PiscinaIl Consiglio di Stato ha chiarito che appare erroneo attribuire un valore esclusivo ed autonomo alla realizzazione di una piscina e al suo collocamento all'interno di un compendio, quando l’impatto del manufatto deve essere considerato nel contesto complessivo delle opere autorizzate dal permesso di costruire.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, il Comune di Genova aveva ordinato la demolizione di alcune opere e precisato, tra l’altro, che la piscina e i relativi locali accessori configuravano opere in totale difformità dal titolo edilizio in quanto realizzati su area diversa rispetto a quella rappresentata in progetto e con dimensioni diverse.
Il TAR precisava poi che la diversa localizzazione del manufatto e le sue maggiori dimensioni erano sufficienti a configurare la realizzazione di opere in totale difformità che, in quanto tali, rendevano doverosa l’applicazione della sanzione demolitoria.

La ricorrente sosteneva invece che la localizzazione della piscina realizzata in prossimità della localizzazione progettuale originaria doveva essere considerata in un contesto complessivo, visto che l’oggetto del permesso di costruire era tutto il parco di una villa monumentale e la sistemazione delle aree interne, rispetto alle quali la piscina e la sua positura all’interno del compendio costituivano elementi pertinenziali di minor rilevanza.

PRINCIPI DI DIRITTO E CONCLUSIONI
Il Consiglio di Stato, con la Sent. C. Stato 01/10/2019, n. 6576, ha precisato che in una ottica di proporzionalità o normalità, che è sempre presente nella valutazione giurisdizionale sulla natura pertinenziale delle opere, appare erroneo attribuire un valore esclusivo ed autonomo alla realizzazione della piscina e al suo collocamento all’interno del compendio, quando complessivamente l’impatto del manufatto deve essere mediato con la considerazione complessiva delle opere autorizzate dal permesso di costruire.

Pertanto, la natura pertinenziale di una piscina, collocata in una proprietà privata e posta al servizio esclusivo della stessa, determina l’inapplicabilità della regola demolitoria valevole per le variazioni essenziali, dovendo invece imporre una considerazione in concreto della procedura da adottare, una volta assodata la reale natura delle opere.

 


Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Condono edilizioLa Corte di Cassazione ribadisce la differenza tra sanatoria edilizia e condono, affermando che quest’ultimo non richiede la sussistenza del requisito della doppia conformità.

Come è noto, ai sensi dell’art. 36, D.P.R. 380/2001, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, il responsabile dell'abuso può ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Tale articolo impone quindi la cosiddetta "doppia conformità", che costituisce anche il presupposto per l’estinzione del reato prevista dall’art. 45, comma 3, D.P.R. 380/2001.

Nel caso di specie il Tribunale aveva respinto l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione di alcune opere abusive oggetto di condono ex art. 39 della Legge 724/1994 - assentito con provvedimento del Comune previo parere favorevole di compatibilità paesaggistica della Soprintendenza - per il mancato accertamento della doppia conformità.

Al riguardo la Corte di Cassazione, sez. pen., 12/09/2019, n. 37659, ha specificato che la doppia conformità è requisito per la sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001, ma non del condono ai sensi dell'art. 39, L. 724/1994. Ed infatti, in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del D.P.R. 380/2001 può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36, D.P.R. cit. e, precisamente, la conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica. Viceversa, per il condono edilizio, a differenza di quanto previsto per la sanatoria edilizia di cui al suddetto art. 36, D.P.R. 380/2001, non è richiesto che l'opera abusivamente realizzata sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti al momento del rilascio del provvedimento ed a quelli vigenti al momento della sua realizzazione.

Sulla base di tale presupposto la Corte ha accolto il ricorso e annullato l’ordinanza del Tribunale con rinvio per un nuovo esame della questione.

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
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