L'Agenzia delle Entrate nell'interpello 218/2020 chiarisce se per l’acquisto e l’installazione delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici si paga l’IVA agevolata, con aliquota al 10%, o quella ordinaria al 22%.

Colonnine ricarica auto

La ALFA S.r.l.s. pone il quesito all'agenzia in base ad un intervento di installazione in un abitazione privata di un impianto fotovoltaico ed una colonnina di ricarica del veicolo elettrico. L'impresa infatti chiede se all’installazione della colonnina si dovesse applicare la stessa aliquota Iva prevista per l’impianto fotovoltaico, ovvero quella agevolata (10%), o quella ordinaria (22%).
L'agenzia delle Entrate dunque chiarisce che l'Iva agevolata al 10% si applica alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, agli impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica, ai beni (escluse le materie prime semilavorate) e alle prestazioni forniti per la loro realizzazione. Inoltre, precisa che le opere di urbanizzazione primaria hanno la funzione di soddisfare esigenze e interessi collettivi di primario spessore, generalmente collegati alla realizzazione di interventi pubblici o privati.
Sulla base di ciò le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici non possono essere sempre considerate come opere di urbanizzazione primaria. Se queste soddisfano un interesse pubblico possono beneficiare dell’Iva agevolata al 10%, in caso contrario, come in quello in esame, non possono essere considerate opere di urbanizzazione primaria e quindi va applicata loro l’Iva con l’aliquota ordinaria al 22%.
L'Agenzia precisa ancora che qualora le colonnine di ricarica fossero installate autonomamente, queste non possono essere considerate impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia  e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica. Questo in quanto consentirebbero solo il trasferimento di elettricità ad un veicolo elettrico al fine di ricaricarlo.
Tuttavia se le colonnine sono fornite ed istallate unitamente all'impianto fotovoltaico, e sulla base della funzione pubblica sopra citata, possono beneficiare dell’Aliquota Iva al 10% riconosciuta agli impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

Energia elettricaL’energia elettrica, che è una forma di energia secondaria (nel senso che deriva da altre forme di energia, dette per questo fonti primarie ) viene regolarmente utilizzata in Italia per il riscaldamento (sfruttando l’effetto Joule) da milioni di utenti, nelle forme più disparate. Basti pensare alle stufette, utilizzate per riscaldare i bagni nelle mezze stagioni o come integrazione alla carenza del sistema centrale, ai radiatori installati nelle seconde case, alle lampade ad infrarossi per rendere fruibili spazi all’aperto (dehors, bar, ecc.) o postazioni di lavoro isolate, ecc. . Talvolta questo sistema di riscaldamento è complementare ad altri che si rivelano insufficienti o non adatti perché lenti ad entrare in esercizio. Nelle seconde case, ad esempio, il riscaldamento elettrico è utilizzato per riscaldare la casa con comando di accensione a distanza e viene spento all’arrivo, quando intervengono altri sistemi: stufe e caminetti a legna, ecc.
E’ quindi incomprensibile che tale sistema sia pressoché ignorato dalla normativa e accusato di essere troppo costoso, subendo anche l’ostilità dei progettisti (specie termotecnici), se pur con argomentazioni vaghe. Tutto ciò ha contribuito a creare attorno al riscaldamento elettrico (ad effetto Joule) un clima pregiudizialmente ostile, tanto più ingiustificabile in una società che dipende quasi totalmente dall’elettricità. Dall’elettricità dipende il funzionamento dell’illuminazione e degli elettrodomestici, una buona parte tempo libero, l’informatica, le telecomunicazioni, i trasporti (tram, treni, metropolitane e ora anche le vetture elettriche).
I possibili sviluppi futuri, analizzati da studiosi come Mario Silvestri ne “Il futuro dell’Energia, Bollati Boringhieri, 1988) prevedono che il peso del sottosistema energia elettrica nel sistema energetico globale (penetrazione elettrica) sia sempre maggiore.
In questo quadro ci si chiede, perché solo il riscaldamento elettrico diretto suscita tante perplessità e critiche ? L’avversione, particolarmente vivace in Italia, coinvolge non solo l’utente comune (scottata da esperienze negative), ma anche da quasi tutti i professionisti (termotecnici, architetti, ecc.) e dagli “esperti energetici”. E’ un’avversione quasi sempre priva di motivazioni plausibili, talvolta acritica, che sembra nascondere, date le argomentazioni, una certa ignoranza e un condizionamento culturale esterno, quando non interessi particolari, non dichiarabili apertamente.

Il basso rendimento della rete di trasporto
Il principio di funzionamento del riscaldamento elettrico è semplice: trasformare dell’energia in calore facendo circolare elettroni in un materiale conduttore, creando una resistenza. Le soluzioni tecniche sono molteplici e tutte molto facilmente realizzabili. Questo fenomeno non è neppure annullabile e diventa molto grave nel trasporto dell’energia tra l’unità di produzione e il contatore di misura. Di conseguenza viene combattuto con investimenti importanti. Il paradosso sta proprio nel fatto che, di tutto il ciclo, solo il riscaldamento, che sfrutta proprio l’effetto Joule, sia demonizzato.
Eppure, a ben pensarci, è forse il solo sistema di riscaldamento ad avere un rendimento di emissione molto prossimo al 100%, un rendimento di distribuzione altrettanto vicino al 100% così come il rendimento di regolazione (questo grazie alle nuove tecnologie di regolazione e controllo). Senza considerare che, nell’ipotesi di utilizzazione di energia elettrica prodotta esclusivamente da fonti non combustibili (fotovoltaico, eolico, idraulico, ecc.), la produzione di gas ad effetto serra sarebbe nulla.

Pregiudizi ingiustificati e progressi tecnologici ignorati
Il riscaldamento elettrico viene classificato, in genere, come quello di più basso livello tecnologico e di costo di esercizio più elevato. Questo a causa di un passato fatto da installazioni errate e tecnici incompetenti. Viceversa, è molto economico sia in fase di acquisto dei componenti che di posa. Purtroppo è stato utilizzato spesso in maniera inopportuna e in condizioni non adatte.
Per esempio, è stato posato in edifici non isolati, o è stato sfruttato come unica fonte energetica, quando avrebbe dovuto essere abbinato ad altri sistemi. In molti casi vengono utilizzati apparecchi di trasformazione vecchi, ancora basati sull’effetto convettivo invece che sul radiante..
Se a tali errori si aggiunge il fatto che il costo dell’energia elettrica è di molto superiore al costo del gas, ecco che l’immagine del riscaldamento ad effetto Joule non può che essere negativa. Ma si tratta di un pregiudizio, privo di basi sia economiche che tecnologiche. In questo settore, infatti, molte sono le innovazioni che lo hanno interessato il settore, anche se pochi, purtroppo, le conoscono.
Per esempio, il riscaldamento elettrico a pavimento e a soffitto, se ben installato, presenta notevoli vantaggi rispetto a quello ad acqua: una progettazione molto più semplice (i costi vengono quasi azzerati), un’inerzia inferiore e una possibilità di gestione domotica molto più facile. Considerando che il rendimento di distribuzione è pari al 100% che emissione e regolazione sono anche vicine al 100%, si ottiene una riduzione del fabbisogno energetico complessivo anche superiore del 30% rispetto ai sistemi ad acqua.
Si pensi poi ai radiatori elettrici ad infrarossi lontani , ben diversi dai classici radiatori a convezione  naturale. I corpi scaldanti basati su questa tecnologia stanno, poco alla volta, sostituendo tutti gli altri. Associando, in maniera adatta, irraggiamento (almeno 80%) e convezione, consentono di ridurre l’inerzia del sistema riscaldante, la grande nemica delle case molto isolate. La conseguenza è un notevole miglioramento del comfort e una drastica riduzione del consumo energetico.
Anche i radiatori ad accumulo, che consentono un miglior sfruttamento dell’energia elettrica proveniente dal fotovoltaico, hanno contribuito a modificare il quadro dell’offerta di qualità.
Infine, ma non meno importante, l’evoluzione dei sistemi di controllo e regolazione del riscaldamento elettrico, che consentono una miglior interazione con l’utente e le sue abitudini, di quanto non possano fare altri sistemi di riscaldamento. Vi sono oggi controllori in grado di apprendere le abitudini degli occupanti e adattare il funzionamento degli apparecchi agli orari, anticipandone l’accensione o spegnendoli quando le finestre sono aperte. Vi sono esperienze che dimostrano come, solo cambiando tipologia di apparecchio e sistemi di controllo, si può arrivare fino al 45%  di risparmio energetico.

Come la normativa energetica rende non conveniente l’elevato isolamento degli edifici
L’utilizzo di riscaldamento ad effetto Joule penalizza la Classe energetica dell’edificio
Un edificio riscaldato elettricamente con sistemi ad effetto Joule, indipendentemente dal’elemento previsto (radiatori IR, pavimento, soffitto, ecc.), che risulta ininfluente, vede ridurre la sua classificazione di un buon 50% rispetto ad un normale sistema a combustione con impianto ad acqua. Questo vuol dire che, con il peggiore dei sistemi a gas, non si richiedono molti sforzi, né progettuali né realizzativi, per raggiungere il livello di prestazioni di un sistema elettrico. E, purtroppo, neppure per arrivare alle minime richieste della normativa. In sostanza, è sufficiente realizzare un edificio con un isolamento di poco superiore a quello di qualche anno fa e dotarlo di un impianto altamente “efficiente” (sulla carta e all’inizio della sua vita), per rientrare ampiamente nella norma e, anzi, ottenere elevate classificazioni (A e A+).
Questo a causa del criterio utilizzato, basato su una unità di misura convenzionale, che le Direttive europee hanno indicato: kWh di energia primaria. In Italia la conversione con l’energia elettrica si effettua con un coefficiente vicino a 2,5 per l’energia elettrica,  invece che 1 per i combustibili fossili (gas, gasolio).
L’eventuale maggior isolamento che una casa riscaldata elettricamente richiederebbe per raggiungere lo stesso livello di costo di esercizio (in termini di bolletta elettrica)  sarebbe ampiamente compensato dal minor costo di impianto (progettazione, materiali, montaggio, assistenza muraria, ecc.), dall’assenza di manutenzione e di obblighi burocratici (libretto di impianto, ecc.). Ma la penalizzazione in termini di classificazione è così penalizzante che ha reso pressoché inutilizzabile questa tecnologia.
L’assenza di una normativa chiara penalizza le case ben isolate
Nella normativa energetica, l’effetto Joule, al di là del fattore di conversione in energia primaria, non viene trattato in maniera tale da consentirne l’utilizzo: semplicemente viene ignorato. Pertanto, concepire in maniera diversa l’immobile e costruirlo con un isolamento molto elevato (casa passiva, per esempio), non conviene. I problemi tecnico-economici che si devono affrontare, scoraggiano il costruttore e disincentivano i progettisti più sensibili a proporre soluzioni innovative che privilegino l’immobile e la sua durata piuttosto che gli impianti. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: case scarsamente isolate con impianti tecnologicamente complicati, assurdamente costosi e ingestibili. Tali impianti sono destinati ad un rapido degrado e all’abbandono da parte dei centri di assistenza, impossibilitati ad intervenire.
Piuttosto che sforzarsi a proporre un riscaldamento elettrico ad effetto Joule, semplice ed economico abbinato ad un edificio ad alte prestazioni energetiche, il progettista preferisce ricorrere a soluzioni standardizzate: un isolamento scadente o posato spesso nel posto sbagliato (a cappotto) abbinate ad un impianto dalle prestazioni mirabolanti. Tutto ciò per raggiungere l’obiettivo ambito dal cliente: la Classe A. Ma tutto è solo sulla carta, perché non è in grado di mettere in guardia lo stesso cliente sulle conseguenze: costo vero di esercizio (energia, manutenzione, ricambi, ecc.)che lo stesso ha sostenuto (a sua insaputa).
E’ molto più facile dire che il riscaldamento ad effetto Joule non è regolamentare, piuttosto che sforzarsi a studiare nuove soluzioni e valutare i reali costi degli interventi proposti!

Necessità di un’analisi comparativa delle esperienze sul campo
Il riscaldamento diretto ad effetto Joule, che in molti casi, potrebbe essere il sistema più conveniente, viene così scartato in maniera preconcetta, mentre sarebbe necessario eseguire un’analisi comparativa edificio/impianto/costi (investimento, esercizio, manutenzione, ripristino) accurata, cosa che non viene fatta oggi. Questo consentirebbe, in moltissime situazioni (case abitate saltuariamente, seconde case, case ben isolate, case dotate di impianti autonomi di produzione elettrica da fonti rinnovabili, ecc.) di considerare conveniente, in termini di kWh di energia primaria, una tecnologia che ora è marginale ed è ingiustamente avversata. Una sua corretta valutazione e, conseguentemente, una precisa descrizione normativa, potrebbe anche essere un’occasione da non tralasciare per stimolare lo sviluppo di innovazioni interessanti. Basti pensare ai prodotti (terminali e controlli), alle metodologie costruttive (isolamenti non a cappotto), agli abbinamenti tra diversi sistemi riscaldanti e, in definitiva, alla creatività delle proposte progettuali.
L’avviamento di una ricerca e classificazione delle esperienze nell’uso di tali tecnologie (abitazioni ad uso continuativo o saltuario, ecc.) nelle varie zone geografiche (climatiche), potrebbe far emergere dei risultati molto interessanti e sorprendenti, tali da valorizzare una corretta applicazione di una tecnologia ora emarginata. Senza contare che ciò favorirebbe la ricerca di nuove soluzioni e sarebbe di stimolo per innovazioni tecnologiche.

Conclusioni
Ma il futuro del riscaldamento ad effetto Joule non dipende solo da valutazioni meno prevenute degli operatori (in primo luogo progettisti, ma anche installatori) e degli utenti. Sarebbe necessaria una più attenta analisi delle esigenze regolamentari verso cui ci si sta avviando. Gli edifici passivi o ad energia “quasi zero”, richiedono una urgente revisione delle norme, in particolare su quelle relative al riscaldamento ad effetto Joule, sensibilizzando i progettisti a rivedere la sua marginalizzazione. Prendere in considerazione un sistema di riscaldamento molto reattivo, a bassissima inerzia termica, facilmente regolabile e gestibile con le più avanzate tecnologie, è, in molti casi, la soluzione più logica. Non si comprende perché debba anche essere la più avversata.    
Forse perché il riscaldamento elettrico diretto è molto conveniente, non solo in abbinamento con altre fonti energetiche rinnovabili (biomasse, fotovoltaico e accumulatori, ecc.) e sistemi di gestione intelligenti (telefono), ma anche perché favorisce la diffusione delle reti di scambio localizzato di energia (smart grid)? Certo se questa tecnologia potesse superare l’ostacolo dei grandi monopoli, sarebbe possibile sfruttare localmente (anche a livello di vicini di casa, condomini o piccoli paesi) l’extra produzione di energia elettrica prodotta (fotovoltaico), ora immessa in rete e spesso “dispersa”. Magari si potrebbe sfruttare anche la possibilità di accumulo garantita dai sistemi di batterie che, prima o dopo, saranno economicamente accessibili a tutti.


di Sergio Strata (consulente ATH Italia srl)

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Giunti resinati OBOAlcuni ambiti di posa dei conduttori di alimentazione richiedono un grado di protezione elevato, quando questo è necessario il set di giunzione con resina colata può garantirtelo.
OBO Bettermann, importante Gruppo Industriale all’avanguardia a livello internazionale, produce componenti per l’impiantistica elettrica civile e industriale tra i quali spicca una linea integrata di limitatori di sovratensione, costruiti in perfetta armonia con le normative vigenti e rispondenti alle esigenze più diverse: SPD per linee di energia, per reti di telecomunicazioni e di trasmissione dati, per sistemi di misura e controllo.
Il Set di giunzioni resinate OBO in resina colata permette di realizzare giunzioni o derivazioni con un grado di protezione IP68. La resina epossidica pronta all’ uso indurisce completamente dopo un’ora dalla posa.
Il set è già comprensivo di scatola di derivazione e morsetto per il serraggio dei conduttori.
La scatola di derivazione è una T 60 della serie TBox in polipropilene con misure 114x114x57 ed è dotata di 7 passacavi M25 sagomabili liberamente mediante un cutter o rimuovibili per l’utilizzo di pressacavi.
Il set di giunzione si presta perfettamente per impianti di illuminazione pubblica, impianti interrati per l’irrigazione dei giardini o l’ alimentazione di altri apparati come cancelli o telecamere.

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Sabato, 30 Novembre 2019 06:40

Obiettivo mantenimento funzionale

OBO BettermannIl mantenimento funzionale degli impianti elettrici è garantito se non viene interrotto il flusso di corrente durante un incendio. Questo vuol dire che le vie di fuga, impianti importanti come le luci di emergenza, sistemi di segnalazione incendio, impianti di aspirazione fumi e impianti di estinzione continuano a funzionare. Più a lungo lavorano questi sistemi, maggiori saranno le possibilità di salvataggio.

Al fine di garantire il mantenimento funzionale degli impianti elettrici in caso di incendio, i sistemi di cavi devono superare speciali prove di incendio. I sistemi di posa OBO soddisfano questi speciali requisiti.

Impianti elettrici

Spesso, il mantenimento funzionale deve essere garantito anche in ambienti critici o persino aggressivi, come ad esempio in una galleria stradale.
La canalina OBO RKS-Magic è particolarmente adatta per questo caso specifico, poiché è realizzata anche in acciaio inossidabile e può essere installata per risparmiare spazio in aggiunta sotto il soffitto. Il collaudato sistema di connessione dei giunti, senza utilizzo di viti, consente un montaggio particolarmente rapido, semplice e sicuro. Il sistema di mantenimento funzionale è disponibile anche nelle versioni a filo GR-Magic e nelle versioni a scaletta per distribuzione verticale ed orizzontale.

La gamma di prodotti si completa con una serie di articoli che vanno dai sistemi di distribuzione verticali e orizzontali, passando per sistemi di staffaggi e supporti certificati per applicazioni antincendio, sino ad arrivare alle cassette di derivazione Tbox dotate di morsettiera ceramica e portafusibile. Grado di protezione massimo IP66, resistenza meccanica IK10.

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elettricitaondemareENEA ha presentato a Roma una tecnologia smart e low cost per produrre energia dalle onde del mare: si tratta del dispositivo PEWEC (Pendulum Wave Energy Converter), pensato per le coste italiane, dove le onde sono di piccola altezza e alta frequenza. Consiste in un sistema galleggiante molto simile a una zattera da posizionare in mare aperto, in grado di produrre energia elettrica sfruttando l’oscillazione dello scafo per effetto delle onde.

Il prototipo in mostra solo oggi davanti sede dell’ENEA a Roma è in scala 1:12, pesa 3 tonnellate, misura 3m x 2m x 2m di altezza ed è frutto della collaborazione con il Politecnico di Torino, nell’ambito dell’Accordo di programma tra Ministero dello Sviluppo Economico ed ENEA sulla Ricerca di Sistema Elettrico. L’ENEA e il Politecnico di Torino sono già al lavoro per la progettazione del dispositivo in scala 1:1, con una potenza nominale di 400 kW.

Questo sistema low cost di produzione di energia dal mare è particolarmente interessante per le tante isole italiane, dove la fornitura di energia è garantita da costose e inquinanti centrali a gasolio”, ha affermato Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio ENEA di modellistica climatica e impatti,durante il convegno “Energia elettrica dal mare”, il sesto appuntamento del ciclo di conferenze sulla Ricerca di Sistema Elettrico durante il quale è stato presentato il prototipo. “Una decina di questi dispositivi – ha aggiunto - possono produrre energia elettrica per un paese di 3.000 abitanti, contribuendo in modo significativo anche a contrastare i fenomeni di erosione attraverso la riduzione dell’energia delle onde che si infrangono sulla costa, senza impattare in maniera significativa su flora e fauna marine.

Lo sfruttamento dell’energia dalle onde presenta diversi vantaggi anche rispetto all’eolico e al fotovoltaico: un basso impatto ambientale e visivo, una minore variabilità oraria e giornaliera e una variazione stagionale favorevole, visto che il potenziale dell’energia dalle onde è più alto in inverno quando i consumi energetici sono massimi.

In Italia - ha sottolineato Sannino - sta crescendo l’interesse per la produzione di energia pulita e rinnovabile da onde e maree e secondo il Piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili dovremmo installare una potenza di 3 MW di questo tipo di impianti entro 2020. L’energia marina rappresenta una reale opportunità di favorire la crescita economica e l’occupazione, migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e, soprattutto, aumentare la competitività attraverso l’innovazione tecnologica.

Ma sfruttare l’energia del mare significa conoscere in modo dettagliato la velocità delle correnti, l’altezza delle onde e l’intensità delle maree: per questo l’ENEA ha realizzato “L’Atlante del clima ondoso del Mediterraneo”, la prima mappacapace di individuare in modo accurato le zone più interessanti per Immagine incorporata 3lo sfruttamento energetico delle onde.

Con i suoi 8.000 km di coste ha concluso Sannino – l’Italia possiede un importante potenziale di energia associata al moto ondoso, paragonabile a quello presente sulle coste orientali del Mare del Nord. La costa occidentale della Sardegna, ad esempio, ha un valore medio annuo del flusso di energia di circa 13 kW/metro, mentre quello del nord-ovest della Sicilia si aggira intorno ai 10 kW/metro”.

Realizzata sempre nell’ambito dell’accordo di programma con il Ministero dello Sviluppo Economico, questa mappa permette di conoscere i valori di altezza e direzione utili a stimare l’energia ricavabile in un’area specifica e a definire la tecnologia più adatta da utilizzare, prendendo in considerazione anche le condizioni estreme a cui il generatore può essere sottoposto. Si tratta di una grande novità per un settore che finora ha stimato il potenziale energetico solo attraverso i dati di 15 boe distribuite lungo le coste italiane.

Oltre a questa mappatura l’ENEA ha realizzato un nuovo sistema operativo per la previsione del moto ondoso fino a cinque giorni, in grado di stimare l’energia da immettere nella rete elettrica con un dettaglio spaziale di poche centinaia di metri.

A livello europeo l’ENEA partecipa al programma congiunto di ricerca sull’energia dal mare JP Marine Renewable Energy, proposto dalla European Energy Research Alliance (EERA). Lo sfruttamento dell’energia dal mare è tra le priorità della Commissione europea per lo sviluppo della Blue Economy: per 2014-2020 è stato presentato un piano di azione con l’obiettivo di raggiungere una potenza installata di 3,6 GW entro il 2020 e di 188 GW al 2050.