Legge di Bilancio 2020Fondazione Inarcassa segue con molta attenzione i lavori parlamentari al disegno di legge di Bilancio 2020, atteso in Aula al Senato il prossimo 3 dicembre, dopo l’esame in commissione Bilancio in sede referente, in prima lettura.
Il testo, che dovrà essere approvato in via definitiva entro il prossimo 31 dicembre, presenta alcune indicazioni sulle quali Fondazione rinnova, come ogni anno, l’obiettivo a far pervenire all’attenzione del legislatore le proprie osservazioni, nell’interesse esclusivo della categoria degli architetti e ingegneri liberi professionisti.
Il disegno di legge di Bilancio 2020 presenta, infatti, delle opportunità che auspichiamo il legislatore possa cogliere al fine di rendere più concreti taluni strumenti di agevolazione fiscale che consentono di mettere in sicurezza il nostro patrimonio immobiliare.
Il sisma bonus è lo strumento al quale Fondazione guarda con più attenzione. Siamo certi che il sisma bonus, se migliorato ed esteso, possa diventare un efficace strumento di prevenzione del rischio sismico riducendo gli oneri a carico del contribuente.
L’attenzione è puntata sugli articoli 19 e 25 del disegno di legge Bilancio 2020.
Sull’articolo 19, rubricato “Proroga della detrazione per le spese di riqualificazione energetica e di ristrutturazione edilizia”, che fa slittare al 31 dicembre 2020 la possibilità di accedere alle detrazioni fiscali per gli interventi di miglioramento energetico e recupero del patrimonio edilizio, la Fondazione osserva che è opportuno estendere la norma e prevedere che anche per coloro che intendano far eseguire interventi di classificazione e verifica sismica è possibile usufruire delle agevolazioni fiscali. La proposta di Fondazione consente, dunque, di accedere alle detrazioni fiscali, pari all’80 per cento, entro un limite di 100 milioni di euro, derivanti dal cosiddetto “sisma bonus”, anche nel caso di interventi preliminari, quali la classificazione e verifica sismica sugli immobili, a prescindere che si dia seguito all’esecuzione dei lavori. Infatti, le attività relative alla classificazione e verifica sismica degli immobili consentono di accertare le condizioni strutturali degli stessi e mappare lo stato del patrimonio immobiliare. Un risultato di grande portata in termini di sicurezza immobiliare che però rischia di essere frenato dai costi interamente a carico del contribuente, secondo la normativa vigente. La proposta di Fondazione, invece, consente ai cittadini di mettere in sicurezza la propria abitazione partendo già dalle attività preliminari, classificazione e verifica sismica, e, allo stesso tempo, accedere ai benefici fiscali del sisma bonus.
L’art. 25 del disegno di legge Bilancio 2020, il c.d. “bonus facciate”, intervenendo sull’art. 16 del dl n. 63 del 2013, consente di accedere alla detrazione fiscale, prevista ad oggi per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, fino al 90% per le spese sostenute nel 2020 relative ad interventi edilizi, anche di manutenzione ordinaria, finalizzati al recupero o restauro della facciata degli edifici. Anche in questo caso, la proposta di Fondazione è chiara. E’ opportuno, infatti, procedere in analogia con quanto già ad oggi previsto efficienza energetica e antisismici, e, quindi, riconoscere ai soggetti aventi diritto alle detrazioni oggetto della disposizione la facoltà di optare per uno sconto in fattura da parte del fornitore che effettua l’intervento, prevedendo che quest’ultimo venga poi rimborsato co<n un credito d’imposta da utilizzare in compensazione.

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È stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 151 del 29 giugno 2019, la legge 28 giugno 2019, n. 58 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi” – cd Decreto “ Crescita”.
 
La legge è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla G.U.R.I, ossia a decorrere dal 30 giugno 2019.
 
Per quanto di interesse, il provvedimento, istituisce anzitutto, presso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Fondo “Salva-Opere”, con l’obiettivo di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e la tutela dei lavoratori (art. 47).
 
Tale fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall’aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 200.000, e di servizi e forniture, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 100.000.
 
Detto contributo rientrerà tra gli importi a disposizione della stazione appaltante nel quadro economico predisposto dalla stessa al termine di aggiudicazione definitiva.
 
La stazione appaltante, sia essa amministrazione aggiudicatrice o contraente generale, entro trenta giorni dalla data dell’aggiudicazione definitiva, provvederà al versamento del contributo all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo.
 
Anche grazie all’azione dell’ANCE, tale onere non dovrebbe quindi gravare sull’operatore economico, come, invece, previsto nelle prime formulazioni del provvedimento.
 
Le risorse sono destinate a soddisfare, nella misura massima del 70 per cento, i crediti insoddisfatti dei sub-appaltatori, dei sub-affidatari e dei sub-fornitori nei confronti dell’appaltatore ovvero, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suoi affidatari di lavori, quando questi risultino assoggettati a procedura concorsuale, nei limiti della dotazione del Fondo.
 
I “sub-contraenti”, al fine di ottenere il pagamento dei crediti maturati prima della data di apertura della procedura concorsuale, dovranno trasmettere all’amministrazione la documentazione comprovante l’esistenza del credito e il suo ammontare.
 
Questa, svolte le opportune verifiche, certificherà l’esistenza e l’ammontare del credito e tale certificazione, trasmessa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, costituirà prova del credito nei confronti del Fondo e sarà inopponibile alla massa dei creditori concorsuali.
 
Il MIT, accertata la sussistenza delle condizioni per il pagamento dei crediti, provvederà all’erogazione delle risorse del fondo, surrogandosi nei diritti del subappaltatore, del sub-affidatario o del sub-fornitore verso l’appaltatore o l’affidatario del contraente generale e sarà preferito al sub-appaltatore, al sub-affidatario o al sub-fornitore nei riparti ai creditori effettuati nel corso della procedura concorsuale, fino all’integrale recupero della somma pagata.
 
La norma sancisce l’operatività del fondo con riferimento alle gare effettuate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL Crescita, ossia a decorrere dal 30 giugno u.s..
 
Si rimanda  comunque ad un decreto del MIT, da adottare di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, l’individuazione dei criteri di assegnazione delle risorse e le modalità operative del fondo stesso, ivi compresa la possibilità di affidare l’istruttoria, anche sulla base di apposita convenzione, a società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, scelti mediante gara (comma 1-quater).
 
Per i crediti insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione e relativi a procedure concorsuali aperte a far data dal 1° gennaio 2018, vengono stanziati appositamente, nel fondo medesimo, 12 milioni di euro per l’anno 2019 e 33,5 milioni di euro per l’anno 2020 (comma 1 quinquies).
 
Anche in tale caso, le procedure e le modalità per l’erogazione delle saranno fissate dal sopracitato decreto del MIT.
 
Al riguardo, l’auspicio dell’ANCE è che il decreto venga adottato nel minor tempo possibile e, soprattutto, che lo stesso preveda delle modalità operative del fondo che consentano il pagamento dei crediti in tempi celeri.
 
Le imprese della filiera “a valle” degli appaltatori o contraenti generali colpiti da procedure concorsuali  sono, infatti, in situazione di sofferenza da ormai molti anni e non possono permettersi un’ulteriore dilazione nei tempi di pagamento di quanto loro dovuto per i lavori già svolti.
 
Ad essere a rischio non v’è solo la prosecuzione dei lavori, ma la stessa sopravvivenza sul mercato delle imprese.
 
Al riguardo, si evidenzia altresì che, per espressa disposizione del provvedimento in commento, il fondo non si applica alle gare aggiudicate dai comuni, dalle città metropolitane, dalle province, anche autonome, e dalle regioni (comma 1-sexies).
 
Infine, si segnala che la legge di conversione interviene sull’art. 159 del Codice dei Contratti, in materia di appalti per la difesa e la sicurezza, precisando che, laddove si tratti di contratti ad impegno pluriennale superiore a tre anni, l’importo dell’anticipazione – che, ai sensi dell’art. 35 del Codice dei contratti, è pari al 20 per cento del valore del contratto di appalto - viene calcolato sul valore della prestazioni di ciascuna annualità contabile dei contratti di appalto e corrisposto entro 15 giorni dall’effettivo inizio della prima prestazione utile relativa a ciascuna annualità.

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Lo scorso luglio, l’Auditorium Parco della Musica di Roma ha accolto l’VIII Congresso nazionale architetti, a dieci anni dalla precedente esperienza. Sulle “sfide” della professione, dalla ricostruzione post-sisma al consumo di suolo fino alla Legge per l’architettura, abbiamo sollecitato il Presidente del Consiglio Nazionale

L’imperativo per tutti gli architetti a partire da questo Congresso è esprimere pubblicamente la propria cultura…
La nostra tre giorni congressuale è stata la sintesi della fondamentale attività propedeutica rappresentata da un viaggio di raccolta di esigenze e di contributi al quale hanno partecipato, insieme al Consiglio Nazionale, tutti gli Ordini territoriali italiani. Nelle 14 tappe di avvicinamento al Congresso gli oltre 6mila architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori che hanno partecipato a questo viaggio hanno mostrato di far parte di una comunità pronta a mettere a disposizione del Paese, oltre al grande potenziale umano e professionale, idee e progetti. Una comunità che ha compiuto una grande operazione di conoscenza, per incastrare, come pezzi di un puzzle, i contenuti e i caratteri di politiche differenziate per grandi coordinate progettuali e contribuire ad indicare cosa sia oggi, in Italia, prioritario. Nella consapevolezza della necessità di dover anche verificare – come stiamo facendo e come continueremo a fare – l’adeguatezza delle nostre strutture professionali, incentivando l’innovazione, per crescere culturalmente e professionalmente, e per fornire, con tutta la filiera delle costruzioni, il nostro contributo all’incremento dell’efficienza dei processi di investimento nelle città e nei territori e, conseguentemente, dei tempi, dei rischi e dei costi.

A fronte di una richiesta precisa e univoca emersa dal Congresso – la Legge per l’Architettura – il Governo in carica, nella figura del Ministro Bonisoli, ha evidenziato come la stessa non sia al momento contemplata nell’azione del suo dicastero. Come commenta questa posizione? Qual è la sua posizione in merito “all’alternativa” proposta, le cosiddette “linee guida”, da interpretare come base per un possibile iter legislativo?

Il Ministro Bonisoli si è fatto carico di definire norme sotto forma di linee guida – per consentire tempi rapidi per la loro predisposizione – a favore della promozione della qualità dell’architettura. Le linee guida, quindi, non sono affatto una alternativa alla Legge per l’architettura, ma un primo passo, attraverso un approccio rapido e pragmatico, verso il riconoscimento del valore di pubblico interesse dell’architettura e del paesaggio in quanto basilari nella definizione della qualità della vita urbana, nonché per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese. Per gli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori italiani la richiesta di una Legge per l’architettura è complementare a quella per la realizzazione di un “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”, finalizzato ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Se così non fosse la nostra sarebbe una mera richiesta corporativa, cosa questa lontana dal nostro modo di essere e dallo spirito del recente Congresso.

“L’inadeguatezza della strumentazione urbanistica vigente”; “il peso opprimente della rendita fondiaria nell’economia urbana”; “una perdurante crisi del mercato immobiliare” sono alcune delle questioni messe in evidenza nel Manifesto. Ad esse si aggiungono i dati diffusi dal recente Rapporto ISPRA, in merito al consumo del suolo: allarmanti, anche in relazione alla “cementificazione” di aree a rischio o protette, con il Parco dei Monti Sibillini, nel cratere sismico del Centro Italia, a detenere la “maglia nera” a livello nazionale. Dovremmo considerarli un ulteriore “monito”, affinché si possa davvero lavorare sul Piano d’Azione Nazionale che citava?

Non c’è dubbio che lo siano. Il nostro Paese ha bisogno di una politica pubblica per le città e per i territori che deve diventare prioritaria in una stagione come quella che stiamo vivendo che richiede una grande capacità di pianificazione, di progettazione, di risposte concrete, di investimenti strutturali e non straordinari elargiti a pioggia, ma anche di nuovi punti di vista. Noi sosteniamo da tempo, ad esempio, la questione del consumo che non si ottiene con norme ragionieristiche quali l’art. 3 del disegno di legge approvato in prima lettura alla Camera, che assegna allo Stato la quantificazione dell’estensione massima di superficie agricola consumabile a livello nazionale, alla Conferenza Unificata Stato-Regioni i criteri di ripartizione tra le Regioni, a quest’ultime la ripartizione tra tutti i Comuni della Regione e, infine, ai Comuni il compito di adeguare i propri Piani Regolatori. Si ottiene, invece, con una efficace Agenda Urbana, finalizzata a questo scopo, partendo dal presupposto che rigenerare è molto più oneroso che costruire sul nuovo e che è quindi indispensabile ribaltare il sistema delle convenienze che tuttora privilegia l’edificazione su terreni vergini, piuttosto che la rigenerazione degli ambiti urbani degradati.

A due anni dal sisma del Centro Italia, il decreto terremoto è diventato legge (il 19 luglio scorso, N.d.R). Cosa ne pensa di questo strumento? Quali effetti potrà produrre nei territori interessati?
La questione non è il decreto terremoto in sé, che rappresenta un mero palliativo di circostanza. Serve dotarsi di politiche serie per diffondere la consapevolezza del rischio e la cultura della prevenzione compreso, ovviamente, il contrasto all’abusivismo conclamato. Credo che gli effetti del decreto sui territori saranno scarsi. Non è certo il decreto che può sbloccare la ricostruzione in aree comprese per la maggior parte nel sistema delle aree interne e che quindi si trovano in condizioni di debolezza non solo strutturale – se pensiamo al sistema delle infrastrutture e servizi – ma soprattutto del tessuto socio-economico. Quando si affrontano la gestione dell’emergenza e soprattutto i processi della ricostruzione significa che parliamo di vittime e macerie e che, di conseguenza, il Paese e la nostra società hanno già perso. Gli eventi calamitosi si susseguono in modo sempre più ravvicinato e devastante negli ultimi 20 anni: in scenari emergenziali e catastrofici non è possibile applicare norme e procedure ordinarie adattate da decreti ed ordinanze. La nostra richiesta è quella di avere una legge-quadro per i processi della ricostruzione a seguito di eventi calamitosi.

Quando, a suo avviso, la figura dell’architetto ha iniziato a perdere la centralità che lei era propria fino alla prima metà del Novecento, con il risultato di una progressiva perdita di rilievo a favore di altri soggetti? Molto interessante, in questa ottica – e in controtendenza rispetto al “sentire comune” – sono i dati dell’indagine IULM, presentati durante in Congresso. Migliorare anche la “percezione collettiva” dell’architetto, potrà contribuire a “ridimensionare l’attrattività” dei paesi esteri presso i giovani architetti italiani?
Credo, come sottolinea l’indagine condotta dal Professor Mario Abis, che, soprattutto negli anni passati, l’onnipresenza delle archistar, ed alcune delle loro opere, abbiano contributo alla percezione dell’architetto come una figura lontana dalle comunità e dai loro bisogni. Ora però stiamo assistendo ad una inversione di tendenza se l’80% degli intervistati apprezza la figura dell’architetto e vive l’architettura come manifestazione del nuovo, del futuro e della innovazione, come artefice sociale delle città. Quanto ai giovani professionisti, per limitare le fughe all’estero, riteniamo indispensabile, ed è una delle richieste forti del Congresso, che anche nel nostro Paese i progetti delle opere pubbliche vengano assegnati, non più sulla scorta del fatturato degli studi, ma attraverso concorsi di progettazione in due gradi e aperti – in quanto unica modalità che risponde ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e che permette di selezionare il progetto migliore.

Valentina Silvestrini - artribune.com

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Via libera definitivo del Senato alla legge presentata alla Camera da Ermete Realacci. Per le aree oggi in condizioni di maggior difficoltà è previsto uno specifico stanziamento di 100 milioni di euro per il periodo che va dal 2017 al 2023

IL COMMENTO DI REALACCI. “Una bella giornata per chi vuole bene all’Italia: con il varo pressoché all'unanimità del Senato possiamo finalmente brindare alla mia legge per la valorizzazione dei Piccoli Comuni”, commenta il presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci. “Un testo bipartisan approvato all’unanimità alla Camera lo scorso settembre, nato a partire da una mia proposta di legge cui durante l’esame a Montecitorio si è collegata quella analoga della collega Terzoni, che aiuterà l’Italia ad essere più forte e coesa, ad affrontare il futuro.

Per ben tre volte, nelle passate legislature, questa legge è stata varata dalla Camera. Adesso è legge dello Stato. Un risultato raggiunto grazie ad un lavoro ampio e comune del Parlamento e al sostegno dell’Anci e di molte organizzazioni, a partire da Legambiente e Coldiretti.

Questo testo, di cui a Montecitorio sono stati relatori i colleghi Borghi, Iannuzzi e Misiani e di cui a Palazzo Madama è stato relatore Vaccari, è un’opportunità per tutto il Paese per un’idea di sviluppo che punta sui territori e sulle comunità, che coniuga storia, cultura e saperi tradizionali con l’innovazione, le nuove tecnologie e la green economy. L’importanza dei Piccoli Comuni, del resto, si è vista anche nel terremoto con il ruolo fondamentale per la tenuta delle comunità svolto da tanti Sindaci.

I nostri 5.567 Piccoli amministrano più della metà del territorio nazionale e in essi vivono oltre 10 milioni di italiani. Non sono un’eredità del passato, ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità, le nostre qualità e proiettarle nel futuro. Un’idea ambiziosa di Italia passa anche dalla giusta valorizzazione di territori, comunità e talenti. E’ il presupposto da cui parte questa legge a lungo attesa, che propone misure per favorire la diffusione della banda larga, una dotazione dei servizi più razionale ed efficiente, itinerari di mobilità e turismo dolce, la promozione delle produzioni agroalimentari a filiera corta. Previsti anche semplificazioni per il recupero dei centri storici in abbandono o a rischio spopolamento da riconvertire in alberghi diffusi, opere di manutenzione del territorio con priorità alla tutela dell’ambiente, la messa in sicurezza di strade e scuole, l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e interventi in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive insediate nei centri minori. Per le aree oggi in condizioni di maggior difficoltà è previsto uno specifico stanziamento di 100 milioni per il periodo che va dal 2017 al 2023.”

L'ARTICOLATO
L'articolo 1 della nuova legge definisce piccoli comuni quelli con popolazione residente fino a 5.000 abitanti.
L'articolo 2 reca disposizioni in materia di attività e servizi.
L'articolo 3 istituisce un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale.
L'articolo 4 concerne il recupero e la riqualificazione dei centri storici e la promozione di alberghi diffusi mediante interventi integrati pubblici e privati.
L'articolo 5 prevede misure volte alla riqualificazione di immobili.
L'articolo 6 consente la stipula di intese per l'acquisizione di case cantoniere e la realizzazione di circuiti e itinerari turistico-culturali.
L'articolo 7 prevede la possibilità di stipulare convenzioni per la salvaguardia e il recupero dei beni culturali delle confessioni religiose.
L'articolo 8 detta norme per lo sviluppo della rete in banda ultra larga.
L'articolo 9 contiene disposizioni relative ai servizi postali e all'effettuazione di pagamenti.
L'articolo 10 è volto a garantire la distribuzione dei quotidiani.
L'articolo 11 riguarda il consumo e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta.
L'articolo 12 concerne la realizzazione di mercati agricoli per la vendita diretta.
L'articolo 13 riguarda le politiche di sviluppo, tutela e promozione delle aree rurali e montane.
L'articolo 14 concerne la promozione cinematografica.
L'articolo 15 prevede la predisposizione di un Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane.
L'articolo 16 contiene la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 17 reca la clausola di salvaguardia per le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome.

LE PRINCIPALI MISURE CONTENUTE NEL DDL (FONTE DOSSIER CAMERA). Il testo unificato contiene misure che riguardano i comuni con popolazione residente fino a 5.000; ai fini dei finanziamenti disposti dalla legge, i piccoli comuni sono definiti come i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti o istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti, che rientrino in una delle tipologie elencate (tra le quali rileva il disagio insediativo, le unioni di comuni montani, ecc...). Le finalità generali delle varie misure attengono, tra l'altro, al sostegno dello sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale, alla promozione dell'equilibrio demografico, favorendo la residenza in tali comuni, alla tutela e valorizzazione del patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico, nonché al sistema dei servizi essenziali, con l'obiettivo di contrastare lo spopolamento (art. 1).

I piccoli comuni, anche in forma associata, possono istituire centri multifunzionali in cui concentrare la fornitura di una pluralità di servizi per i cittadini (in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica, postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e di sicurezza), nonché lo svolgimento di attività di volontariato e di associazionismo culturale (art. 2).

Fondo per lo sviluppo dei piccoli comuni. Si prevede l'istituzione di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni per il finanziamento di investimenti per: l'ambiente e i beni culturali; la mitigazione del rischio idrogeologico; la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici; la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici; lo sviluppo economico e sociale; l'insediamento di nuove attività produttive. Il Fondo ha una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023 (art. 3).

Ai fini dell'utilizzo delle suddette risorse, si prevede la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni e un elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale.

Recupero e riqualificazione dei centri storici. I piccoli comuni possono individuare, all'interno del perimetro dei centri storici, zone di particolare pregio, dal punto di vista della tutela dei beni architettonici e culturali, da riqualificare mediante interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana, nel rispetto delle tipologie e delle strutture originarie, attraverso gli strumenti previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia. Per la realizzazione degli interventi i comuni possono anche avvalersi del Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni istituito dall'art. 3. Quanto alla tipologia dei predetti progetti integrati, si tratta, tra l'altro, di interventi di: risanamento, conservazione e recupero del patrimonio edilizio da parte di soggetti privati; realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico; manutenzione straordinaria e riuso del patrimonio edilizio inutilizzato; consolidamento statico e antisismico degli edifici storici; miglioramento dei servizi urbani.

Per le citate finalità, i comuni possono promuovere nel proprio territorio la realizzazione di alberghi diffusi, come definiti ai sensi delle disposizioni emanate dalle regioni e dalle province autonome.

Ulteriori misure. Ulteriori misure riguardano la facoltà per i piccoli comuni di:
- acquisire e riqualificare immobili per contrastare l'abbandono di terreni e di edifici dismessi o degradati (art. 5);
- acquisire stazioni ferroviarie dismesse o case cantoniere per destinarle a presidi di protezione civile o sedi di promozione di prodotti tipici locali, acquisire il sedime ferroviario dismesso e non recuperabile all'esercizio ferroviario, principalmente per la destinazione a piste ciclabili, nonché realizzare circuiti e itinerari turistico-culturali ed enogastronomici, volti alla rinnovata fruizione dei percorsi connessi alla rete ferroviaria storica (art. 6);
- stipulare convenzioni con le diocesi cattoliche e le rappresentanze delle altre confessioni religiose, che hanno concluso intese con lo Stato italiano, per la salvaguardia e il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici (art. 7);
- relativamente alle aree, nelle quali non vi è interesse da parte degli operatori a realizzare reti per la connessione veloce e ultraveloce, beneficiare delle misure (previste dalla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 65/2015) per le aree a fallimento di mercato in attuazione della Strategia italiana per la banda ultralarga, volte a favorire la diffusione delle infrastrutture in banda ultralarga; per tali finalità, inoltre, si prevede la precedenza nell'accesso ai finanziamenti pubblici previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dei programmi di e-government e la priorità ai piccoli comuni, anche in forma associata - da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione - nella individuazione delle iniziative di innovazione tecnologica per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (art. 8);
- favorire, con differenti modalità (utilizzo di reti telematiche già esistenti, convenzioni con società Poste italiane S.p.A.) l'utilizzo dei servizi postali e dell'effettuazione di pagamenti; si prevede inoltre anche la possibilità dei piccoli comuni di affidare a Poste italiane S.p.A. la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa. (art. 9);
- promuovere il consumo e la commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta o a chilometro utile (artt. 10 e 11). I piccoli comuni possono promuovere il consumo e la commercializzazione di tali prodotti, favorendone l'impiego da parte dei gestori dei servizi di ristorazione collettiva pubblica. Nei bandi di gara promossi dai piccoli comuni per la fornitura di servizi legati alla ristorazione collettiva costituisce titolo preferenziale per l'aggiudicazione l'utilizzo dei prodotti prima richiamati, inclusi quelli biologici, in quantità superiori ai criteri minimi ambientali. I piccoli comuni devono, altresì, destinare specifiche aree per la realizzazione dei mercati agricoli per la vendita diretta, riservando prioritariamente i posteggi agli imprenditori agricoli che vendono i prodotti agricoli ed alimentari provenienti da filiera corta e a chilometro utile.

I comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali mediante unione di comuni o unione di comuni montani avranno l'obbligo di svolgere le funzioni di programmazione in materia di sviluppo socio-economico, e quelle che riguardano l'impiego delle occorrenti risorse finanziarie, anche derivanti dai fondi strutturali dell'Unione europea. È fatto divieto di ricorrere alla creazione di nuovi soggetti, agenzie o strutture comunque denominate per lo svolgimento di tale compito (articolo 12).

Con riferimento ai servizi di trasporto e all'istruzione, l'articolo 13 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, predisponga, in coerenza con la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, il Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane. Il Piano deve avere particolare riferimento al collegamento dei plessi scolastici ubicati in tali aree, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione. Nell'ambito del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL) e dei Documenti Pluriennali di Pianificazione (DPP), sono individuate apposite azioni destinate alle aree rurali e montane, con particolare riguardo al miglioramento delle reti infrastrutturali, nonché al coordinamento tra i servizi, pubblici e privati, finalizzati al collegamento tra i comuni delle aree rurali e montane, nonché al collegamento degli stessi con i comuni capoluogo di provincia e regione.

fonte: casaeclima.com