Verso una Legge per l’architettura? Intervista a Giuseppe Cappochin
Lo scorso luglio, l’Auditorium Parco della Musica di Roma ha accolto l’VIII Congresso nazionale architetti, a dieci anni dalla precedente esperienza. Sulle “sfide” della professione, dalla ricostruzione post-sisma al consumo di suolo fino alla Legge per l’architettura, abbiamo sollecitato il Presidente del Consiglio Nazionale
L’imperativo per tutti gli architetti a partire da questo Congresso è esprimere pubblicamente la propria cultura…
La nostra tre giorni congressuale è stata la sintesi della fondamentale attività propedeutica rappresentata da un viaggio di raccolta di esigenze e di contributi al quale hanno partecipato, insieme al Consiglio Nazionale, tutti gli Ordini territoriali italiani. Nelle 14 tappe di avvicinamento al Congresso gli oltre 6mila architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori che hanno partecipato a questo viaggio hanno mostrato di far parte di una comunità pronta a mettere a disposizione del Paese, oltre al grande potenziale umano e professionale, idee e progetti. Una comunità che ha compiuto una grande operazione di conoscenza, per incastrare, come pezzi di un puzzle, i contenuti e i caratteri di politiche differenziate per grandi coordinate progettuali e contribuire ad indicare cosa sia oggi, in Italia, prioritario. Nella consapevolezza della necessità di dover anche verificare – come stiamo facendo e come continueremo a fare – l’adeguatezza delle nostre strutture professionali, incentivando l’innovazione, per crescere culturalmente e professionalmente, e per fornire, con tutta la filiera delle costruzioni, il nostro contributo all’incremento dell’efficienza dei processi di investimento nelle città e nei territori e, conseguentemente, dei tempi, dei rischi e dei costi.
A fronte di una richiesta precisa e univoca emersa dal Congresso – la Legge per l’Architettura – il Governo in carica, nella figura del Ministro Bonisoli, ha evidenziato come la stessa non sia al momento contemplata nell’azione del suo dicastero. Come commenta questa posizione? Qual è la sua posizione in merito “all’alternativa” proposta, le cosiddette “linee guida”, da interpretare come base per un possibile iter legislativo?
Il Ministro Bonisoli si è fatto carico di definire norme sotto forma di linee guida – per consentire tempi rapidi per la loro predisposizione – a favore della promozione della qualità dell’architettura. Le linee guida, quindi, non sono affatto una alternativa alla Legge per l’architettura, ma un primo passo, attraverso un approccio rapido e pragmatico, verso il riconoscimento del valore di pubblico interesse dell’architettura e del paesaggio in quanto basilari nella definizione della qualità della vita urbana, nonché per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese. Per gli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori italiani la richiesta di una Legge per l’architettura è complementare a quella per la realizzazione di un “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”, finalizzato ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Se così non fosse la nostra sarebbe una mera richiesta corporativa, cosa questa lontana dal nostro modo di essere e dallo spirito del recente Congresso.
“L’inadeguatezza della strumentazione urbanistica vigente”; “il peso opprimente della rendita fondiaria nell’economia urbana”; “una perdurante crisi del mercato immobiliare” sono alcune delle questioni messe in evidenza nel Manifesto. Ad esse si aggiungono i dati diffusi dal recente Rapporto ISPRA, in merito al consumo del suolo: allarmanti, anche in relazione alla “cementificazione” di aree a rischio o protette, con il Parco dei Monti Sibillini, nel cratere sismico del Centro Italia, a detenere la “maglia nera” a livello nazionale. Dovremmo considerarli un ulteriore “monito”, affinché si possa davvero lavorare sul Piano d’Azione Nazionale che citava?
Non c’è dubbio che lo siano. Il nostro Paese ha bisogno di una politica pubblica per le città e per i territori che deve diventare prioritaria in una stagione come quella che stiamo vivendo che richiede una grande capacità di pianificazione, di progettazione, di risposte concrete, di investimenti strutturali e non straordinari elargiti a pioggia, ma anche di nuovi punti di vista. Noi sosteniamo da tempo, ad esempio, la questione del consumo che non si ottiene con norme ragionieristiche quali l’art. 3 del disegno di legge approvato in prima lettura alla Camera, che assegna allo Stato la quantificazione dell’estensione massima di superficie agricola consumabile a livello nazionale, alla Conferenza Unificata Stato-Regioni i criteri di ripartizione tra le Regioni, a quest’ultime la ripartizione tra tutti i Comuni della Regione e, infine, ai Comuni il compito di adeguare i propri Piani Regolatori. Si ottiene, invece, con una efficace Agenda Urbana, finalizzata a questo scopo, partendo dal presupposto che rigenerare è molto più oneroso che costruire sul nuovo e che è quindi indispensabile ribaltare il sistema delle convenienze che tuttora privilegia l’edificazione su terreni vergini, piuttosto che la rigenerazione degli ambiti urbani degradati.
A due anni dal sisma del Centro Italia, il decreto terremoto è diventato legge (il 19 luglio scorso, N.d.R). Cosa ne pensa di questo strumento? Quali effetti potrà produrre nei territori interessati?
La questione non è il decreto terremoto in sé, che rappresenta un mero palliativo di circostanza. Serve dotarsi di politiche serie per diffondere la consapevolezza del rischio e la cultura della prevenzione compreso, ovviamente, il contrasto all’abusivismo conclamato. Credo che gli effetti del decreto sui territori saranno scarsi. Non è certo il decreto che può sbloccare la ricostruzione in aree comprese per la maggior parte nel sistema delle aree interne e che quindi si trovano in condizioni di debolezza non solo strutturale – se pensiamo al sistema delle infrastrutture e servizi – ma soprattutto del tessuto socio-economico. Quando si affrontano la gestione dell’emergenza e soprattutto i processi della ricostruzione significa che parliamo di vittime e macerie e che, di conseguenza, il Paese e la nostra società hanno già perso. Gli eventi calamitosi si susseguono in modo sempre più ravvicinato e devastante negli ultimi 20 anni: in scenari emergenziali e catastrofici non è possibile applicare norme e procedure ordinarie adattate da decreti ed ordinanze. La nostra richiesta è quella di avere una legge-quadro per i processi della ricostruzione a seguito di eventi calamitosi.
Quando, a suo avviso, la figura dell’architetto ha iniziato a perdere la centralità che lei era propria fino alla prima metà del Novecento, con il risultato di una progressiva perdita di rilievo a favore di altri soggetti? Molto interessante, in questa ottica – e in controtendenza rispetto al “sentire comune” – sono i dati dell’indagine IULM, presentati durante in Congresso. Migliorare anche la “percezione collettiva” dell’architetto, potrà contribuire a “ridimensionare l’attrattività” dei paesi esteri presso i giovani architetti italiani?
Credo, come sottolinea l’indagine condotta dal Professor Mario Abis, che, soprattutto negli anni passati, l’onnipresenza delle archistar, ed alcune delle loro opere, abbiano contributo alla percezione dell’architetto come una figura lontana dalle comunità e dai loro bisogni. Ora però stiamo assistendo ad una inversione di tendenza se l’80% degli intervistati apprezza la figura dell’architetto e vive l’architettura come manifestazione del nuovo, del futuro e della innovazione, come artefice sociale delle città. Quanto ai giovani professionisti, per limitare le fughe all’estero, riteniamo indispensabile, ed è una delle richieste forti del Congresso, che anche nel nostro Paese i progetti delle opere pubbliche vengano assegnati, non più sulla scorta del fatturato degli studi, ma attraverso concorsi di progettazione in due gradi e aperti – in quanto unica modalità che risponde ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e che permette di selezionare il progetto migliore.
Valentina Silvestrini - artribune.com
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