Giovedì, 27 Febbraio 2020 15:18

Il potere della pittura magnetica

Pittura magneticaLa pittura magnetica – o intonaco magnetico – è una speciale vernice che permette di poter rendere qualsiasi superficie magnetica, appunto, in pochi e semplici passi.
Si tratta nella maggior parte dei casi di pitture a base d’acqua (quindi non ha cattivo odore e permette di lavare gli utensili con acqua) ed è piuttosto facile da stendere, con le giuste accortezze.

Il colore tendenzialmente è nero anche se, alcune case, propongono diversi colori. La resa è sempre piuttosto ridotta, lo strato che deve essere applicato è piuttosto spesso per poter avere quel potere magnetico che serve per far aderire piccole calamite.

La resa della pittura magnetica cambia ovviamente da prodotto a prodotto, in linea generale abbiamo sperimentato che con 500 ml di prodotto si copre circa 1 metro quadrato di superficie. E’ sovraverniciabile.

Si può anche proteggere con una finitura all’acqua trasparente, anche se lo sconsigliamo perché potrebbe perdere quel potere di adesione.

Come ribadiamo sempre, la prima cosa da fare è preparare il supporto alla perfezione, che sia muro, legno o altro materiale, il fondo aggrappante deve essere accuratamente steso e lasciato asciugare almeno 6 ore, meglio anche di più.

L’applicazione della pittura magnetica è semplice, si stende a rullo o a pennello poi si liscia con una spatola per rendere la superficie perfetta. Dopo sei ore si può passare una seconda mano molto leggera esclusivamente per rendere sempre più liscia la superficie.

Dopo 12 ore si possono posizionare magneti (leggeri), piccoli souvenir di viaggio e promemoria. Consigliate ai vostri clienti di applicarla in piccole porzioni magari della cucina o di una cameretta dei bambini per dare un tocco creativo in più all’ambiente.

 

Fonte: FEL Edilizia Leggera

Pubblicato in Edilizia & Materiali

Quando sulle pareti di un edificio compaiono crepe nei muri è importante definire l’origine e la pericolosità delle lesioni e del dissesto. La presenza di crepe, nella migliore delle ipotesi può essere conseguenza dell'usura nel tempo di intonaci e tinteggi, disagi tutt’al più estetici che non richiedono interventi di consolidamento. In altri casi le crepe nei muri possono essere il sintomo ultimo di un cedimento strutturale e/o del terreno di fondazione, con conseguente rischio per la stabilità dell’edificio.

Geosec crepe nei muri

E’ proprio il caso di una prestigiosa villa residenziale a Dortmund, in Germania. Circa venti anni fa il proprietario dell’immobile, aveva osservato le prime preoccupanti lesioni diffuse in una porzione dell'abitazione. Negli ultimi mesi il quadro fessurativo aveva subito un ulteriore importante peggioramento, fino a raggiungere delle ampiezze di 3 - 4 cm. Solo a questo punto il proprietario evidentemente preoccupato ha verificato l’esistenza di un cedimento differenziale del terreno e ha affidato l’intervento di consolidamento in fondazione a GEOSEC, azienda specializzata nell'iniezione di resine espandenti e micropali presso infissi.


Rilievo e progetto preliminare
L'intervento di consolidamento è iniziato con una serie di attente indagini geotecniche e geofisiche, che hanno messo in evidenza le scarse caratteristiche dei terreni di fondazione posti sotto alla costruzione, con un’evidente riduzione della portanza. Per ricercare le possibili cause del cedimento sono state eseguite indagini al contorno ed in particolare anche sugli impianti di raccolta delle acque potabili e meteoriche. Tramite video ispezione è stato dunque possibile confermare la presenza di una perdita importante alle condotte interrate limitrofe alla struttura di fondazione, perdita oltretutto già rilevata dalle immagini di tomografia della resistività elettrica del terreno.
Il team di intervento GEOSEC, composto da geologi e ingegneri specializzati nei consolidamenti del terreno, ha studiato la miglior strategia d'azione seguendo l'innovativo approccio scientifico - geotecnico del metodo GEOSEC® ed stato quindi effettuato un monitoraggio e un’analisi computerizzata del terreno ricostruendo un modello numerico 3D delle principali caratteristiche del volume significativo interessato dal dissesto.
Inoltre è stato condotto un rilievo complessivo del quadro fessurativo all’immobile oltre che della presenza di cedimenti differenziali verticali diffusi. Conseguentemente il progettista locale ha optato per il consolidamento dei terreni di fondazione mediante iniezioni mirate di resina espandente e controllata GEOSEC®.

Geosec crepe nei muri

L'intervento esecutivo con iniezione di resine espandenti
Il procedi¬mento brevettato GEOSEC® consente di intervenire in modo preciso, rapido, mirato, mini-invasivo e risolutivo sulla sicurezza e la stabilità dell’edificio grazie all’iniezione di speciali resine eco compatibili sempre sotto il controllo della tomografia di resistività 4D live.


La resina da iniezione
Per questi speciali interventi di consolidamento del terreno, GEOSEC inietta una resina poliuretanica espandente a celle chiuse denominata MAXIMA PU-Harz. Questa resina soddisfa i requisiti indicati dalle norme tedesche per la valutazione degli effetti sul suolo e sulle acque sotterranee. I test sono stati effettuati dal DIBt Deutsches Institut für Bautechnik oltre che dall’Istituto Giordano di Rimini conformemente alle norme Italiane ed europee condivise e vigenti. Ne consegue che le resine utilizzate rispettano ambiente e acque sotterranee senza produrre effetti inquinanti.

Geosec crepe nei muri

La tomografia Elettrica 4D live
Si tratta di una moderna tecnica di indagine del terreno per immagini 3D ripetitive nel tempo. In modo del tutto non invasivo le misure geofisiche vengono effettuate con dispositivi multi elettrodici allineando sul terreno dei particolari sensori (trasmettitori e ricevitori) e collegandoli tra loro con cavi multipolari connessi ad una centralina elettronica di misura, detta georesistivimetro multicanale. Le misure raccolte dallo strumento restituiscono così valori di resistività elettrica a differenti profondità e partecipano alla costruzione di vantaggiosi modelli numerici 3D e 4D del volume significativo di terreno indagato sotto al fabbricato, grazie ad un apposito calcolatore. Il risultato finale è quindi una sequenza di immagini ad alta risoluzione di tomografia 4D, opportunamente elaborata da un sofisticato software di calcolo la cui interpretazione deve necessariamente essere demandata ad un tecnico specializzato.

Geosec crepe nei muri

La precisione ed accuratezza di misura di questa metodologia di indagine dà la possibilità ai tecnici GEOSEC di analizzare il terreno di fondazione e capire dapprima le cause che hanno portato alla comparsa di crepe nei muri o di crepe nelle pavimentazioni. Ma la tomografia di resistività 4D trova il suo pieno compimento e assoluto vantaggio rispetto alle soluzioni concorrenti proprio durante l’iniezione delle resine espandenti. La diagnostica per immagini funziona come un occhio elettronico che guarda sotto alla costruzione in modalità ripetitiva e sequenziale. Questo permette ai tecnici GEOSEC di verificare proprio l’azione delle resine espandenti e dunque il corretto consolidamento del terreno, grazie al rilievo ripetitivo delle variazioni delle proprietà geofisiche del sottosuolo in corso d’opera. La procedura (iterativa) di risoluzione consente di arrivare ad una stima della distribuzione delle resistività reali nel mezzo investigato che si traduce in una immagine grafica di efficace comprensione, sempre aggiornata in tempo quasi reale. Così i tecnici di cantiere possono vantaggiosamente decidere come modificare direttamente sul posto le iniezioni per il miglioramento del progetto preliminare, secondo un approccio tecnico indicato dal Metodo brevettato GEOSEC nel pieno rispetto delle prescrizioni del metodo osservazionale previsto dalle nuove Norme tecniche sulle Costruzioni (NTC2018).

Geosec crepe nei muri

L’intervento di consolidamento del terreno
L'area ha interessato cir¬ca 11,10 metri lineari di fondazione continua con quota d'appoggio a circa -0,6 metri dal piano di calpestio ma con un quadro fessurativo davvero importante.
Il progetto prelimina¬re è stato ottenuto dall’indagine geofisica ERT (unica stazione di rilievo a 48 elettrodi cross hole) integrata da 3 prove penetrometriche dinamiche. Le indagini hanno confermato la forte eteroge¬neità dello spessore dei primi 2,00 metri di terreno, con l'individuazione di argille limose umide dalle scarse qualità meccaniche. Successivamente sono stati definiti in modo mirato i punti e le relative profondità di iniezione delle resine.
Grazie alle acquisi¬zioni delle immagini tomografiche intermedie e sequenziali, è stato possibile osservare rapidamente l’omogeneizzazione della distribuzione della resistività elettrica, tra zone ce¬devoli e zone più stabili prese a riferimento fino a validazione finale del lavoro.
Sono stati effettuati ben 12 fori per un totale di 36 iniezioni su tre livelli sovrapposti, dal piano campagna (- 0,7 metri, -1.1 metri, -1,6 metri) con un consumo di circa 470 Kg di resina espandente.


Il servizio tecnico GEOSEC
Siamo a disposizione dei progettisti dei committenti mediante assistenza tecnica gratuita specializzata sia in fase di istruzione dei progetti che in fase di esecuzione dei lavori. Lo staff GEOSEC è in grado di eseguire le indagini geofisiche e geotecniche necessarie con strumentazioni proprie, oltre che di elaborare modellazioni numeriche interpretative delle risultanze diagnostiche ed anche previsionali dei risultati attesti post iniezione.

Per qualsiasi informazione, per ricevere materiale tecnico informativo, per richiedere la visita di un tecnico GEOSEC è possibile contattare l’azienda a questo indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure chiamare il numero verde 800.045.645  - www.geosec.it

Pubblicato in Comunicati stampa

Cappotto di qualitàIl Sistema a Cappotto, comunemente noto anche come cappotto termico o ETICS (External Thermal Insulation Composite System), è la misura in assoluto più efficace per l’isolamento termico dell’involucro edilizio, sia in estate che in inverno.
Questa affermazione è valida solo se, nella realizzazione dell’intervento, vengono rispettate le tre regole fondamentali definite da Cortexa, un progetto associativo nato nel 2007 e che racchiude i più importanti Produttori di Sistemi di Isolamento Termico a Cappotto impegnati nella diffusione delle conoscenze sul cappotto di qualità:

  1. la scelta di Sistemi a Cappotto forniti e certificati come kit dai produttori, dotati di certificato ETA004 e di marcatura CE di sistema: ciò significa selezionare Sistemi certificati come tali, e quindi testati per garantire le migliori prestazioni in combinazione tra loro. Questa azione mette al riparo committenti, imprese, progettisti e applicatori da danni/malfunzionamenti causati dall’assemblaggio di materiali non idonei per il Sistema di Isolamento Termico a Cappotto o di materiali non in grado di garantire le migliori prestazioni in combinazione tra loro;
  2. la scelta di avvalersi di progettisti esperti in materia di Cappotto Termico: la progettazione dell’isolamento dell’involucro edilizio va affidata a esperti in materia di Sistemi di Isolamento Termico a Cappotto, che conoscano e seguano la norma UNI/TR 11715:2018, contenente il rapporto tecnico sulla “Progettazione e posa in opera di sistemi di isolamento termico a cappotto”. Questi requisiti proteggono committenti e investitori da eventuali problemi nella realizzazione del progetto;
    la scelta di avvalersi di posatori specializzati ed esperti: partendo dal presupposto che anche il miglior sistema, se posato male, non garantisce prestazioni energetiche e durata eccellenti, per la corretta posa del cappotto termico è necessario avvalersi di posatori le cui conoscenze, abilità e competenze siano certificate secondo la norma UNI 11716:2018.

Quali sono i componenti del cappotto termico, secondo i criteri di qualità Cortexa?

Una delle caratteristiche che permette ad un cappotto termico di poter essere definito eccellente è, come spiegato in precedenza, il fatto di essere certificato come kit secondo ETAG004 e con marcatura CE di sistema, ovvero costituito da materiali studiati e testati per lavorare assieme e garantire le migliori prestazioni in combinazione tra loro. Nonostante il Sistema a Cappotto sia un metodo di isolamento termico utilizzato da parecchi anni, non sempre tra progettisti, imprese,  installatori e in particolar modo privati, c’è sufficiente chiarezza in merito alla corretta scelta e applicazione del sistema e dei materiali che lo compongono:

  • malta collante: permette l’adesione del Sistema Isolante al supporto su cui viene applicato;
  • pannello isolante: garantisce le caratteristiche isolanti richieste;
  • tasselli di fissaggio: garantiscono il corretto ancoraggio del Sistema e la tenuta alle forze di depressione del vento;
  • intonaco di base;
  • rete d’armatura: realizzata in tessuto di fibra di vetro, contribuisce a conferire resistenza al sistema contribuendo all’assorbimento delle tensioni;
  • intonaco di base;
  • primer: è necessario per ottimizzare il pH del rasante, l’assorbimento e la resa colore del rivestimento;
  • rivestimento a spessore per cappotto: fornisce maggiore resistenza del Sistema agli urti e agli agenti atmosferici, oltre a conferire la finitura estetica desiderata per l’edificio. Per il buon funzionamento del sistema è inoltre necessario scegliere una finitura con indice di riflessione alla luce superiore a 20;
  • accessori per il cappotto termico: ad esempio gli angolari, i profili per raccordi e bordi, i giunti di dilatazione e i profili per la zoccolatura completano il sistema e la cura dei suoi dettagli.

 

Maggiori informazioni su FEL - Edilizia Leggera

Intonaco antisismicoUna struttura tipica dell’edilizia dei centri storici dell’Appenino, rinforzata con soluzioni innovative made in Italy di facile applicazione e low cost, ha resistito a terremoti di intensità più che raddoppiata rispetto al sisma più violento che ha colpito il centro Italia nel 2016. È quanto emerge dai risultati dei test alle tavole vibranti del Centro Ricerche ENEA Casaccia, eseguiti su una struttura a U composta da tre pareti in malta e tufo, aperture asimmetriche e tetto in travi di legno. Le prove sono state condotte con l’obiettivo di individuare le tecniche migliori e meno invasive per rinforzare le abitazioni senza doverle sgombrare.
I test condotti dall’Università degli Studi Roma Tre e dall’ENEA, con il supporto dell’azienda Fibre Net, nell’ambito del progetto COBRA1 finanziato dalla Regione Lazio, sono stati effettuati sulle 3 pareti, di cui una centrale e due laterali, che già a novembre scorso erano state portate a danneggiamento dopo essere state sottoposte a scosse che riproducevano i terremoti a intensità crescenti di Nocera Umbra (1997), L’Aquila (2009), Emilia (2012) e Norcia (2016).

Per misurarne l’aumento di capacità sismica, due pareti su tre sono state riparate e rinforzate con intonaco armato con rete in fibra di vetro, un sistema di rinforzo strutturale poco invasivo, a basso costo e realizzabile senza la necessità di evacuare le abitazioni.

“Le pareti rinforzate con questa rete in fibra di vetro hanno resistito a sismi amplificati al 220% di intensità, quindi oltre il doppio rispetto ai terremoti più violenti del 2016, mentre la parete non rinforzata ha riportato forti lesioni già a intensità 120%, quindi in concomitanza delle accelerazioni al suolo del sisma di due anni fa”, ha evidenziato Gerardo De Canio, responsabile Laboratorio “Tecnologie per l’Innovazione Sostenibile” dell’ENEA. “Per contrastare la tendenza al ribaltamento – aggiunge De Canio - quest’ultima parete è stata riparata applicando una barra d’acciaio, la cosiddetta ‘catena’, in modo da consentire alla struttura di raggiungere lo ‘stato limite ultimo’, cioè il valore estremo della capacità portante, a dimostrazione dell’efficacia dell’intervento”.

"L’innovazione made in Italy consiste in una rete di materiale composito applicabile, insieme ai normali rifacimenti degli intonaci dei palazzi, sulla superficie esterna dell’edificio", ha dichiarato Gianmarco De Felice, dell'Università degli studi Roma Tre e coordinatore del progetto. “I materiali compositi – aggiunge De Felice - sono già in uso nei settori aeronautico e automobilistico, ma non in quello edilizio, per questo auspichiamo che questi risultati siano pionieri dell’innovazione anche in questo settore così importante”.

"Le nostre tavole vibranti  – conclude De Canio – sono in grado di muoversi nelle tre dimensioni spaziali, nelle tre direzioni di spostamento e nelle tre rotazioni e rappresentano un’infrastruttura unica in Italia a disposizione del Sistema Paese per la sperimentazione delle tecnologie più mature per applicazioni che vanno dall’edilizia ai Beni Culturali, con tecniche innovative di diagnostica, acquisizione e repository dei dati”.

L’intera sperimentazione, che l’anno passato aveva visto protagonista una tecnologia realizzata dalla Kerakoll, rientra tra le attività istituzionali dell’ENEA di supporto a PMI, enti, ordini professionali e università per le prove sperimentali e la verifica delle tecniche di intervento, finalizzate al miglioramento sismico e al rinforzo strutturale del patrimonio edilizio ma anche per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, nel quadro più ampio della sfida per la diffusione della cultura della sicurezza sismica, dell’innovazione e dello sviluppo sostenibile del Paese.

I dati ottenuti durante la sperimentazione sono stati “catturati” attraverso un sistema di motion capture in 3D e condivisi grazie alla piattaforma virtuale DySCo progettata e realizzata dall’ENEA; oltre ai partner del progetto, in questo modo hanno potuto assistere da tutto il mondo in diretta streaming e partecipare attivamente esperti, operatori del settore e rappresentanti dei più prestigiosi organismi di ricerca italiani e stranieri, fra cui: le Università di Taipei, Miami, Sheffield, Pavia e Perugia, MIT - Massachusetts Institute of Technology di Boston, Smithsonian Institute, National Gallery of Art di Washington, LCNEC di Lisbona e Ordine degli ingegneri.

Pubblicato in Edilizia & Materiali