questi materiali.
Si ricorda in particolare che tale decreto prevede un periodo transitorio, in base al quale è consentito fino al 08/01/2021 continuare a fare riferimento a quanto disposto in merito al punto 8.6 delle Norme tecniche per le costruzioni (NTC 2018) di cui al D.M. 17/01/2018, per quanto concerne l’impiego di FRCM nel consolidamento di costruzioni esistenti.

 

 

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Regione VenetoÈ stata pubblicata sul BURV 27/12/2019, n. 150 la L.R. Veneto 49/2019 che ha prorogato al 30/09/2020 il termine per l'adeguamento dei Comuni alle disposizioni sul contenimento del consumo di suolo e al Regolamento Edilizio Tipo (RET).

La L.R. Veneto 23/12/2019, n. 49, in vigore dal 28/12/2019, modificando l’articolo 17, comma 7 della L.R. Veneto 04/04/2019, n. 14, ha prorogato dal 31/12/2019 al 30/09/2020 i termini per l’adeguamento, da parte dei Comuni, alle disposizioni sul contenimento del consumo di suolo, di cui alla L.R. Veneto 06/06/2017, n. 14, e per l'adeguamento dei regolamenti edilizi, ai sensi dell'articolo 2, comma 4 del D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), allo schema di Regolamento Edilizio Tipo e relativi allegati approvati con l'Int. Conf. Unificata 20/10/2016, n. 125/CU.

Si ricorda, infatti, che il termine per l’adeguamento dei regolamenti edilizi comunali al Regolamento Edilizio Tipo, inizialmente fissato al 21/05/2018 ai sensi di quanto stabilito con la Delib. G.R. Veneto 22/11/2017, n. 1896, era stato poi rideterminato al 31/12/2019 dall'articolo 17 comma 7 della L.R. Veneto 04/04/2019, n. 14.

La modifica normativa approvata con l'articolo 1 della L.R. Veneto 49/2019, che ha disposto la proroga dei suddetti termini, si è resa necessaria a seguito delle numerose segnalazioni da parte dei Comuni di alcune criticità relative principalmente, per quanto riguarda il contenimento del consumo di suolo, alla corretta identificazione e perimetrazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata e, per quanto concerne il RET, alle ricadute delle definizioni uniformi sugli strumenti della pianificazione urbanistica con riferimento all’invarianza delle previsioni dimensionali degli stessi.

 

 

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VerandaIl Consiglio di Stato ha ritenuto che una veranda attrezzata esterna, stabilmente destinata ad estensione del locale interno in ogni periodo dell’anno, a causa della sua consistenza e funzione comporta una rilevante trasformazione edilizia del territorio. Pertanto deve essere qualificata come nuova opera e necessita del permesso di costruire.

FATTISPECIE
Il Comune di Treviolo (BG) aveva intimato al ricorrente, ai sensi dell’art. 31, del D.P.R. 380/2001, la demolizione del manufatto antistante il suo immobile adibito ad enoteca con servizio di ristorazione, ove erano collocati tavolini e sedie utilizzati per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto realizzato in assenza di titolo edilizio (permesso di costruire).

Il manufatto abusivo è descritto dall’amministrazione come “una struttura autonoma che costituisce, delimita e arreda uno spazio per il ristoro all’aperto, annesso al locale di pubblico esercizio di somministrazione insediato in sede fissa […] adibita a dehors permanente semichiuso, realizzato con elementi in legno (montanti, travi e travetti), avente dimensioni esterne di m 13,55 X 8,60 (superficie lorda mq 116,53). La struttura si regge su n. 12 montanti in legno 12 X 12 annegati in n. 10 botti riempite di calcestruzzo (…) ed è riparata dagli agenti atmosferici con telo plastificato affrancato ai travetti mediante legacci. L’ambiente è munito di impianto elettrico per alimentare ventilatori, lampade scaldanti, impianto di diffusione stereofonica; il pavimento è costituito da lastre di legno composite, sostenute e livellate da graticci. In definitiva la struttura è semichiusa lateralmente da tende in tessuto e tende saliscendi plastificate a delimitazione dell’ambito, poggia su suolo pavimentato, non è ancorata, ma ha caratteri di solidità”. Tale manufatto risultava inoltre mantenuto in loco e utilizzato da più di 7 anni.

Il ricorrente, aveva contestato la legittimità dell’ordinanza di demolizione del manufatto e del successivo diniego di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, in quanto sosteneva che: il dehors non era una struttura autonoma e utilizzabile indipendentemente rispetto all’enoteca; non aveva carattere permanente, poiché facilmente amovibile; non era munito di solaio ma solo di un telo per il riparo degli avventori dalle intemperie, non era chiuso su tutti i lati ed era privo di riscaldamento.

PRINCIPI DI DIRITTO
In proposito, la Sent. TAR. Lombardia Brescia 18/11/2019, n. 990 ha precisato che:
- l’asserita "facile amovibilità" nonché la mancanza di impianto di riscaldamento non costituiscono elementi idonei a conferire al dehors le caratteristiche di un'opera precaria, se tale struttura non ha un utilizzo contingente e limitato nel tempo, ma è destinata a soddisfare bisogni duraturi e non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione;
- va esclusa, inoltre, l’asserita valenza puramente pertinenziale del manufatto, in relazione al suo stretto collegamento con l’edificio principale, se, per il suo impatto volumetrico, la veranda attrezzata incide significativamente e in modo permanente sull'assetto edilizio dell’edificio, del quale amplia la superficie e la volumetria utile.

CONCLUSIONI
Il Tribunale ha quindi concluso che il ricorrente aveva creato un autonomo organismo edilizio di rilevanti dimensioni, stabilmente destinato ad estensione del locale interno in ogni periodo dell’anno; il quale pertanto, a causa della sua consistenza e funzione, deve essere qualificato come nuova opera, comportando una rilevante trasformazione edilizia del territorio.



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Infrastrutture stradaliPubblicata nella GUUE 26/11/2019, n. L 305 la Direttiva 2019/1936 che modifica la Direttiva 2008/96/CE sulla gestione delle sicurezza delle infrastrutture stradali.

La Direttiva apporta numerose modifiche alla Direttiva 2008/96/CE, attuata in Italia dal D. Leg.vo 15/03/2011, n. 35, con lo scopo di ridurre sensibilmente gli incidenti stradali attraverso una migliore progettazione e manutenzione di strade, gallerie e ponti, e di garantire un livello sistematicamente elevato di sicurezza stradale su tutta la rete TEN-T e sulla rete di autostrade e strade principali nell’Unione. Le nuove disposizioni contribuiranno al raggiungimento degli obiettivi strategici fissati a livello europeo di diminuire il numero di vittime della strada e avvicinarsi all’azzeramento degli incidenti mortali entro il 2050.

Tra le principali novità si segnala:
- l’estensione del campo di applicazione della Direttiva 2008/96/CE alle autostrade e alle altre strade principali dell’Unione oltre la rete transeuropea di trasporto (TEN-T);
- l’introduzione dell’obbligo per Stati membri di effettuare ispezioni periodiche e la valutazione della sicurezza stradale almeno ogni cinque anni;
- l’obbligo di tenere sempre in considerazione le esigenze dei pedoni, dei ciclisti e degli altri utenti vulnerabili (non motorizzati) della strada nelle procedure di gestione della sicurezza stradale;
- il miglioramento della segnaletica stradale;
- l’accessibilità al pubblico delle specifiche tecniche relative alla sicurezza per gli appalti pubblici svolti nel settore dell’infrastruttura stradale.

La Direttiva entra in vigore il 16/12/2019 e dovrà essere recepita entro il 17/12/2021.

 

 

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PergotendaIl Consiglio di Stato ha ritenuto che la pergotenda in plastica ritraibile con pannelli laterali di vetro scorrevole richiudibili a pacchetto non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante e non necessità dunque di titolo abilitativo.

FATTISPECIE
La controversia ha ad oggetto il ricorso avverso l’ordine di demolizione degli interventi abusivi consistenti nella realizzazione di una pergotenda ritraibile di m 9 per m 4,30 di altezza variabile da m 2,60 a m 2,25 circa, comandata elettricamente, tamponata su due lati con pannelli di vetro scorrevole richiudibili a pacchetto.

PRINCIPI DI DIRITTO
In proposito, la Sent. C. Stato 14/10/2019, n. 6979 ha ricordato che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10, del D.P.R. 6/6/2001, n. 380, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, mentre una struttura leggera destinata ad ospitare pannelli retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche.

Infatti, la pergotenda - la cui opera principale è la tenda e non l’intelaiatura - è un’opera che, pur non essendo destinata a soddisfare esigenze precarie, non necessità di titolo abilitativo in considerazione della consistenza, delle caratteristiche costruttive e della sua funzione.

La sentenza richiama anche l’allegato al D. Min. Infrastrutture e Trasp. 02/03/2018, avente ad oggetto il glossario contenente l'elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, il quale, al n. 50, include le pergotende tra gli interventi realizzabili in regime di edilizia libera.

CONCLUSIONI
Nel caso di specie, dunque, l’appello è stato ritenuto fondato sotto il profilo concernente la qualificazione degli abusi in contestazione.

Infatti, il Consiglio di Stato ha concluso che la tenda, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, anche laddove destinata a rimanere costantemente chiusa, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante comportante trasformazione del territorio. Infatti la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda e dei pannelli, onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie.

Infine, con riferimento al fatto che il terrazzo risultava arredato con tavoli e sedie da giardino e sono stati installati due climatizzatori, la sentenza ha rilevato che in termini di delimitazione della nozione di pergotenda, con i caratteri predetti risulterebbero incompatibili i condizionatori e\o i climatizzatori, di cui, peraltro, nel caso di specie la p.a., premessa l’irrilevanza di ingombro edilizio, non ne ha accertato e dimostrato l’allaccio ed il funzionamento.
Se quindi nel caso di specie non risultano provati l’allaccio ed il funzionamento dei climatizzatori, in linea generale va precisato come sia evidente che gli stessi apparecchi, laddove funzionanti, darebbero vita ad uno spazio destinato ad un utilizzo ben più ampio e continuativo rispetto alla nozione di transitorietà e precarietà della vera e propria pergotenda.

 

 

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Parcheggio condominioLa Corte di Cassazione, con la sentenza del 15/10/2019, n. 26041, si pronuncia in tema di divisione delle parti comuni dell'edificio con particolare riferimento ad un'area condominiale destinata al parcheggio.

Come è noto l’art. 1119, Cod. civ., prevede che le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino “e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio”. Queste ultime parole sono state aggiunte dall’art. 4 della L. 220/2012 di riforma del condominio.

Sulla materia si è pronunciata la Corte di Cassazione in una fattispecie in cui un condomino contestava la ripartizione - disposta dal Tribunale - di un’area condominiale adibita a parcheggio nonostante avesse manifestato il proprio dissenso. In particolare il ricorrente sosteneva che la modifica dell’art. 1119, Cod. civ. disposta dalla L. 220/2012 condizionasse la divisibilità delle parti comuni al requisito del consenso di tutti i condomini anche nel caso di divisione disposta dal giudice.

La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha premesso che la divisione delle cose comuni è materia sottratta alle competenze riconosciute all'assemblea dall'art. 1135, Cod. civ., per cui non può essere deliberata dalla volontà collettiva dei partecipanti in assemblea, ma che peraltro non si può escludere che con il consenso unanime dei condomini, raccolto non in una mera delibera, ma in una scrittura privata o atto pubblico ex art. 1350, Cod. civ., si possa procedere alla divisione.

Ciò posto la Corte ha si è soffermata poi sulla portata della modifica di cui alla L. 220/2012 distinguendo il caso di divisione volontaria e il caso di divisione giudiziaria e ritenendo che il requisito aggiunto dalla L. 220/2012 dell’unanimità dei consensi si riferisce solo alla divisione volontaria, avendo il legislatore utilizzato la congiunzione “e” in una "funzione essenzialmente disgiuntiva".

In conclusione i giudici hanno affermato che l'art. 1119, Cod. civ. come modificato dall'art. 4 della L. 220/2012, va interpretato nel senso che le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che, per la divisione giudiziaria, la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e, per la divisione volontaria, non si sia concluso un contratto che riporti, in scrittura privata o atto pubblico (e quindi non con delibera assembleare), il consenso di tutti i partecipanti al condominio. Quest'ultimo requisito (inserito dal citato art. 4, L. 220/2012) non è richiesto per la divisione giudiziaria.

Ne consegue, da un lato, che la divisione giudiziaria può essere effettuata anche a prescindere dal consenso unanime e, d’altro lato, che la divisione volontaria risulterebbe ammessa - con il consenso di tutti i condomini espresso in una scrittura privata o in un atto pubblico - anche nel caso in cui l’uso delle cose comuni risultasse “più incomodo”.

Nel caso di specie, trattandosi di divisione giudiziaria, non era necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio e pertanto il ricorso è stato rigettato.

 

 

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Realizzazione piscinaLa realizzazione di una piscina interrata e di locali annessi in zona vincolata, determinano la creazione di nuova volumetria e integrano interventi di nuova costruzione, necessitano quindi del previo rilascio del permesso di costruire nonché dell'autorizzazione paesaggistica.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, il proprietario di un terreno con sovrastante fabbricato e rimessa pertinenziale, insistente su area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale, aveva agito per l’annullamento del provvedimento con il quale l’amministrazione comunale aveva ingiunto la demolizione delle opere abusive realizzate sul suddetto terreno.

Con riferimento al locale ad uso garage e deposito, è stato documentato l’avvenuto rilascio del titolo edilizio in sanatoria nelle more della definizione del giudizio. Inoltre, con riferimento alle opere esterne sostanziatesi nella realizzazione di illuminazione e dell’impianto di irrigazione, il ricorso è stato accolto parzialmente in considerazione del carattere di mero complemento dell’arredo e delle dotazioni essenziali.

Per quanto riguarda invece la realizzazione della piscina interrata e le ulteriori opere di pavimentazione delle aree esterne, realizzazione di muretti e del portico, il Tribunale ha affermato quanto segue.

PRINCIPI GIURIDICI
Occorre una visione di insieme delle opere edilizie, che metta in risalto il collegamento funzionale degli interventi in contestazione, giacché altrimenti parcellizzandoli e considerandoli isolatamente si perde di vista l’entità e l’impatto sul paesaggio e sull’ambiente circostante dell’attività edificatoria posta in essere.

La realizzazione di una piscina interrata e di locali annessi in zona vincolata, integrando interventi di nuova costruzione, necessitano del previo rilascio del permesso di costruire nonché dell'autorizzazione paesaggistica e non sono suscettibili di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell'art. 167 del D. Leg.vo 42/2004, in quanto hanno determinato la creazione di nuova volumetria.

Inoltre, avendo riguardo al profilo urbanistico, non assume rilievo il richiamo al concetto di pertinenza, allorché tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria dei manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede.

Analogo discorso deve essere seguito anche per le ulteriori opere - di pavimentazione delle aree esterne, realizzazione di muretti, del portico, peraltro di non esigua consistenza, nonché di installazione di pannelli solari - idonee ad incidere sul contesto paesaggistico di riferimento.

CONCLUSIONI:
Alla luce dei richiamati orientamenti giurisprudenziali, la Sent. TAR. Lazio Roma 07/10/2019, n. 11586, ha ritenuto evidente che le suddette opere realizzate dal ricorrente non potevano essere qualificate come interventi di manutenzione straordinaria e di adeguamento funzionale di opere pertinenziali.

 

 

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Vigili del FuocoIl Dipartimento dei Vigili del Fuoco presso il Ministero dell'interno, con la Circolare 15/10/2019, n. 15406, fornisce una tabella riepilogativa delle norme di prevenzione incendi da applicare a seguito del D.M. 12/04/2019, in vigore dal 20/10/2019, che ha introdotto rilevanti novità.

Si ricorda in particolare che il D.M. 12/04/2019 ha previsto l'eliminazione del cd. "doppio binario" per la progettazione delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi: la normativa "prestazionale" da facoltativa diventa obbligatoria per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ma non normate.

Per ulteriori dettagli sul D.M. 12/04/2019 si rinvia, oltre che al testo dello stesso, anche a:
- Codice di prevenzione incendi: modifiche in vigore dal 20/10/2019
- Codice di prevenzione incendi: pubblicato in G.U. il Decreto con le modifiche

Nel rinviare anche al testo della Circolare 15/10/2019, n. 15406 per i chiarimenti forniti dal Dipartimento dei VV.F., si riporta di seguito l'utile tabella in essa contenuta, che evidenzia la normativa da applicarsi alle attività soggette, normate o meno (cioè per le quali sia stata o meno emanata una specifica Regola Tecnica Verticale - RTV), in caso di progettazione di nuova attività oppure di progettazione di modifiche o ampliamenti ad attività già esistenti.

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Prevenzione incendiEntra in vigore il 20/10/2019 il Decreto del Ministero dell'interno che apporta modifiche al Codice di prevenzione incendi, di cui al D. Min. Interno 03/08/2015, al fine di continuare l'azione di semplificazione e razionalizzazione del corpo normativo relativo alla prevenzione incendi.

Il D. Min. Interno 12/04/2019, in vigore dal 20/10/2019, apporta importanti modifiche al Codice di Prevenzione Incendi, di cui al D. Min. Interno 03/08/2015.

Si prevede l'eliminazione del cd. "doppio binario" per la progettazione delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi: la normativa "prestazionale" da facoltativa diventa obbligatoria per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ma non normate.

In particolare, il nuovo art. 2 del D. Min. Interno 03/08/2015 prevede che le norme tecniche del Codice di prevenzione incendi (cd. "regola tecnica orizzontale", RTO), si applicano alla progettazione, alla realizzazione e all’esercizio delle attività di cui all’Allegato I del D. P.R. 01/08/2011, n. 151, individuate con i numeri: 9; 14; da 19 a 40; da 42 a 47; da 50 a 54; 56; 57; 63; 64; 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini; 67, ad esclusione degli asili nido; da 69 a 71; 73; 75; 76.
Sono fatte salve le modalità applicative alternative di cui all’art. 2-bis per le attività individuate ai seguenti punti di cui all’Allegato I del D. P.R. 01/08/2011, n. 151: 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini; 67, ad esclusione degli asili nido; 69, limitatamente alle attività commerciali ove sia prevista la vendita e l’esposizione di beni; 71; 75, con esclusione dei depositi di mezzi rotabili e dei locali adibiti al ricovero di natanti ed aeromobili.

Inoltre, le RTO si applicano alle attività sopra elencate di nuova realizzazione.
Per gli interventi di modifica ovvero di ampliamento alle attività sopra elencate esistenti, le RTO si applicano a condizione che le misure di sicurezza antincendio esistenti, nella parte dell’attività non interessata dall’intervento, siano compatibili con gli interventi da realizzare.

Le RTO possono essere comunque di riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’Allegato I del D. P.R. 01/08/2011, n. 151, o che non siano elencate nel medesimo allegato.

***

Si ricorda che è in via di approvazione lo Schema di decreto ministeriale di aggiornamento del D. Min. Interno 03/08/2015, il quale scaturisce dal monitoraggio dell'applicazione delle norme tecniche nel corso del quale sono emersi possibili ambiti di miglioramento delle norme tecniche stesse, con riferimento in particolare alle seguenti sezioni:
- Sezione G – Generalità; Sezione S - Strategia antincendio;
- Sezione V - Regole tecniche verticali: capitoli V.1 (Aree a rischio specifico), V.2 (Aree a rischio per atmosfere esplosive) e V.3 (Vani degli ascensori);
- Sezione M - Metodi.

 

 

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Permesso di costruireIn caso di decadenza del permesso di costruire per il superamento dei termini previsti per il completamento della costruzione, non è possibile apportare variazioni al progetto né realizzare la parte non eseguita dell’opera; per completare la costruzione è necessario un nuovo titolo edilizio.

FATTISPECIE E CONTESTO NORMATIVO
Nel caso di specie, era stata impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Calabria, che aveva accolto il ricorso proposto dal vicino avverso il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Reggio Calabria nel 2007 in variante al permesso di costruire del 1997, per la realizzazione di un fabbricato di 5 piani fuori terra oggetto di un provvedimento di “rinnovo” del 2005.

Il parametro normativo per la definizione di varianti cd. essenziali che comportano il rilascio di un nuovo titolo edilizio è costituito dall’art. 32 del D.P.R. 380/2001; mentre l’art 15 del D.P.R. 380/2001 prevede che il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare i 3 anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. Inoltre, la realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione.

PRINCIPI DI DIRITTO
In proposito, la Sent. C. Stato 25/09/2019, n. 6424 ha ricordato la differenza tra variante in senso proprio e variante essenziale:
- la variante in senso proprio al titolo edilizio comporta modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione; pertanto rimangono i termini di efficacia originari del titolo abilitativo e si deve ritenere, pena la violazione della disciplina relativa ai termini di efficacia del titolo edilizio, che la variante non essenziale non possa comunque più intervenire quando siano già scaduti i termini originari;
- mentre la variante essenziale, caratterizzata da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario, sulla base dei parametri indicati dall'art. 32 del D.P.R. 380/2001 costituisce un permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello originario; in questo caso valgono i nuovi termini indicati nel nuovo titolo.

Inoltre, il Consiglio di Stato ha ribadito che la decadenza del permesso di costruire, intervenuta per il superamento dei termini previsti per la realizzazione della costruzione, comporta la impossibilità di realizzare la parte non eseguita dell’opera a suo tempo assentita, e la necessità del rilascio di un nuovo titolo edilizio per le opere ancora da eseguire. Pertanto, una volta intervenuta la decadenza, chiunque intenda completare la costruzione necessita di un nuovo ed autonomo titolo edilizio, che deve provvedere a richiedere, sottoponendosi ad un nuovo iter procedimentale, volto sia a verificare la coerenza di quanto occorre ancora realizzare con le prescrizioni urbanistiche vigenti nell’attualità, sia, se del caso a provvedere al ricalcolo del contributo di costruzione.

CONCLUSIONI
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che risultasse evidente dalla documentazione agli atti di causa e dalla relazione del consulente tecnico nominato nel giudizio di primo grado che il permesso di costruire del 2007 fosse del tutto autonomo dal precedente. Ciò risultava in fatto sia dalla nuova istruttoria effettuata dall’Amministrazione sia dalle sostanziali modifiche di sagoma, di prospetti e di cubatura introdotte rispetto al progetto originario.

Nella fattispecie concreta, la configurabilità di una variante era esclusa anche dalla circostanza che la concessione edilizia rilasciata il 30 gennaio 1997 (che prevedeva i termini di 12 mesi per l’inizio dei lavori e di 36 mesi per l’ultimazione dalla data del rilascio) era scaduta senza che fossero mai stati completati i lavori né concessa una proroga prima della scadenza del titolo, aveva quindi perso efficacia il 30 gennaio 2000.
L’immobile non era stato realizzato nel termine previsto dall’originario titolo edilizio; infatti l’atto del 22 novembre 2005 di “voltura e rinnovo” della concessione aveva fatto riferimento, quale presupposto per la sua adozione, “al ritardo sulle lavorazioni dovuto alla particolare complessità delle opere geotecniche”; a tale data, quindi, i lavori non erano ancora terminati.

Pertanto, la disciplina dell'art. 15 del D.P.R. 380/2001 comporta che a seguito della concessione edilizia del 30 gennaio 1997, scaduta senza che fosse presentata alcuna richiesta di proroga prima della scadenza, in alcun modo si potesse configurare una variante; né, in difetto di proroga tempestiva, avrebbero potuto essere salvati gli effetti di un titolo edilizio già scaduto.

Applicando i suddetti principi al caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il titolo edilizio del 1997, per il quale non era stata richiesta alcuna proroga nei termini di efficacia, era scaduto alla data del 30 gennaio 2000. Il provvedimento “di voltura e rinnovo” del 22 novembre 2005 non poteva che essere qualificato come una proroga, ma priva di effetti in quanto intervenuta su un titolo edilizio già scaduto. Il permesso di costruire dell’8 ottobre 2007 era quindi un nuovo titolo edilizio autonomamente impugnabile.

 

 

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