Il Tar Sicilia, con la sentenza 2446/2020, spiega quando un roof garden realizzato su lastrico solare è di pertinenza dell'edificio principale e quando è da considerarsi una nuova costruzione, specificando anche di quali permessi necessità.

Roof Garden
Il caso in esame coinvolge il proprietario di un albergo, il quale aveva realizzato un roof garden sul lastrico solare autorizzato dalla Soprintendenza. A termine dei lavori, il Comune ha condotto un sopralluogo dove ha rilevato difformità tra la struttura realizzata e quella autorizzata, ordinando dunque la demolizione delle opere.

Il proprietario dell'albergo ha dunque presentato ricordo sostenendo che la struttura realizzata fosse classificata come intervento minore e di pertinenza dell'albergo, poiché di volumetria inferiore al 20% del volume dell'edificio principale. Per tali motivi dunque non ritiene fosse necessario presentare un permesso di costruire, ma che fosse sufficiente una SCIA.

A tale proposito i giudici del Tar hanno ricordato che, come definito dall'articolo 3 del Testo Unico, le pertinenze che comportino un volume fino al 20% del volume dell'edificio principale o che non siano qualificate come nuove costruzioni dagli strumenti urbanistici, non sono soggette al previo rilascio del permesso di costruire. Tuttavia. I giudici rammentano anche che il concetto di pertinenza civilistico e quello urbanistico/edilizio sono da tenere distinti. Infatti gli interventi che, pur risultando secondari a quello principale, se incidono evidentemente sull'assetto edilizio, determinando dunque un aumento del carico urbanistico, sono soggetti a permesso di costruire. Quindi, per essere classificata come pertinenza, non è sufficiente che l’opera sia posta a servizio dell’edificio principale, ma deve essere priva di una autonoma destinazione e utilizzazione.

Nel caso in esame, il roof garden andava ad ospitare un ristorante che poteva essere usato in modo autonomo rispetto all'albergo, facendo decadere dunque la classificazione come pertinenza della struttura principale. Inoltre, essendosi la Soprintendenza espressa su un progetto non corrispondente alla realtà, andava a decadere anche l'effettiva autorizzazione. Per tali motivi i giudici del Tar Sicilia hanno confermato l'ordine di demolizione.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

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Pergotende

Il Tar Umbria con la sentenza 310/2020 spiega le differenze tra un intervento di edilizia libera e uno che crea una trasformazione permanente.
Difatti l’installazione di una pergotenda retrattile è un intervento di edilizia libera, ma in certi casi può richiedere il permesso di costruire. Il caso riguarda un contenzioso tra il gestore di un ristorante e il Comune per l’installazione di una pergotenda retrattile installata nel terrazzo di pertinenza del ristorante.

Il gestore sosteneva che l'installazione rientrasse negli interventi di edilizia libera e che non richiedeva alcun titolo abilitativo. Al contrario il Comune, sosteneva che tale installazione portava alla creazione di un nuovo locale, con impatto volumetrico, incidente in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio. Di conseguenza tale intervento richiedeva il permesso di costruire.

Sulla base di ciò il Comune aveva ordinato la rimozione della pergotenda e il ripristino dello stato dei luoghi.

I giudici hanno dunque accertato che la pergotenda era stata realizzata ad unica falda, con altezze variabili da circa 3,10 metri in gronda ai circa 3,85 metri al colmo. Inoltre, si evince che i tre lati verticali liberi erano inoltre stati coperti con teli in pvc retrattili, sorretti da una struttura in acciaio e alluminio ancorata tramite staffe al solaio ed agli elementi verticali in muratura perimetrali del terrazzo. La creazione del nuovo locale è determinato dall'installazione di due porte d'uscita di sicurezza con maniglione antipanico, impianto di illuminazione tramite piantane e di condizionamento tramite splitter.

Nel contenzioso, il Tar Umbria ha giudicato tali interventi incompatibili con l'attività di edilizia libera. Dopo aver accertato l’utilizzo non precario e stagionale della struttura quindi, il Tar ha dato ragione al Comune e respinto il ricorso del gestore contro l’ordine di demolizione.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

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TettoiaIl TAR Campania-Napoli fornisce chiarimenti sulle condizioni che determinano la necessità del permesso di costruire per l’installazione di una tettoia, attribuendo particolare rilevanza alle dimensioni della stessa.

Nella fattispecie la ricorrente impugnava l’ordinanza di demolizione, intimata ai sensi dell’art. 27 D.P.R. 380/2001, di alcune opere costruite in assenza di titolo edilizio. Nel dettaglio si trattava di un manufatto con struttura portante in ferro dell’estensione di circa 80 mq poggiato su una piattaforma di calcestruzzo e di un’adiacente tettoia di 20 mq. La ricorrente sosteneva, per quanto riguarda la tettoia, che si trattasse di opera pertinenziale rientrante nel regime dell’attività edilizia libera.

Posto che il manufatto costituiva senz’altro una “nuova costruzione” ai sensi dell’art. 3, D.P.R. 380/2001, e come tale integrava l’abuso edilizio, il TAR Campania-Napoli 04/05/2020, n. 1623 ha confermato anche l’abusività della tettoia, ritenendola soggetta al permesso di costruire.

In proposito i giudici amministrativi hanno richiamato alcuni precedenti del Consiglio di stato secondo i quali:

- non è possibile affermare in assoluto che la tettoia richiede, o non richiede, il permesso di costruire e assoggettarla, o non assoggettarla, alla relativa sanzione senza considerare come essa sia stata realizzata. Ed infatti a tal fine è necessario verificare nello specifico se essa possa rientrare nell’attività edilizia libera quale “elemento di arredo delle aree pertinenziali degli edifici” ai sensi dell’art. 6, D.P.R. 380/2001, lett. e-quinquies (nel testo novellato dall’art. 3, D. Leg.vo 25/11/2016, n. 222, comma 1, lett. b), n. 3) o se, invece, essa sia una "nuova costruzione" ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. e), assoggettata, come tale, al regime del permesso di costruire (C. Stato 09/10/2018, n. 5781);

- la natura pertinenziale va riconosciuta alle sole opere che, per loro natura, risultino funzionalmente ed esclusivamente inserite al servizio di un manufatto principale, siano prive di autonomo valore di mercato e non siano valutabili in termini di cubatura (o comunque dotate di volume minimo e trascurabile), in modo da non poter essere utilizzate autonomamente e separatamente dal manufatto cui accedono. La nozione di “pertinenza urbanistica”, infatti, è meno ampia di quella definita dall'art. 817, Cod. civ. e dunque non può consentire la realizzazione di opere di grande consistenza soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato principale (C. Stato 06/02/2019, n. 904; C. Stato17/05/2010, n. 3127).

Ne deriva in particolare che gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture analoghe che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell'immobile cui accedono.
Viceversa tali strutture necessitano del permesso di costruire quando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio e alle parti dello stesso su cui vengono inserite o, comunque, una durevole trasformazione del territorio con correlativo aumento del carico urbanistico.

Sulla base di tali considerazioni il TAR ha ritenuto che, data l’”ampia estensione” (20 mq) della tettoia che comportava una rilevante alterazione della sagoma dell’edificio, nel caso di specie fossero presenti i caratteri di una nuova costruzione da assoggettare al permesso di costruire.

Infine il TAR ha aggiunto che comunque la tettoia doveva considerarsi illegittima in quanto accessoria a un manufatto del tutto abusivo.

Sulla nozione di tettoia ai fini della necessità del permesso di costruire si veda anche la Nota: Chiarimenti sulla nozione di tettoia “aperta” o “chiusa” e titoli abilitativi necessari e la Nota: Realizzazione di una tettoia o pensilina e qualificazione come pertinenza.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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RistrutturazioneLa Corte Costituzionale chiarisce i limiti entro i quali è possibile effettuare un intervento di ristrutturazione soggetta a SCIA mediante demolizione e ricostruzione del fabbricato.

La Corte costituzionale, con la sentenza 24/04/2020, n. 70, nel dichiarare costituzionalmente illegittime le disposizioni della Regione Puglia sul “piano casa” che consentivano la realizzazione di interventi edilizi di demolizione e ricostruzione anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all’interno dell’area di pertinenza, ha chiarito gli attuali limiti della c.d. “ristrutturazione ricostruttiva” soggetta a Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

RISTRUTTURAZIONE RICOSTRUTTIVA DOPO IL D.L. SBLOCCA CANTIERI
La Corte Costituzionale ha ricordato i vari interventi a livello statale che hanno via via modificato le norme in materia del D.P.R. 380/2001, evidenziando che gli stessi avevano progressivamente allargato l’ambito degli interventi di ristrutturazione, consentendo di derogare all’identità di volumetria in caso di ricostruzioni volte alla riqualificazione edilizia e imponendo il rispetto della sagoma solo per immobili vincolati.

Questa tendenza però si è arrestata nel 2019, con il D.L. 32/2019 (cosiddetto decreto “sblocca cantieri”), che ha inserito il comma 1-ter all’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 secondo il quale “in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo”.

Secondo la Corte, tale norma:
- detta una regola unitaria, valevole sull’intero territorio nazionale, diretta da un lato a favorire la rigenerazione urbana e, dall’altro, a rispettare l’assetto urbanistico impedendo ulteriore consumo di suolo;
- impone per la ristrutturazione ricostruttiva, il generalizzato limite volumetrico (a prescindere, dunque, dalla finalità di riqualificazione edilizia) e il vincolo dell’area di sedime.

Allo stato attuale, quindi, la ristrutturazione ricostruttiva, autorizzabile mediante segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), è ammissibile purché siano rispettati i volumi, l’area di sedime del manufatto originario e, per gli immobili vincolati, la sagoma.

Ne consegue che le Regioni non possono qualificare come intervento di ristrutturazione ricostruttiva assoggettato a SCIA interventi che determinano una modifica della volumetria e dell’area di sedime.

NORME SUL PIANO CASA
Sulla base di tali premesse non può sostenersi che l’intervenuta modifica normativa statale non incida sulla legislazione regionale attuativa del “piano casa”, considerata disciplina speciale rispetto alla normativa generale prevista dal legislatore nazionale. Il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 stabilisce infatti che i limiti volumetrici e di sedime si applichino in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, così esprimendo una ratio univoca, volta a superare tutte le disposizioni (anche regionali), in materia di SCIA, incompatibili con i nuovi vincoli.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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EdiliziaCon la conversione in legge del D.L. 18/2020 sono introdotte importanti indicazioni sui termini di validità di permessi di costruire, SCIA e Segnalazioni certificate di agibilità, autorizzazioni paesaggistiche, termini di inizio e fine lavori, convenzioni di lottizzazione, ecc.

Il Senato ha approvato la conversione in legge del D.L. 17/03/2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”), che ora è in attesa di ratifica finale da parte della Camera.

L’art. 103 del D.L. 18/2020 - che è stato a sua volta modificato dall’art. 37 del D.L. 23/2020 - reca disposizioni in merito alla sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi, dei termini di validità di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi, dei termini dei procedimenti disciplinari e dei procedimenti di sfratto. (si vedano in proposito: Sospensione termini procedimenti amministrativi per emergenza Covid-19: interpretazioni, chiarimenti ed esempi; Sospensione termini procedimenti amministrativi per emergenza Covid-19: proroga al 15 maggio).

Nell’ambito della conversione in legge del provvedimento, sono stati introdotti all’art. 103 del D.L. 18/2020, nuove importanti disposizioni concernenti i procedimenti abilitativi in edilizia (quali permessi di costruire, SCIA, Segnalazioni certificate di agibilità), i relativi termini di inizio e fine lavori, nonché procedimenti anche non edilizi quali autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate.
Di seguito i dettagli, per saperne di più iscriviti anche al nostro Webinar gratuito del 21 aprile
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Termini di validità e decadenza permesso di costruire. I termini di inizio e di ultimazione dei lavori per l’efficacia temporale e la decadenza del permesso di costruire, di cui all’art. 15 del D.P.R: 380/2001, in scadenza tra il 31/01/2020 e il 31/07/2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (al momento fissato al 31/07/2020).

SCIA e Segnalazioni certificate di agibilità. I termini concernenti le SCIA edilizie e le Segnalazioni certificate di agibilità, in scadenza tra il 31/01/2020 e il 31/07/2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (al momento fissato al 31/07/2020).

Autorizzazioni paesaggistiche ed ambientali. I termini autorizzazioni paesaggistiche ed ambientali, in scadenza tra il 31/01/2020 e il 31/07/2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (al momento fissato al 31/07/2020).

Ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati. Il medesimo termine di cui sopra si applica anche al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

Convenzioni di lottizzazione. I termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. 1150/1942, ovvero dagli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché i termini dei relativi piani attuativi e di qualunque altro atto ad essi propedeutico, in scadenza tra il 31/01/2020 e il 31/07/2020, sono prorogati di novanta giorni.

Altre tipologie di convenzioni e termini diversi. La disposizione di cui sopra si applica anche ai diversi termini delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. 1150/1942, oppure degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale nonché dei relativi piani attuativi che hanno usufruito della proroga di cui all’art. 30 del D.L. 69/2019, comma 3-bis.

Contratti tra privati aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori edilizi. Nei contratti tra privati, in corso di validità dal il 31/01/2020 e fino al 31/07/2020, aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura, i termini di inizio e fine lavori si intendono prorogati per un periodo di novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (al momento fissato al 31/07/2020). In deroga ad ogni diversa previsione contrattuale, il committente è tenuto al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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DemolizioneLa Corte di Cassazione ha ribadito che la mera proposizione di un ricorso in sede amministrativa non consente di sospendere l'ordine di demolizione, il quale può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con esso.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva respinto l'istanza diretta ad ottenere la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo (già oggetto di richiesta di condono), seguito ad una sentenza definitiva della Pretura di Marcianise.

La Sent. C. Cass. pen. 12/02/2020, n. 5540, ha ribadito in proposito che la mera proposizione di un ricorso in sede amministrativa non consente, di sospendere l'ordine di demolizione. Infatti, per la sospensione deve sussistere una concreta attualità e una prognosi rapida e favorevole di accoglimento e di incompatibilità (della soluzione amministrativa) con l'ordine di demolizione.

L'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione.

La Suprema Corte ha pertanto respinto il ricorso rilevando inoltre che la domanda di condono risultava presentata dopo la scadenza dei 90 giorni dalle ingiunzioni alla demolizione del Comune, che hanno di diritto comportato l'acquisizione al patrimonio del Comune del bene immobile abusivo non demolito nei termini. Mancava, conseguentemente, qualsiasi interesse alla definizione della demolizione per un bene non più di proprietà dei ricorrente in quanto acquisito al patrimonio del Comune.

 

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VerandaIl Consiglio di Stato ha ritenuto che una veranda attrezzata esterna, stabilmente destinata ad estensione del locale interno in ogni periodo dell’anno, a causa della sua consistenza e funzione comporta una rilevante trasformazione edilizia del territorio. Pertanto deve essere qualificata come nuova opera e necessita del permesso di costruire.

FATTISPECIE
Il Comune di Treviolo (BG) aveva intimato al ricorrente, ai sensi dell’art. 31, del D.P.R. 380/2001, la demolizione del manufatto antistante il suo immobile adibito ad enoteca con servizio di ristorazione, ove erano collocati tavolini e sedie utilizzati per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto realizzato in assenza di titolo edilizio (permesso di costruire).

Il manufatto abusivo è descritto dall’amministrazione come “una struttura autonoma che costituisce, delimita e arreda uno spazio per il ristoro all’aperto, annesso al locale di pubblico esercizio di somministrazione insediato in sede fissa […] adibita a dehors permanente semichiuso, realizzato con elementi in legno (montanti, travi e travetti), avente dimensioni esterne di m 13,55 X 8,60 (superficie lorda mq 116,53). La struttura si regge su n. 12 montanti in legno 12 X 12 annegati in n. 10 botti riempite di calcestruzzo (…) ed è riparata dagli agenti atmosferici con telo plastificato affrancato ai travetti mediante legacci. L’ambiente è munito di impianto elettrico per alimentare ventilatori, lampade scaldanti, impianto di diffusione stereofonica; il pavimento è costituito da lastre di legno composite, sostenute e livellate da graticci. In definitiva la struttura è semichiusa lateralmente da tende in tessuto e tende saliscendi plastificate a delimitazione dell’ambito, poggia su suolo pavimentato, non è ancorata, ma ha caratteri di solidità”. Tale manufatto risultava inoltre mantenuto in loco e utilizzato da più di 7 anni.

Il ricorrente, aveva contestato la legittimità dell’ordinanza di demolizione del manufatto e del successivo diniego di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, in quanto sosteneva che: il dehors non era una struttura autonoma e utilizzabile indipendentemente rispetto all’enoteca; non aveva carattere permanente, poiché facilmente amovibile; non era munito di solaio ma solo di un telo per il riparo degli avventori dalle intemperie, non era chiuso su tutti i lati ed era privo di riscaldamento.

PRINCIPI DI DIRITTO
In proposito, la Sent. TAR. Lombardia Brescia 18/11/2019, n. 990 ha precisato che:
- l’asserita "facile amovibilità" nonché la mancanza di impianto di riscaldamento non costituiscono elementi idonei a conferire al dehors le caratteristiche di un'opera precaria, se tale struttura non ha un utilizzo contingente e limitato nel tempo, ma è destinata a soddisfare bisogni duraturi e non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione;
- va esclusa, inoltre, l’asserita valenza puramente pertinenziale del manufatto, in relazione al suo stretto collegamento con l’edificio principale, se, per il suo impatto volumetrico, la veranda attrezzata incide significativamente e in modo permanente sull'assetto edilizio dell’edificio, del quale amplia la superficie e la volumetria utile.

CONCLUSIONI
Il Tribunale ha quindi concluso che il ricorrente aveva creato un autonomo organismo edilizio di rilevanti dimensioni, stabilmente destinato ad estensione del locale interno in ogni periodo dell’anno; il quale pertanto, a causa della sua consistenza e funzione, deve essere qualificato come nuova opera, comportando una rilevante trasformazione edilizia del territorio.



Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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PiscinaIl Consiglio di Stato ha chiarito che appare erroneo attribuire un valore esclusivo ed autonomo alla realizzazione di una piscina e al suo collocamento all'interno di un compendio, quando l’impatto del manufatto deve essere considerato nel contesto complessivo delle opere autorizzate dal permesso di costruire.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, il Comune di Genova aveva ordinato la demolizione di alcune opere e precisato, tra l’altro, che la piscina e i relativi locali accessori configuravano opere in totale difformità dal titolo edilizio in quanto realizzati su area diversa rispetto a quella rappresentata in progetto e con dimensioni diverse.
Il TAR precisava poi che la diversa localizzazione del manufatto e le sue maggiori dimensioni erano sufficienti a configurare la realizzazione di opere in totale difformità che, in quanto tali, rendevano doverosa l’applicazione della sanzione demolitoria.

La ricorrente sosteneva invece che la localizzazione della piscina realizzata in prossimità della localizzazione progettuale originaria doveva essere considerata in un contesto complessivo, visto che l’oggetto del permesso di costruire era tutto il parco di una villa monumentale e la sistemazione delle aree interne, rispetto alle quali la piscina e la sua positura all’interno del compendio costituivano elementi pertinenziali di minor rilevanza.

PRINCIPI DI DIRITTO E CONCLUSIONI
Il Consiglio di Stato, con la Sent. C. Stato 01/10/2019, n. 6576, ha precisato che in una ottica di proporzionalità o normalità, che è sempre presente nella valutazione giurisdizionale sulla natura pertinenziale delle opere, appare erroneo attribuire un valore esclusivo ed autonomo alla realizzazione della piscina e al suo collocamento all’interno del compendio, quando complessivamente l’impatto del manufatto deve essere mediato con la considerazione complessiva delle opere autorizzate dal permesso di costruire.

Pertanto, la natura pertinenziale di una piscina, collocata in una proprietà privata e posta al servizio esclusivo della stessa, determina l’inapplicabilità della regola demolitoria valevole per le variazioni essenziali, dovendo invece imporre una considerazione in concreto della procedura da adottare, una volta assodata la reale natura delle opere.

 


Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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PorticatoIl Consiglio di Stato ha affermato che La realizzazione di un porticato non può considerarsi attività attratta alla natura pertinenziale dell’opera, pertanto necessita di un apposito permesso di costruire per la sua costruzione.

Nel caso di specie, da sopralluoghi effettuati nell'area di proprietà del ricorrente in Forio d'Ischia emergeva la realizzazione di numerose opere edilizie in difformità dal titolo originario, tra le quali dei porticati antistanti delle strutture esistenti.

In proposito, la Sent. C. Stato 14/05/2019, n. 3133, ha ribadito che la realizzazione di un porticato non può considerarsi attività attratta alla natura pertinenziale dell’opera, necessita dunque di un apposito permesso di costruire per la sua costruzione.

Inoltre, il Consiglio di Stato si è uniformato alla costante giurisprudenza in materia, affermando che la prova circa l'epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza è nella disponibilità dell'interessato, e non dell'amministrazione, dato che solo l'interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'addotta sanabilità del manufatto.
Pertanto, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, l'amministrazione ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge.

 

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
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Distanza minima tra paretiIl Consiglio di Stato, con la pronuncia del 23/05/2019, n. 3367, fa il punto su tutte le questioni applicative concernenti la distanza minima tra pareti finestrate prevista dal D.M. 1444/1968.


In proposito si ricorda che l’art. 9 del D. Min. LL.PP. 02/04/1968, n. 1444, nell’ottica di tutelare imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, prescrive le distanze da osservare nelle ipotesi di ristrutturazione e costruzione di nuovi edifici, prevedendo altresì una specifica disciplina per gli stabili ricadenti nei centri o agglomerati storici.
In particolare, l’art. 9 del D. Min. LL.PP. 1444/1968, al punto 2), prescrive per le nuove costruzioni ricadenti in zone diverse dalla zona territoriale omogenea A (quindi in zona diversa dal centro storico) l’obbligo di osservare una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate ed edifici antistanti.
C. Stato 23/05/2019, n. 3367 ha affrontato diverse questioni applicative della norma sopra descritta,
SCOPO DELLA NORMA E SUA APPLICAZIONE INDEROGABILE - La norma è volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e di conseguenza va applicata in via inderogabile, non essendo neanche concesso al giudice di valutare un eventuale equo contemperamento degli opposti interessi delle parti.
COME CALCOLARE LE DISTANZE - La distanza di 10 metri va calcolata:
- con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano;
- con riferimento a tutte le pareti finestrate e non soltanto a quella principale;
- prescindendo dal fatto che le pareti frontistanti siano o meno in posizione parallela;
- indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia preesistente o di un nuovo edificio da realizzarsi;
- indipendentemente dalla circostanza che le pareti si trovino alla medesima o a diversa altezza l'un l'altra.
RAPPORTO CON I REGOLAMENTI COMUNALI - La norma in discussione prevale sia sulla potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze, sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei Comuni, in quanto deriva da una fonte normativa statale sovraordinata, sia infine sull’autonomia negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che non sono nella disponibilità delle parti.
NOZIONE DI "NUOVA COSTRUZIONE" - per nuova costruzione si deve intendere non solo la realizzazione di un fabbricato completamente nuovo, ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l'aumento della sagoma d’ingombro. Anche la sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione.

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
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