Civiltà di Cantiere n.3-intervista a Leopoldo Freyrie
Nel nostro Paese la progettazione è stata via via svuotata della sua funzione essenziale di garanzia della qualità. La futura nuova legge sugli appalti è l’occasione per un’inversione di tendenza e perché lo Stato ritrovi il suo ruolo di guida del mercato.
Si sa che il nostro Paese vive di paradossi. Tra questi vi è sicuramente quello che riguarda il ruolo e il valore della progettazione. In ogni Paese al mondo per la progettazione passa inevitabilmente una minore o maggiore qualità del costruire e di conseguenza della vita dei cittadini. Una cattiva, o peggio ancora, una scarsa considerazione del valore della progettazione determina una progressiva dequalificazione del costruito: edifici pubblici, infrastrutture, ma anche l’insieme dell’edilizia privata. Di questo c’è generale consapevolezza eppure sono decenni che in Italia la progettazione non è solo “cenerentola”, ma serva strumentale di processi che con la qualità del costruire e con l’interesse pubblico hanno ben poco a che fare. Leopoldo Freyrie lo definisce un sistema finalizzato a creare le condizioni per “business impropri”. “Dopo anni di declino progettuale, con il Codice degli appalti attualmente in vigore si è dato il colpo di grazia alla progettazione, completando un processo di svuotamento della sua stessa funzione che è appunto quella di garantire la qualità delle opere che si vogliono realizzare. Con il Codice degli appalti si è costruito un complesso di regole e di norme che hanno relegato la progettazione a un fattore secondario, legittimando anche dal punto di vista normativo quanto avvenuto nella sostanza e nella quotidianità. Si è sancita la fine della progettazione svuotandola sul piano delle professionalità, definendo un modello procedurale basato sulla confusione dei ruoli anche attraverso un trasferimento nefasto delle competenze da un soggetto ad un altro, dal progettista all’impresa. Attraverso una scelta che ha messo al centro del processo la logica del prezzo più basso, l’azzeramento dei concorsi, la totale incertezza dei tempi. Un meccanismo che invece di premiare chi sapeva e sapeva fare, ha di fatto premiato l’incompetenza. Con un solo risultato: la morte della qualità”. Per Freyrie il Codice costituisce l’ultimo atto di un percorso che ha la sua origine negli anni Novanta e in quella cultura provinciale italiana che da un lato sui grandi progetti ha inseguito le archistar e dall’altro ha abbandonato ogni attenzione e cura rispetto alle centinaia di opere che determinano di fatto la qualità della vita quotidiana di ognuno di noi e incidono profondamente sulla capacità competitiva del nostro sistema economico e produttivo. “Il boom delle archistar, se ha fatto sì che oggi possiamo disporre di segni architettonici riconoscibili, di opere della modernità, ha tuttavia favorito procedure e meccanismi di selezione che hanno portato a una vera e propria schizofrenia della progettazione. Poche opere straordinarie e una marea di opere di bassissima qualità trasformate appunto in opportunità di business sulla pelle dei cittadini e dei contribuenti. Come dire, una bella copertina e dentro nulla o peggio. Nel segno delle varianti e degli sprechi di risorse, favorendo contenziosi e non ultima la corruzione”.
Il fatto positivo è che finalmente oggi questa realtà è stata riconosciuta e si è avviato un processo di cambiamento volto a rivedere profondamente il quadro delle regole. “La nuova legge sugli appalti pubblici, attualmente in via di definizione, dovrebbe avviare finalmente un processo contrario riportando al centro delle regole la qualità e la qualificazione degli operatori. Il nuovo Codice non può non prestare la massima attenzione alla questione delle competenze, sia avviando un processo all’interno delle amministrazioni pubbliche, sia riportando al centro la logica dei concorsi attingendo dalle professionalità offerte dai privati. È evidente che ciò deve coincidere con una rinnovata politica a sostegno delle opere pubbliche, il che significa risorse adeguate, ovvero strumenti in grado di sostenere una progettazione più qualificata. Oggi il mercato dei lavori pubblici rappresenta poco più dell’8% del mercato delle costruzioni. La scarsità di risorse ha determinato il ricorso sempre maggiore a modelli privatistici che oggi debbono comunque essere normati, in quanto di chiara rilevanza pubblica. È venuto il momento che lo Stato ritrovi il suo ruolo di guida del mercato delle opere pubbliche superando le criticità connesse al Patto di stabilità interno che ha ucciso i fondi per la progettazione, in quanto considerati debito nei bilanci degli enti locali. Con l’effetto drammatico di togliere risorse essenziali per consentire una qualità progettuale delle opere. Oggi questa strada va ripresa. Il ripristino del fondo di rotazione per la progettazione, avviato nell’ambito della messa in sicurezza del territorio per ridurre il rischio idrogeologico, costituisce la strada giusta per invertire questo trend negativo. Non va infatti dimenticato che una delle principali cause della incapacità del nostro Paese di utilizzare pienamente le risorse che provengono dai fondi europei riguarda proprio la scarsa qualità e capacità progettuale”.
Leopoldo Freyrie è dal 2011 presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (Cnapp), è stato presidente del Consiglio degli architetti d'Europa ed è tra i fondatori del Forum europeo per le politiche architettoniche.
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