Piano casa

In data 21 dicembre 2020, la Regione Puglia ha approvato, con la legge regionale di bilancio per il 2021 (LR 35/2020), la proroga delle misure fino al 31 dicembre 2021.
Con la proroga di un anno sarà possibile realizzare interventi di ricostruzione, ampliamento e demolizione sugli edifici esistenti come previsto nella normativa.
 
Obiettivo della Regione è risollevare il comparto dell’ediliza, colpito dalla crisi dovuta all’emergenza sanitaria, ma anche incentivare l’investimento dei privati per la ristrutturazione e la riqualificazione delle proprie abitazioni.

“È il bilancio attraverso il quale attraverseremo la grande crisi causata dalla pandemia, sperando di lasciarcela alle spalle, mantenendo fermi tutti i servizi pubblici, senza incrementare il carico fiscale, anzi alleggerendolo per le famiglie numerose e per alcune categorie di operatori economici” questo è quanto dichiarato dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.

Cosa quindi prevede il Piano Casa Puglia?
I cittadini residenti nella Regione Puglia potranno quindi, per tutto il 2021, riqualificare un edificio dal punto di vista dell’efficienza energetica, effettuare interventi di riqualificazione edile e architettonica, ma anche aumentare la volumetria degli edifici. In particolare:

- gli interventi di ampliamento volumetrico e sostituzione edilizia con premio di cubatura possono essere realizzati sugli edifici esistenti al 1° agosto 2020;

- gli ampliamenti consentiti partono dal 20%, riconosciuto in caso di semplice ampliamento, fino al 45% in presenza di un programma integrato di rigenerazione urbana;

- gli interventi saranno agevolati dalla semplificazione delle procedure e il ricorso generalizzato alla Scia o, in alternativa, al permesso di costruire;

- i lavori di ampliamento, demolizione e ricostruzione, riqualificazione con delocalizzazione possono riguardare sia gli edifici residenziali sia quelli a destinazione diversa;

- il direttore dei lavori o un altro professionista abilitato deve certificare la corrispondenza dell’intervento di riqualificazione alle regole del Piano Casa, attraverso la comunicazione di ultimazione dei lavori, altrimenti non sarà possibile riconoscere la certificazione dell’agibilità dell’edificio.

Dove non interviene il Piano Casa?
 - nei centri storici classificati come zone “A” a meno che gli strumenti urbanistici o gli atti di governo comunali non lo consentano espressamente;
- sugli immobili definiti di valore storico, culturale e architettonico, vincolati ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, a meno che gli interventi non rientrino in quelli indicati dall’Allegato 1 del Dpr 139/2010, recante il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità;
- nelle zone in cui lo strumento urbanistico generale consenta soltanto la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo o subordini gli interventi di ristrutturazione edilizia all’approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo;
- sugli immobili situati in area sottoposta a vincolo paesaggistico;
- negli ambiti territoriali classificati A, di valore eccezionale, e B, di valore rilevante, ai sensi del PUTT/P;
- nei siti della Rete Natura 2000 di importanza comunitaria (SIC) e nelle zone di protezione speciale (ZPS) salvo che le misure di salvaguardia o gli strumenti di pianificazione consentano interventi edilizi;
- nelle oasi e nelle zone umide;
- negli ambiti dichiarati ad alta pericolosità idraulica e geomorfologica a meno che, col permesso dell’Autorità di Bacino, non siano possibili interventi di mitigazione del rischio.

Queste indicazioni sono a livello generale ma ogni Comune può deliberare ulteriori limiti ed esclusioni.

In conclusione, secondo il Presidente della Commissione regionale Bilancio e Programmazione Fabiano Amati “la proroga del Piano casa rappresenta la conferma delle politiche fondate sull’eco-edilizia, in quanto solo così si evita di consumare suolo” e aggiunge che nel corso dell’anno monitorerà i dati di applicazione e l'utilizzo dello strumento in modo da pensare a miglioramenti nell'ambito del risparmio energetico e dell'edilizia esistente.

 

A cura di Geom. Lucia Coviello - Edilsocialnetwork

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Isolamento Bacchi

I Bonus in pillole

- SUPERBONUS 110%: è l’innalzamento al 110% delle detrazioni fiscali già previste da ECOBONUS e SISMABONUS, per le spese sostenute rispettivamente per aumentare il livello di efficienza energetica o ridurre il rischio sismico degli edifici.
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ECOBONUS: detrazione dal 50% al 75% delle spese sostenute per la coibentazione dell’involucro e la sostituzione degli impianti, per una quota massima variabile a seconda di soggetti e edifici interessati.
- SISMABONUS: detrazione dal 50% al 85% delle spese sostenute per il miglioramento sismico di edifici situati in zona sismica 1, 2 o 3, per un ammontare complessivo di 96.000 Euro per unità immobiliare.
- BONUS RISTRUTTURAZIONE: detrazione del 50% delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo, per un ammontare complessivo di 96.000 Euro per unità immobiliare.
- BONUS FACCIATE: detrazione del 90% delle spese sostenute per interventi di ripristino e/o restauro della facciata esterna di immobili esistenti, senza limite massimo di spesa.
- BONUS VERDE: detrazione del 36% delle spese sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti.

Superbonus: in cosa consiste?
Gli INTERVENTI “TRAINANTI”, necessari per l’accesso al Superbonus

Si tratta della possibilità di ottenere una detrazione del 110% delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per le seguenti tipologie di interventi definiti “trainanti”:
• isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l’involucro degli edifici con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio;
• sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, e/o il raffrescamento e/o la fornitura di acqua calda sanitaria;
• interventi di adozione di misure antisismiche, realizzati su edifici che si trovano nelle zone sismiche 1, 2 e 3, volti ad abbassare la classe di rischio dell’edificio.

Gli altri INTERVENTI “TRAINATI”, che rientrano nel Superbonus grazie ai “trainanti”

Il Superbonus spetta anche per le seguenti ulteriori tipologie di interventi “trainati”, a condizione che siano eseguiti congiuntamente con almeno uno degli interventi “trainanti” elencati a fianco:

• efficientamento energetico rientrante nell’Ecobonus (coibentazione, infissi, schermature solari, building automation, ecc.);
• installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici;
• installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica sugli edifici;
• installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati.
Panoramica dei Bonus Edilizia 2020
Percentuali di detrazione, massimali ed interventi ammessi dai vari Bonus
Tabella riassuntiva dei Bonus Edilizia 2020
Tabella riassuntiva dei Bonus Edilizia 2020
Interventi di efficientamento energetico su edifici esistenti

Tra gli interventi “trainanti”, ossia quelli necessari per poter accedere al Superbonus, vi è l’isolamento termico dell’involucro edilizio. Questo intervento assume grande importanza perché ha un notevole impatto sulle possibilità di miglioramento della classe energetica dell’edificio. Infatti, un ulteriore requisito per l’accesso al Superbonus è che gli interventi realizzati permettano il “salto” di almeno due classi energetiche e l’involucro ha in questo senso un’importanza fondamentale.

Cappotto termico BacchiLe soluzioni BACCHI per isolamento termico, oltre a contribuire sostanzialmente alla riduzione dei consumi e quindi al risparmio, garantiscono anche il miglioramento del comfort interno e della sicurezza dell’edificio. Infatti, tutte le soluzioni per isolamento termico da noi proposte appartengono alla migliore classe di reazione al fuoco (Euroclasse A1), agendo a tutti gli effetti come “cappotto antincendio”. D’altra parte, riguardo al comfort interno, le nostre soluzioni si distinguono in base a due obiettivi principali: la traspirabilità e la salubrità degli ambienti, assicurata dai nostri isolanti di origine minerale (Cappotto Esterno e Interno), o la protezione dall’umidità, garantita dai nostri isolanti in vetro cellulare.

In poche parole, per ogni necessità specifica connessa all’isolamento termico, possiamo offrire la soluzione ideale garantendo allo stesso tempo prestazioni ottimali, grande durabilità dei materiali e massimo rispetto dell’ambiente.
Interventi di demolizione e ricostruzione

Nell’ambito del Superbonus, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono, nei limiti di quanto previsto dalla normativa specifica, ricompresi tra le ristrutturazioni edilizie, e sono pertanto passibili di incentivo al pari dei più classici interventi di “cappotto” o sostituzione degli impianti. In taluni casi, demolire e ricostruire realizzando un notevole miglioramento delle caratteristiche di efficienza antisismica e/o energetica può essere significativamente più conveniente che agire sull’edificio esistente.

In caso di classica ristrutturazione, si dovrebbero sommare numerosi diversi interventi per poter raggiungere gli stessi standard di efficienza che si potrebbero ottenere più facilmente ricostruendo l’edificio con tecniche moderne. Ricostruire con sistemi innovativi come GASBETON permette di migliorare significativamente le performance di isolamento e di resistenza al sisma dell’edificio, accedendo ai relativi vantaggi fiscali previsti dal Superbonus.

Ad esempio, demolire un edificio obsoleto e ricostruirlo con struttura portante a telaio e murature altamente isolanti GASBETON ACTIVE consente di realizzare un involucro edilizio altamente resistente (riducendo drasticamente la classe di rischio sismico) e ad elevato isolamento termico, spianando la strada al “salto” di due classi energetiche richiesto dal Superbonus.

Cappotto esterno o isolamento dall'interno:perché scegliere gli Isolanti Minerali Traspiranti BACCHI?

Gli isolanti di origine minerale da noi proposti, oltre ad eccellenti capacità di isolamento, portano altri importanti vantaggi a chi li utilizza:
- sono assolutamente incombustibili, scongiurando la possibilità che l’incendio minacci l’incolumità delle persone o danneggi il cappotto stesso, rendendolo inefficace;
- sono altamente traspiranti, quindi mantengono la naturale capacità del muro di smaltire l’umidità e scongiurano la formazione di muffe. In particolare, B/ISOLA, utilizzato come cappotto interno, agisce da polmone igrostatico e regola l’umidità interna;
- sono resistenti: a differenza di altri materiali (che spesso vanno protetti con lastre di copertura), la loro struttura minerale li rende inattaccabili da muffe, insetti e roditori e ne permette la resistenza alle intemperie, garantendo una lunga durata dell’isolamento;
- a differenza dei concorrenti di origine sintetica, sono ecologici e salubri, essendo realizzati a partire da materie prime naturali e prodotti con processi industriali a bassissimo impatto ambientale.

Grazie alla loro composizione particolarmente ecologica e alle notevoli capacità di resistenza al fuoco, gli isolanti traspiranti BACCHI rispettano la normativa specifica e sono idonei ad essere utilizzati per interventi legati al Superbonus.

Isolamento ultra-resistente di pavimenti, coperture e locali interrati:perché scegliere il Vetro Cellulare?

Gli isolanti in vetro cellulare sono realizzati a partire da vetro riciclato e sono caratterizzati da un’elevatissima resistenza a compressione. Questo li rende idonei ad essere utilizzati per isolamenti “sotto sforzo”, come nel caso di isolamento sotto pavimento o isolamento esterno di muri controterra.

GLAPOR, vetro cellulare in pannelli, è in grado di formare una barriera isolante e totalmente impermeabile ad umidità, acqua e gas Radon. Per questo viene spesso scelto per isolamento e impermeabilizzazione di tetti e coperture o per realizzare isolamenti anti-Radon sotto pavimento.

B/GLAS, vetro cellulare in granuli, è un materiale sfuso estremamente leggero e anticapillare. Le sue caratteristiche lo rendono idoneo a realizzare riempimenti isolanti con notevole resistenza a compressione, come nel caso di isolamento di volte in muratura, riempimenti isolanti controterra o vespai isolanti sotto fondazione.

Essendo altamente resistenti al fuoco e realizzati con materiale riciclato, GLAPOR e B/GLAS hanno tutte le carte in regola per accedere ai vantaggi fiscali previsti dal Superbonus, infatti rispettano le prescrizioni della normativa in merito.

Demolizione e ricostruzione o ampliamenti:perché scegliere il sistema costruttivo GASBETON?

GASBETON è un sistema completo per costruzioni caratterizzate da efficienza, sicurezza e sostenibilità. Grazie ai suoi diversi componenti, è possibile costruire in modo rapido e realizzare strutture durevoli e di elevata qualità.

I blocchi GASBETON SYSMIC, ad esempio, sono la soluzione ideale per realizzare sopralzi o ampliamenti in muratura portante. Infatti, questo tipo di blocco è caratterizzato, oltre che da una notevole resistenza che ne permette l’utilizzo in zone ad alta sismicità, da un peso ridotto che lo rende la scelta migliore per evitare di gravare eccessivamente sulle strutture sottostanti nella realizzazione di sopraelevazioni o ampliamenti.

In contrapposizione, se la necessità primaria è l’isolamento termico, grazie ai blocchi GASBETON ACTIVE è possibile realizzare pareti termicamente isolanti con prestazioni ragguardevoli, tanto da non necessitare di ulteriore isolamento quale “cappotto”.

Inoltre, tutte le pareti GASBETON sono traspiranti, permettendo il corretto smaltimento dell’umidità interna, e salubri, grazie alle materie prime di origine naturale che non emettono sostanze nocive.

 

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Nella sentenza 1291/2020 il Tar Campania ha dichiarato che le costruzioni illegittime vanno rimosse e il Comune non ha alcun obbligo di comunicarle l'avvio della demolizione.

Ruspe demolizione
Il caso di cui si è occupato il Tar Campania riguarda il contenzioso tra il Comune di Montecorice e un privato, proprietario di un abuso edilizio. Il Comune aveva dunque imposto la demolizione di tale abuso e il proprietario aveva fatto ricorso a tale procedimento poiché non era stato anticipatamente comunicato l'avvio del provvedimento e che le opere ritenute abusive sarebbero comprese nel glossario degli interventi di edilizia libera.
Il Tar si è dunque espresso a favore del Comune di Montecorice, il quale essendo soggetto a vincolo paesaggistico rende tutti gli interventi non conservativi soggetti a rilascio dell'autorizzazione paesaggistica. Nel caso in esame tali interventi sono la realizzazione di una tettoia aggiunta al corpo edilizio originario e di un rivestimento in pietra  e  mattoni  della  facciata  esterna  dell’edificio.
Quindi, nonostante tali interventi non richiedano urbanisticamente il permesso di costruire, costituisco abuso edilizio poiché privi di autorizzazione paesaggistica, comportando quindi la sanzione demolitoria.
Inoltre, il Tar afferma che tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, quali atti vincolati, non richiedono alcuna valutazione alla demolizione.
In conclusione, mancando l’autorizzazione paesaggistica, nessuna allegazione in sede procedimentale da parte del proprietario, diversa dall’esibizione di detto titolo, avrebbe potuto determinare un esito diverso del procedimento, con la conseguenza che l’omessa comunicazione del procedimento di demolizione non produce effetti invalidanti sul provvedimento impugnato.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

Pubblicato in Edilizia & Materiali

La Legge 11 settembre 2020 di conversione del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. Decreto Semplificazioni) ha reso definitive le modifiche apportate al DPR n. 380/2001,Testo Unico Edilizia.

Strumenti ediliziaIn particolare, il Decreto Semplificazioni ha apportato modifiche su 20 articoli del vecchio Testo Unico Edilizia, riguardanti le regole per la demolizione e ricostruzione degli edifici e la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia.
In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A o in nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati.
Inoltre, nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati, necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, e purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela.

Sono considerate ristrutturazioni edilizie gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche e le modifiche necessarie all’adozione di misure antisismiche, a garantire l’accessibilità, all’istallazione di impianti tecnologici, all’efficientamento energetico e alla rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre, ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
Sono considerati interventi di nuove costruzione l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure depositi, magazzini e simili, fatta eccezione per quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.

Il nuovo testo prevede anche che per gli  immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

 

A cura di Ing. Alessia Salomone - Edilsocialnetwork

Pubblicato in Edilizia & Materiali

RudereIl TAR individua gli elementi idonei a provare la consistenza iniziale del manufatto crollato o demolito, includendovi le risultanze catastali e la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Nel caso di specie si trattava di un intervento di demo-ricostruzione di un magazzino diroccato in base all’art. 2, della L.R. Liguria 03/11/2009, n. 49, comma 1, lett. b) sul piano casa che consente, a determinate condizioni, interventi di demolizione e ricostruzione di fabbricati anche in deroga ai piani urbanistici comunali. Il TAR Liguria 11/06/2020, n. 364 ha interpretato tale disposizione ritenendola sostanzialmente analoga a quella dell’art. 3, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d), nel testo modificato dall’art. 30 del D.L. 69/2013, conv. dalla L. 98/2013, che ricomprende fra gli interventi di ristrutturazione anche quelli “volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.

Al riguardo è stato chiarito che, mentre in precedenza la riedificazione di un rudere era qualificata come nuova costruzione, la novella legislativa del 2013 ha allargato il concetto di ristrutturazione all’ipotesi di edificio che non esiste più, ma di cui si rinvengono resti sul territorio e di cui si può ricostruire la consistenza originaria attraverso una dettagliata indagine tecnica. Tale indagine deve basarsi su dati certi ed obiettivi che:
- consentano di delineare, con un sufficiente grado di sicurezza, gli elementi essenziali dell’edificio diruto;
- forniscano una chiara testimonianza del manufatto sul territorio e permettano di individuarne in maniera attendibile la pregressa effettiva consistenza (volumetria, altezza, struttura complessiva, etc.).

A tal fine sono stati considerati idonei a provare le dimensioni e le caratteristiche dell'edificio da ripristinare i seguenti documenti:
- la visura catastale;
- la mappa catastale;
- i rilievi fotografici del rudere nei quali siano visibili alcuni elementi dell’originario fabbricato (nel caso di specie, seppur rovinate a terra, erano visibili tre delle quattro colonne in cemento armato e le tegole del tetto);
- le fotografie storiche che, anche se a lunga distanza, consentano comunque di tratteggiarne la sagoma;
- le aerofotogrammetrie nelle quali risulti riconoscibile il tetto e le sue caratteristiche;
- la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà dei precedenti proprietari attestante le dimensioni del fabbricato precedente.

In proposito il TAR ha ritenuto irrilevanti le deduzioni della difesa civica secondo cui le risultanze catastali e la dichiarazione sostitutiva sarebbero totalmente sfornite di qualsivoglia valore probatorio. Infatti, se è vero che l’accatastamento fa stato solo ai fini fiscali, tuttavia, dati, planimetrie e mappe catastali possono comunque costituire un elemento di prova in ordine alla situazione degli immobili, specialmente se, come nella specie, si inseriscano in modo coerente nel materiale probatorio acquisito agli atti. Parimenti, in materia di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, la giurisprudenza ha chiarito che le stesse, seppur non sufficienti, da sole, a costituire piena prova, possono comunque assumere valore indiziario, contribuendo a formare un quadro complessivo di elementi concordanti.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

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Distanze costruzioniSecondo il Consiglio di Stato nel caso di demolizione seguita dalla fedele ricostruzione di un edificio (o di una parte dello stesso) non si applicano i limiti di distanza inderogabili previsti dal D.M. 1444/1968, ma si deve fare riferimento alle disposizioni vigenti al momento dell’edificazione del fabbricato preesistente.

Nel caso di specie il ricorrente si opponeva all’ordine di sospensione dei lavori per la ricostruzione di parte di un edificio che risultava ad una distanza dal confine inferiore a quella prevista nell’elaborato progettuale allegato al permesso di costruire concesso nel 2011 e dalle NTA del piano regolatore. Il ricorrente sosteneva trattarsi di una mera ristrutturazione edilizia a seguito di demolizione e fedele ricostruzione dell’edificio.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 10/06/2020, n. 3710, preso atto che dai rilevamenti aerofotogrammetrici risultava che l’ubicazione attuale del corpo di fabbrica dell’abitazione dell’appellante era la medesima di quella precedente, ha ritenuto innanzitutto che le disposizioni sulle distanze legali a cui il Comune avrebbe dovuto far riferimento per accertare la legittimità delle opere erano quelle vigenti al momento della costruzione dell’edificio preesistente (nel caso di specie avvenuta nel 1962).

I giudici hanno inoltre ricordato che secondo la costante giurisprudenza (vedi C. Stato14/09/2017, n. 4337; C. Stato 23/06/2017, n. 3093; C. Stato 08/05/2017, n. 2086), la disposizione contenuta nell’art. 9 del D.M. 1444/1968 sulla distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal Codice civile.
Tuttavia, la disposizione del n. 2 dell’art. 9, D.M. 1444/1968 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse.

Ed infatti, applicando il limite inderogabile di distanza ad un immobile prodotto da ricostruzione di un altro precedente, si otterrebbe che l'immobile non potrebbe essere demolito e ricostruito se non arretrando rispetto all’allineamento preesistente (con conseguente vulnus estetico e possibile perdita di volume, realizzando quindi un improprio “effetto espropriativo” del D.M. 1444/1968). Inoltre, il singolo arretramento (imposto per effetto di una non coerente applicazione della norma), produrrebbe anche la realizzazione di spazi chiusi, rientranze ed intercapedini nocivi per le condizioni di salubrità, igiene, sicurezza e decoro, che invece l’art. 9, D.M. 1444/1968 intende perseguire.

In definitiva:
- le norme sulle distanze di cui al D.M. 1444/1968 si riferiscono alla nuova pianificazione del territorio e non già ad interventi specifici sull'esistente;
- la previsione del limite inderogabile di distanza riguarda immobili o parti di essi costruiti (anche in sopra elevazione) “per la prima volta” (con riferimento al volume e alla sagoma preesistente), ma non può riguardare immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili con successiva ricostruzione.

Su queste basi, secondo il Consiglio di Stato, la circostanza che nella fattispecie si trattasse di una demolizione con fedele ricostruzione ha reso irrilevante il fatto che il permesso di costruire da ultimo assentito prevedesse distanze maggiori.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

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Palazzo SpadaIl Consiglio di Stato si pronuncia sulla sanatoria per un intervento di demolizione e ricostruzione con una modesta modifica della sagoma e della volumetria inferiore al limite di tolleranza del 2%.

Nella fattispecie era stata presentata una SCIA per la ristrutturazione di due fabbricati rurali preesistenti. I lavori erano stati sospesi perché, a seguito di sopralluogo, risultava che erano stati effettuati lavori di demolizione e di successiva ricostruzione con un lieve incremento sia della volumetria che della sagoma. Il ricorrente presentava quindi un’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 che veniva rifiutata sulla base dell’accertamento di modifiche della volumetria e della sagoma.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 26/03/2020, n. 2113, ha in primo luogo ricordato che ai sensi dell’art. 3, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d), nel testo modificato dall'art. 30 del D.L. 21/06/2013, n. 69, rientrano nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia (soggetti a SCIA) anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, senza che sia più necessario che rimanga immutata anche la sagoma (tranne che per gli edifici vincolati, per i quali resta il vincolo del rispetto della sagoma dell’edificio preesistente).

Con riferimento alla modifica della volumetria, il Consiglio di Stato ha richiamato l’art. 34, D.P.R. 380/2001, comma 2-ter, con il quale il legislatore ha introdotto una soglia di rilevanza minima delle variazioni rispetto al titolo edilizio. Tale soglia riguarda quegli scostamenti dai parametri autorizzati di misura talmente contenuta da non potere essere considerati un illecito edilizio, quali le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali.

Sulla base di tali normative i giudici hanno ritenuto illegittimo il diniego della sanatoria in quanto dalla documentazione presentata dall’appellante risultava un modesto aumento della sagoma (quantificata nel 2,66%) e una modifica della volumetria inferiore al margine di tolleranza del 2% previsto dal citato comma 2-ter dell’art. 34, D.P.R. 380/2001.

Quanto in particolare alla modifica della sagoma, il Consiglio l’ha ritenuta “di misura non rilevante”, e quindi non tale da giustificare il diniego della sanatoria.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

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RistrutturazioneLa Corte Costituzionale chiarisce i limiti entro i quali è possibile effettuare un intervento di ristrutturazione soggetta a SCIA mediante demolizione e ricostruzione del fabbricato.

La Corte costituzionale, con la sentenza 24/04/2020, n. 70, nel dichiarare costituzionalmente illegittime le disposizioni della Regione Puglia sul “piano casa” che consentivano la realizzazione di interventi edilizi di demolizione e ricostruzione anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all’interno dell’area di pertinenza, ha chiarito gli attuali limiti della c.d. “ristrutturazione ricostruttiva” soggetta a Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

RISTRUTTURAZIONE RICOSTRUTTIVA DOPO IL D.L. SBLOCCA CANTIERI
La Corte Costituzionale ha ricordato i vari interventi a livello statale che hanno via via modificato le norme in materia del D.P.R. 380/2001, evidenziando che gli stessi avevano progressivamente allargato l’ambito degli interventi di ristrutturazione, consentendo di derogare all’identità di volumetria in caso di ricostruzioni volte alla riqualificazione edilizia e imponendo il rispetto della sagoma solo per immobili vincolati.

Questa tendenza però si è arrestata nel 2019, con il D.L. 32/2019 (cosiddetto decreto “sblocca cantieri”), che ha inserito il comma 1-ter all’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 secondo il quale “in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo”.

Secondo la Corte, tale norma:
- detta una regola unitaria, valevole sull’intero territorio nazionale, diretta da un lato a favorire la rigenerazione urbana e, dall’altro, a rispettare l’assetto urbanistico impedendo ulteriore consumo di suolo;
- impone per la ristrutturazione ricostruttiva, il generalizzato limite volumetrico (a prescindere, dunque, dalla finalità di riqualificazione edilizia) e il vincolo dell’area di sedime.

Allo stato attuale, quindi, la ristrutturazione ricostruttiva, autorizzabile mediante segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), è ammissibile purché siano rispettati i volumi, l’area di sedime del manufatto originario e, per gli immobili vincolati, la sagoma.

Ne consegue che le Regioni non possono qualificare come intervento di ristrutturazione ricostruttiva assoggettato a SCIA interventi che determinano una modifica della volumetria e dell’area di sedime.

NORME SUL PIANO CASA
Sulla base di tali premesse non può sostenersi che l’intervenuta modifica normativa statale non incida sulla legislazione regionale attuativa del “piano casa”, considerata disciplina speciale rispetto alla normativa generale prevista dal legislatore nazionale. Il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 stabilisce infatti che i limiti volumetrici e di sedime si applichino in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, così esprimendo una ratio univoca, volta a superare tutte le disposizioni (anche regionali), in materia di SCIA, incompatibili con i nuovi vincoli.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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DemolizioneLa Corte di Cassazione ha ribadito che la mera proposizione di un ricorso in sede amministrativa non consente di sospendere l'ordine di demolizione, il quale può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con esso.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva respinto l'istanza diretta ad ottenere la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo (già oggetto di richiesta di condono), seguito ad una sentenza definitiva della Pretura di Marcianise.

La Sent. C. Cass. pen. 12/02/2020, n. 5540, ha ribadito in proposito che la mera proposizione di un ricorso in sede amministrativa non consente, di sospendere l'ordine di demolizione. Infatti, per la sospensione deve sussistere una concreta attualità e una prognosi rapida e favorevole di accoglimento e di incompatibilità (della soluzione amministrativa) con l'ordine di demolizione.

L'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione.

La Suprema Corte ha pertanto respinto il ricorso rilevando inoltre che la domanda di condono risultava presentata dopo la scadenza dei 90 giorni dalle ingiunzioni alla demolizione del Comune, che hanno di diritto comportato l'acquisizione al patrimonio del Comune del bene immobile abusivo non demolito nei termini. Mancava, conseguentemente, qualsiasi interesse alla definizione della demolizione per un bene non più di proprietà dei ricorrente in quanto acquisito al patrimonio del Comune.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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DemolizioneLa Corte di Cassazione, sez. pen., con la sentenza 13/01/2020, n. 844, fornisce un interessante riepilogo degli orientamenti giurisprudenziali sul c.d. abuso per necessità, dai quali emerge che il diritto all'abitazione è comunque subordinato al rispetto della normativa urbanistica nazionale.

FATTISPECIE
Nella fattispecie il ricorrente si opponeva all’ordine di demolizione di una parte di un immobile nel quale vivevano due famiglie, adducendo l'indisponibilità di un altro diverso alloggio nonché delle necessarie risorse economiche per garantirsi un'altra abitazione. Il ricorrente, invocando l’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo (riguardante il diritto al rispetto della vita privata e familiare e alla casa), sosteneva che la demolizione avrebbe violato il diritto alla tutela dell’abitazione in quanto, riguardando la parte più consistente dell’immobile, avrebbe privato di fatto le persone che vi abitavano del diritto di disporre di un’abitazione rispondente alle condizioni minime di tutela della dignità umana.

ORIENTAMENTI SUL DIRITTO ALL’ABITAZIONE
Al riguardo la Corte di Cassazione, con la sentenza 844/2020, ha richiamato gli orientamenti sul tema sviluppati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e dalla giurisprudenza italiana, secondo i quali l'interesse dell'ordinamento nazionale è quello di abbattere l'immobile abusivamente realizzato, ripristinando l'ordine giuridico violato e garantendo il rispetto delle disposizioni urbanistiche applicabili. La demolizione quindi configurerebbe una legittima sanzione ripristinatoria, e l'interesse con essa perseguito deve ritenersi prevalente sul diritto all’abitazione dell'immobile abusivamente realizzato.

La giurisprudenza ha escluso inoltre che la demolizione dell'opera abusiva possa legittimamente avvenire solo ove il condannato abbia a disposizione un alloggio alternativo, ovvero qualora a ciò abbia provveduto lo Stato, non potendosi riconoscere un diritto assoluto all'inviolabilità del domicilio e, dunque, dell'abitazione, tale da precludere l'esecuzione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva.

Ciò che invece è stato ritenuto indefettibile dai giudici europei è una valutazione, caso per caso, finalizzata al bilanciamento del diritto del singolo alla tutela dell'abitazione e dell'interesse dello Stato ad impedire l'esecuzione di interventi edilizi in assenza di un regolare titolo abilitativo, ossia in altri termini gli interessi tutelati mediante la concreta applicazione della normativa in materia edilizia e territorio.
Ne consegue che l'eventuale violazione dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, va verificata sotto il profilo della proporzionalità dell’ordine di demolizione rispetto alle condizioni personali e familiari dei destinatari della sanzione.

CONCLUSIONI
Alla luce dei suesposti orientamenti, la Corte ha affermato che:
- l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all'art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo (CEDU);
- il diritto all'abitazione non può essere qualificato come assoluto, dovendo lo stesso essere comparato con l'interesse della collettività all'effettiva applicazione della normativa in materia edilizia;
- l'ordine di demolizione non costituisce una sanzione penale, bensì una misura funzionalmente diretta al ripristino dello status quo ante, la cui non esecuzione è limitata ad ipotesi specificamente individuate dal legislatore (come la c.d. fiscalizzazione ex art. 34, D.P.R. 380/2001);
- nel caso di specie la demolizione ordinata non poteva essere considerata sproporzionata rispetto all'interesse del singolo, tenuto conto che la stessa riguardava unicamente una porzione dell'opera (ossia un suo ampliamento) e non l'immobile nella sua interezza.

FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO EDILIZIO
Infine, secondo i giudici, al caso di specie non era neppure applicabile l’art. 34, D.P.R. 380/2001 (che prevede la possibilità di sostituire la rimozione della porzione abusiva dell'immobile con una sanzione pecuniaria nel caso in cui la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio per la restante parte), in quanto:
- il consulente tecnico non aveva fornito dati scientificamente attendibili idonei a dimostrare l’effettiva incidenza della demolizione parziale sull’intero immobile;
- l’opera abusiva realizzata non risultava solo difforme parzialmente dal titolo abilitativo, ma difettava totalmente del necessario permesso di costruire.

Al riguardo è stato infatti precisato che la disciplina prevista dall'art. 34, comma 2, D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio) trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire e non equivale ad una "sanatoria" dell'abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell'illecito, né autorizza il completamento delle opere realizzate, venendo le parti abusive tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione di conservazione di quelle realizzate legittimamente.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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