Umbria: prorogata la scadenza dell’Avviso energia 2019
Domande fino al 24/03/2020. La proroga della scadenza del bando per l'efficientamento energetico della Regione Umbria è stata disposta per favorire l'accesso delle imprese ai benefici.
L’Avviso energia 2019 incentiva gli interventi finalizzati alla riduzione dei consumi elettrici e termici, attraverso l'utilizzo di tecnologie a basso consumo, ad alta efficienza e all'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili.
Con la proroga, disposta per favorire l’accesso delle imprese ai benefici per l’efficientamento energetico, le domande potranno essere inviate fino alle 12:00 del 24/03/2020, rispetto all’originario termine di scadenza fissato alla stessa ora del 27/02/2020.
La misura è rivolta alle piccole, medie e grandi imprese extra-agricole con tassi di contribuzione che vanno dal 30 al 50% dei costi ammissibili, in relazione alla dimensione delle imprese.
La dotazione finanziaria del bando è pari a 3 milioni di euro e prevede una riserva specifica di risorse, pari a 1 milione di euro, destinata agli investimenti delle imprese ubicate nei Comuni ricompresi nell’area di crisi complessa Terni-Narni.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Coefficiente di rivalutazione tariffe SOA per il 2020
L'ANAC, con il Comunicato del Presidente in data 19/02/2020, ha reso noto il coefficiente di aggiornamento delle tariffe SOA per il 2020 (rif. Allegato C al D.P.R. 207/2010).
Con riferimento all'aggiornamento della tariffa applicata dalle SOA per l’esercizio dell’attività di attestazione prevista dall'Allegato C al DPR n. 207/2010, per l’anno 2020, il valore del coefficiente di rivalutazione R della formula contenuta nell'Allegato C al D.P.R. n. 207/2010, è pari a 1,310.
Si rammenta che - essendo tutt'ora vigente il Titolo III della Parte II del D.P.R. 207/2010 concernente il sistema di qualidficazione ed i requisiti per i soggetti esecutori di lavori pubblici (artt. da 60 a 96 del D.P.R. 207/2010) - è da considerarsi vigente anche l'Allegato C del medesimo D.P.R. 207/2010, richiamato da tali articoli, come previsto dall'art. 217 del D. Leg.vo 50/2016.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Abruzzo: proroghe per il recupero dei sottotetti e Piano Casa fino al 2022
Recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti alla data del 31/12/2019 e Piano Casa fino al 31/12/2022. Queste le misure adottate con la L.R. Abruzzo n. 3 del 2020 (Legge di stabilità regionale 2020).
La L.R. Abruzzo 28/01/2020, n. 3 recante “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2020)”, in vigore dal 01/01/2020, è stata pubblicata nel B.U.R.A. 31/01/2020, n. 10 Spec.
In particolare, la legge all’art. 10 rubricato (Modifica di disposizioni legislative regionali in materia urbanistica) contiene importanti proroghe in materia edilizia e urbanistica inerenti al recupero dei sottotetti e al Piano Casa.
RECUPERO SOTTOTETTI
La legge di stabilità per il 2020 modifica la L.R. Abruzzo 18/04/2011, n. 10 (Norme sull’attività edilizia nella Regione Abruzzo) dove all’articolo 1 viene disciplinato il recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti. Tra le modifiche approvate all’articolo 1 si segnalano quelle relative ai seguenti commi:
- comma 1: le parole “di entrata in vigore della presente legge” sono sostituite con “del 31/12/2019”. Il comma, quindi, risulta così modificato: “1. La Regione Abruzzo promuove il recupero ai fini residenziali dei sottotetti con l’obiettivo di razionalizzare e contenere il consumo del territorio. È consentito il recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti alla data del 31/12/2019 previo rilascio del titolo edilizio abitativo”;
- comma 3: le parole “per i fabbricati esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge” sono abrogate, pertanto il comma è così modificato: “3. Il recupero ai fini residenziali dei sottotetti è consentito alle seguenti condizioni:”;
- comma 4-bis: comma inserito che così recita: “4-bis. Il recupero abitativo dei sottotetti esistenti alla data di cui al comma 1 è consentito anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti.”.
Viene, inoltre, abrogato l’articolo 85 della L.R. Abruzzo 26/04/2004, n. 15 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo - Legge finanziaria regionale 2004) rubricato “Norme in materia di recupero abitativo dei sottotetti”.
PIANO CASA
Per quanto riguarda il c.d. Piano Casa, si segnala la modifica al comma 4 dell’articolo 11 della L.R. Abruzzo 19/08/2009, n. 16 (Intervento regionale a sostegno del settore edilizio), dove le parole “31 dicembre 2019” sono sostituite da: “31 dicembre 2022“.
Con questa modifica le disposizioni del Piano Casa per la Regione Abruzzo vengono, quindi, prorogate per tre anni, fino a tutto il 2022.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Accesso agli atti e tutela dei segreti commerciali nei contratti pubblici
Una importante e interessante pronuncia del Consiglio di Stato delinea in maniera chiara il sottile limite, nell’ambito di una procedura di gara pubblica tra l’interesse di un concorrente alla tutela di segreti tecnici e commerciali e quello di altro concorrente, opposto, a vedersi mostrata tutta la documentazione di gara per esigenze di difesa in giudizio.
C. Stato 07/01/2020, n. 64, ha fornito importanti orientamenti sui presupposti necessari per l’accesso ad atti coperti da segreto, nell’ambito di un appalto pubblico relativo alla progettazione definitiva ed esecutiva ed alla consequenziale esecuzione di opere ad alto contenuto specialistico.
L’ART. 53 DEL CODICE E LE DISPOSIZIONI SULLA TUTELA DEI SEGRETI COMMERCIALI
Le norme che regolano l'accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici sono definite dall'art. 53 del D. Leg.vo 50/2016, il quale richiama la disciplina generale di cui agli artt. 22-28 della L. 241/1990, aggiungendo specifiche disposizioni derogatorie concernenti il differimento, la limitazione e l’esclusione della pretesa di esibizione documentale in considerazione di peculiari esigenze di riservatezza che possono manifestarsi e assumere rilievo nel contesto delle procedure a evidenza pubblica.
Per quanto qui di interesse, la lettera a) del comma 5 dell’art. 53 del D. Leg.vo 50/2016 dispone che sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta, della giustificazione di anomalia della medesima che costituiscano - secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente - segreti tecnici o commerciali.
In altri termini, la normativa consente di escludere dall’accesso agli atti quella parte dell'offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell'impresa in gara (il c.d. “know how”), vale a dire l'insieme delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell'esercizio professionale dell'attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell'impresa nel mercato aperto alla concorrenza.
In ogni caso, il limite alla possibilità di mostrare la documentazione in oggetto è comunque subordinato alla formulazione di un’espressa “manifestazione di interesse” da parte dell'impresa interessata, cui incombe a tale scopo l'onere di allegare “motivata e comprovata dichiarazione” tramite la quale dimostrare l'effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia.
Ai sensi del successivo comma 6 dell’art. 53 del D. Leg.vo 50/2016, è tuttavia consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto (previsione più restrittiva di quella dell'art. 24 della L. 241/1990, comma 7, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l'accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale).
L’INTERPRETAZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO
Partecipare ad una gara non comporta una rinuncia al diritto di riservatezza
Secondo C. Stato 07/01/2020, n. 64, in commento, la scelta di prendere parte a una procedura competitiva non implica (come invece affermato dall’appellata sentenza del TAR) un’implicita accettazione del rischio di divulgazione di segreti industriali o commerciali, i quali - almeno in linea di principio - restano sottratti, a tutela del loro specifico valore concorrenziale, ad ogni forma di divulgazione.
La ratio legis della norma che stabilisce con riguardo ad una gara pubblica la possibile limitazione dell’accesso agli atti in relazione a documenti contenenti segreti industriali o commerciali, non è quella di derogare al diritto di accesso, ma di assicurare la corretta competizione tra imprese, evitando che si possa fare un uso emulativo, ad esempio da parte di contendenti che potrebbero formalizzare l'istanza allo scopo precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri.
Necessità di motivata valutazione da parte della stazione appaltante
C. Stato 64/2020 altresì chiarisce che la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, in rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme di cui alla disciplina generale del procedimento amministrativo, e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell'apprezzamento della 'effettiva rilevanza per l'operatività del regime di segretezza.
In pratica, la legge non pone una regola di esclusione basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone una valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato l'accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto.
Tutela dei segreti commerciali ed esigenza di difesa in giudizio
Quanto infine al fatto che l'accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di “difesa in giudizio”, C. Stato 64/2020 chiarisce che - al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali - è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio.
In particolare, la mera intenzione di verificare e sondare l'eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come nella fattispecie l'impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Diligenza professionale, colpa e colpa grave: quali errori sono coperti da una polizza RC professionale
Breve approfondimento sui concetti di “diligenza”, “colpa” e “colpa grave” nello svolgimento dell’attività dei professionisti, finalizzato a chiarire quali fattispecie di errore possono essere coperti da una polizza di RC professionale, con rimandi a sentenze di Cassazione.
Abbiamo introdotto in precedenti contributi il tema dell’assicurazione professionale, parlando in particolare di quando i professionisti siano obbligati a stipularne una e delle conseguenze in caso di mancanza (si vedano: L’assicurazione RC professionale, ratio dell’obbligo e conseguenze della mancanza e Quando è obbligatorio attivare la polizza RC professionale).
Ritorniamo sul tema dell’assicurazione professionale per fornire alcune indicazioni in merito a quali siano gli “errori” professionali che possono essere oggetto di risarcimento, con riguardo alla c.d. “diligenza” del professionista ed ai concetti di “colpa”, “colpa grave” e “dolo”.
LA “DILIGENZA” DEL PROFESSIONISTA - Sia il Codice civile che i Codici deontologici delle varie categorie impongono al professionista di svolgere il proprio lavoro con “diligenza”. Questo concetto, già non facile da concretizzare e delimitare, si declina tuttavia in maniera diversa, nel rapporto tra cliente e professionista, rispetto ad un normale rapporto di obbligazione tra privati.
Infatti, se di norma l’ordinamento giuridico richiede di usare la diligenza “del buon padre di famiglia” (art. 1176 del Codice civile, comma 1) - da intendersi come la cura volenterosa e scrupolosa mediamente richiesta per l’esecuzione di un’obbligazione - nel caso del professionista, in virtù delle speciali conoscenze e competenze tecniche che gli si richiedono, la diligenza diventa “professionale”, detta anche “specifica” oppure “diligentia quam in concreto” perché riferita ad un’attività specifica e ben individuata.
In altri termini, possiamo dire che, per il professionista, la diligenza si declina in termini di utilizzo di “perizia”, intesa quest’ultima come il complesso di cognizioni tecniche e professionali acquisite con lo studio e l’esperienza ed espresse dal livello medio della categoria d’appartenenza, tali da consentire di eseguire la prestazione secondo la c.d. “regola dell’arte”.
L’ELEMENTO SOGGETTIVO DELLA COLPA NELL’ERRORE PROFESSIONALE - Pertanto, nel caso del professionista, è in base al suddetto concetto di diligenza professionale che occorrerà valutare se un eventuale errore professionale sia commesso con “colpa” (negligenza, imprudenza, imperizia) o “colpa grave” (grossolana mancanza di diligenza, con evidente scostamento dalle regole di prudenza e perizia che il caso concreto avrebbe richiesto di osservare).
Nell’ambito di una polizza di assicurazione per RC professionale:
- i danni derivanti da “colpa” del professionista sono risarcibili;
- i danni derivanti da “colpa grave” sono anch’essi risarcibili, e possono rimanere esclusi soltanto in presenza di espresse clausole limitative del rischio.
È ovvio che i danni derivanti da “dolo” (intenzionalità di causare il danno) non sono risarcibili.
Alla luce di quanto sopra, il professionista risponde del danno solamente qualora non abbia usato - con colpa o colpa grave - la diligenza richiesta per l’esecuzione dell’attività specifica (con onere probatorio a carico del richiedente il risarcimento), mentre l’inadempimento non è imputabile quando il professionista dimostri il diligente impegno.
Peraltro, ai sensi dell’art. 2236 del Codice civile, se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di “speciale difficoltà” (anche questi da intendere ovviamente in relazione alla “perizia” del professionista), il prestatore d’opera risponde dei danni solo in caso di dolo o di colpa grave.
A proposito del fatto che di norma la polizza deve coprire anche le fattispecie di colpa grave, si segnala Cass. 25/09/2019, n. 23948, secondo cui - nell’assicurazione della responsabilità civile - fondamento dell’obbligazione di risarcire il danno, a norma dell’art. 1917 del Codice civile, comma 1, è l’imputabilità del fatto dannoso a titolo di colpa, anche grave, mentre sono esclusi dalla garanzia assicurativa unicamente i danni derivanti da fatti dolosi dell’assicurato (contrariamente a quanto accade invece nell’assicurazione per danni, nella quale sono normalmente esclusi dalla garanzia i fatti addebitabili per colpa grave).
Anche secondo Cass. 26/07/2019, n. 20305, l’assicurazione della responsabilità civile, per la sua stessa denominazione e natura, importa necessariamente l’estensione anche a fatti colposi, con la sola eccezione di quelli dolosi.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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L'agibilità degli edifici richiede anche la conformità edilizia e urbanistica
Secondo il TAR, non si può considerare agibile un immobile che sia in contrasto con gli strumenti urbanistici o con il titolo edilizio. Anche in caso di segnalazione certificata, permane la possibilità che un immobile sia dichiarato inagibile.
Nel caso esaminato dal TAR Campania-Salerno 03/12/2019, n. 2138, il ricorrente impugnava il provvedimento con il quale il Comune aveva negato il rilascio del certificato di agibilità di un albergo perché alcune parti - per le quali era in corso un procedimento di sanatoria - non risultavano in regola con le norme urbanistiche ed edilizie. La vicenda si svolgeva nella vigenza dell’art. 25 del D.P.R. 380/2001, ora abrogato dal D. Leg.vo 222/2016 che ha sostituito il certificato di agibilità con la segnalazione certificata di agibilità (vedi La certificazione di agibilità degli edifici).
Il ricorrente sosteneva che l’accertamento di agibilità è volto ad una verifica tecnica, come tale del tutto estranea al procedimento amministrativo di sanatoria ancora pendente per alcuni locali oggetto della richiesta. Inoltre, adduceva la formazione del silenzio assenso ai sensi del comma 4 dell’art. 25 del D.P.R. 380/2001, in quanto il provvedimento di diniego era pervenuto oltre il termine previsto dal citato art. 25.
Il TAR, nel respingere il ricorso, ha in primo luogo affermato che il certificato di agibilità può riguardare esclusivamente le sole opere legittime ab origine o per intervenuta sanatoria. La presenza di consistenze ancora non assentite, né legittimate da specifici titoli edilizi e urbanistici rendeva dunque impossibile da parte dell’amministrazione l’accoglimento della richiesta del certificato di agibilità, e ciò anche in pendenza di un procedimento di sanatoria.
In altri termini, l’agibilità può essere negata non solo in caso di mancanza delle condizioni igieniche, ma anche in caso di contrasto con gli strumenti urbanistici o con il titolo edilizio.
Tale interpretazione è in linea con la prevalente giurisprudenza (si veda ad esempio TAR Lombardia 10/02/2010, n. 332), basata in particolare sull’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 1, secondo il quale la domanda di agibilità deve essere corredata, fra l’altro, da una dichiarazione del richiedente di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato (l’art. 25 del D.P.R. 380/2001, vigente al momento della pronuncia in commento, è stato ora abrogato, ma la formulazione sopra indicata è riportata in modo pressoché identico nell’art. 24 del D.P.R. 380/2001 medesimo).
Del resto appare assurdo, si legge nella sentenza, che il Comune rilasci l’agibilità a fronte di un’opera magari palesemente abusiva e destinata quindi con certezza alla demolizione, apparendo tale comportamento dell’amministrazione contraddittorio rispetto al perseguimento del pubblico interesse.
Quanto sopra si può affermare - come nella fattispecie esaminata dalla sentenza - anche ove fosse pendente un procedimento di sanatoria edilizia.
In secondo luogo, secondo i giudici, la mancanza del presupposto della legittimità urbanistico-edilizia dell’immobile esclude la possibilità di ritenere formato il silenzio assenso sull’istanza di agibilità di cui all’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 4. Ed infatti le ipotesi di silenzio assenso, vale a dire di provvedimento implicito favorevole su un’istanza di parte, non si sottraggono alla precondizione della sussistenza di tutti i presupposti perché possa essere emanato un provvedimento favorevole espresso (diversamente si potrebbe arrivare a ritenere agibile in via di silenzio assenso un immobile cui l’agibilità sarebbe negata in caso di procedimento espresso).
Tale affermazione conserva la sua valenza anche nella vigenza della nuova disciplina dettata dal D. Leg.vo 222/2016 che ha modificato il Testo unico dell’edilizia prevedendo in luogo del rilascio del certificato di agibilità la presentazione di una segnalazione certificata da parte dell’interessato. Infatti, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 380/2001, la presentazione della segnalazione certificata di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o parte di esso ai sensi dell’art. 222 del R.D. 27/07/1934, n. 1265.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Autorizzazione paesaggistica e interventi in presenza di vincoli paesaggistici
Con l’emanazione del D.P.R. 31/2017 e a decorrere dal 6 aprile 2017 è stata modificata la procedura per il rilascio della cosiddetta “Autorizzazione paesaggistica”, in quanto sono state ridefinite le procedure per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata, riviste le attività edilizie libere dal nullaosta ed è stato accelerato l’iter procedurale grazie ai modelli unificati per la presentazione delle istanze.
L’autorizzazione paesaggistica, già contemplata dal Codice dei Beni Culturali (D. Leg.vo 42/2004), è obbligatoria per la maggior parte degli interventi nelle aree soggette alla tutela paesaggistica e viene rilasciata, dietro richiesta del soggetto interessato, dall'ente territoriale competente previo accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento da attuare.
L’evento fornisce una formazione specialistica sulla tematica e, dopo una ricognizione normativa anche regionale, analizza nello specifico il procedimento autorizzatorio nella forma ordinaria e nella forma semplificata, le casistiche di interventi non soggetti ad autorizzazione e prevede un’ampia sessione finale dedicata alla prassi e alla casistica giurisprudenziale sia consolidata sia in via di formazione.
Il Seminario è indirizzato sia a professionisti dell’area tecnica che a professionisti dell’area legale.
Corso tecnico competente in acustica ambientale
Il Tecnico Competente in Acustica Ambientale (TCA), figura istituita dalla “Legge Quadro sull’inquinamento acustico” (L. 26.10.1995 n.447) è chiamato ad effettuare le misurazioni, verificare l'ottemperanza ai valori definiti dalle vigenti norme, redigere i piani di risanamento acustico e svolgere le relative attività di controllo operando all’interno di studi professionali di progettazione, uffici tecnici comunali, provinciali e regionali, imprese operanti nel campo dell’ambiente e sicurezza, enti di ricerca e sviluppo prodotti.
Obiettivi - Destinatari
Il Corso fornisce ai partecipanti -sia liberi professionisti, sia appartenenti a PPAA, sia dipendenti di aziende- conoscenze e abilità pratiche necessarie per svolgere con competenza l’attività di TCA, per operare con professionalità nei settori dell’acustica applicata agli ambienti di lavoro e all’industria, dell’acustica forense e della pianificazione acustica rispettivamente per l’ambiente esterno ed interno e per realizzare le misure fonometriche conformemente alle previsioni normative in materia di inquinamento acustico.
Il Corso è indirizzato ai professionistici che intendano abilitarsi ed iscriversi all’elenco nazionale dei TCA. Stante l’art.22 e Allegato 2 del D.Lgs. 17/02/2017 n. 42 la frequenza del Corso è possibile ai professionisti che siano in possesso di diploma/laurea universitaria ad indirizzo scientifico o tecnico.
Quando è obbligatorio attivare la polizza RC professionale
Esaminiamo in quali casi scatta l’obbligo di attivare una polizza di RC professionale per i professionisti iscritti agli albi. Dettagli su casi particolari: professionista occasionale, dipendente, collaboratore, socio di società di ingegneria o società tra professionisti, CTU, docente o ricercatore.
La polizza di RC professionale è finalizzata - secondo le norme legislative che ne hanno previsto l’obbligo - a coprire i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività professionale (vedi L’assicurazione RC professionale, ratio dell’obbligo e conseguenze della mancanza).
L’obbligo - rilevante sia sul piano contrattuale (privatistico) che sul piano disciplinare (pubblicistico) - va dunque correlato all’esistenza di un’attività professionale, tramite la quale, anche occasionalmente, il professionista svolga una prestazione nei confronti di un committente pubblico o privato.
Ne consegue in termini pratici che destinatari dell’obbligo non risultano indistintamente tutti i professionisti iscritti agli Albi, ma solamente coloro i quali esercitino la professione:
- in modo effettivo (che abbiano cioè almeno un cliente),
nonché
- in forma autonoma (che si possano cioè qualificare come “liberi professionisti” e non esercitino invece come lavoratori dipendenti pubblici o privati).
In pratica, e prescindendo dalla natura dal soggetto committente nonché dalla tipologia della prestazione svolta, quando un professionista iscritto all’Albo di riferimento della categoria esegua in proprio un’attività di carattere professionale, sarà tenuto a munirsi di idonea polizza assicurativa, dando altresì prova della effettiva esistenza e consistenza della polizza stessa.
Sono tuttavia molte le casistiche che si possono presentare nella pratica, in relazione alle quali si forniscono di seguito maggiori dettagli.
Professionista che esercita in forma saltuaria e occasionale
L’obbligo di assicurazione si ravvisa anche per i professionisti che esercitano in forma saltuaria oppure occasionale, anche se nei confronti di parenti o amici e anche se non viene percepito alcun compenso a fronte della prestazione (laddove questo sia consentito e ferme restando le implicazioni deontologiche delle prestazioni professionali gratuite).
Professionista dipendente pubblico o privato
Il professionista che svolga la propria attività con rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di un datore di lavoro pubblico o privato non è tenuto alla stipula di una personale polizza assicurativa.
Quanto sopra, anche nel caso in cui l’attività del professionista abbia una rilevanza esterna [N=A], posto che il professionista stesso non risulti direttamente titolare dell’incarico ricevuto. In altri termini, viene meno in questi casi il presupposto dell’assunzione della titolarità dell’incarico professionale, dal quale sorge correlativamente l’obbligo di assicurazione.
Toccherà viceversa al datore di lavoro assumere l’onere della copertura assicurativa. A tal riguardo è necessario che la polizza del datore di lavoro dia evidenza esplicita che la copertura si estende anche al dipendente/professionista che svolge attività con rilevanza esterna. Il vincolo di dipendenza richiede la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
Professionista dipendente che esercita anche la libera professione
In questi casi (posto che il rapporto di lavoro dipendente preveda la possibilità di svolgere attività professionale autonomamente, quindi ad esempio nel caso di dipendenti pubblici che si tratti di attività lavorativa svolta in regime di part time non superiore al 50%), scatta l'obbligo della polizza assicurativa a copertura dell’attività svolta fuori dal rapporto di subordinazione.
Collaboratore di uno studio in via continuativa
La posizione di un professionista che collabora in maniera stabile e continuativa con uno studio varia a seconda della tipologia contrattuale in base alla quale è impostato il rapporto (con partita Iva, rapporto di consulenza esterna, rapporto di lavoro dipendente).
A fronte di attività di collaborazione svolta in regime di partita Iva o comunque di consulenza esterna, il professionista deve essere dotato di polizza professionale che lo tenga indenne verso il suo unico committente (ovvero lo studio tecnico per cui presta l’opera).
Peraltro in questi casi, qualora il collaboratore/consulente dello studio figuri nominalmente tra i sottoscrittori di elaborati progettuali o altre prestazioni con rilevanza esterna, è legittimo ipotizzare che al momento dell’instaurazione del rapporto di collaborazione o di consulenza si possa concordare anche un’estensione al collaboratore della copertura assicurativa già attivata per il titolare dello studio (o i titolari dotati del potere di firma).
Al collaboratore che opera come dipendente si estendono invece in toto le considerazioni già svolte in precedenza.
Società di ingegneria o società tra professionisti (STP)
Quali soggetti unitari e autonomi, le società di ingegneria e le STP sono tenute alla sottoscrizione della polizza assicurativa che copra l’attività professionale della società stessa.
I soci singoli risultano coperti dalla polizza della società, fatta eccezione per gli incarichi eventualmente assunti a titolo personale o comunque in nome e conto diverso da quello della società. Se il singolo socio svolge attività in via esclusiva all’interno della società e per conto di questa, non sarà quindi necessario che si doti di una polizza supplementare.
La previsione di polizza di assicurazione deve risultare a livello statutario.
Professionista che assume incarico di Consulente tecnico d’ufficio (CTU)
L’incarico di CTU conferito da un Tribunale nell’ambito di una procedura giudiziaria risulta pienamente soggetto all’obbligo assicurativo, dal momento che il CTU, pur nella sua qualità di organo ausiliario del giudice, assume nei confronti delle parti la responsabilità civile professionale per la corretta esecuzione dell’incarico.
Tale responsabilità nei confronti delle parti, pur non originando da un rapporto contrattuale direttamente instaurato con le stesse (poiché in questi casi tecnicamente il committente è il Tribunale), si configura sulla base del generale dovere di diligenza riferito prestazione professionale richiesta, dalla cui violazione discende un diritto al risarcimento nei confronti del soggetto danneggiato (nella fattispecie della parte che dimostri di aver subito un pregiudizio per effetto dell’attività svolta dal CTU).
Professionista che svolge attività di docenza o ricerca
Se l’attività di docenza e ricerca sono svolte nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato (ad esempio nei confronti di università, istituti scolastici, enti di ricerca, ecc.), valgono le considerazioni fatte in merito a questo.
Al contrario, si può ipotizzare che dalla docenza e dalla ricerca discendano forme di responsabilità professionale, qualora dalla non corretta esecuzione delle attività derivino pregiudizi per il cliente/committente. Ciò ad esempio in caso ritardi non giustificati nell’esecuzione dell’incarico, pertanto in base alle concrete modalità di effettuazione, e non invece sulla base del contenuto delle attività di docenza o di ricerca, la cui libertà e insindacabilità è da ritenersi garantita costituzionalmente.
Va precisato peraltro che tale responsabilità ha un carattere residuale rispetto alla responsabilità derivante dal mancato rispetto delle condizioni di svolgimento dell’incarico stabilite in via contrattuale.
La convegnistica, al contrario, non prevede per sua natura obblighi di copertura assicurativa.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Acquisti pubblici: Decreto sulle prestazioni oggetto delle convenzioni Consip in G.U.
In tema di acquisti pubblici, le caratteristiche essenziali delle prestazioni principali oggetto delle convenzioni stipulate da Consip S.p.a. sono definite con il Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 21/10/2019, pubblicato nella G.U. del 20/11/2019, n. 272.
Il D. Min. Economia e Fin. 21/10/2019, in attuazione dell’art. 1, comma 507, della L. 208/2015, definisce nel suo Allegato le caratteristiche essenziali delle prestazioni principali oggetto delle convenzioni per l'acquisto di beni e servizi di cui all’art. 26 della L. 23/12/1999, n. 488.
Resta ferma la definizione delle caratteristiche essenziali delle prestazioni principali di cui al D. Min. Economia e Fin. 28/11/2017 ed al D. Min. Economia e Fin. 21/10/2019.
Con successivo decreto saranno individuate le caratteristiche essenziali delle prestazioni principali relative ad eventuali ulteriori convenzioni.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecniche
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