Notre-Dame senza assicurazione. Sarà lo Stato a pagare il restauro

Notre-Dame senza assicurazione. Sarà lo Stato a pagare il restauro

Non era assicurata. Notre-Dame non aveva alcuna «copertura», né contro l’incendio né contro altri sinistri, come del resto 83 delle 93 cattedrali francesi, quelle di proprietà dello Stato che se ne appropriò con la legge laicista del 1905. Pare che la decisione di non assicurare il patrimonio della République sia stata presa nel 1889, quando il ministero delle Finanze stabilì che il rapporto costi-benefici era sfavorevole. Più di un secolo dopo, nel 2001, due deputati incaricati della questione stimarono «che la pertinenza di questi argomenti meriterebbe di essere riesaminata», ma in effetti non si è riesaminato nulla.

La conseguenza è che tutto il costo della ricostruzione di Notre-Dame graverà sulle casse statali. Certo, se si scoprisse che le ditte che stavano effettuando i restauri da cui forse si è sprigionato l’incendio ne fossero responsabili, si potrebbero chiedere i danni. In questo caso le assicurazioni ci sono, ma «coprono» al massimo qualche decina di milioni di euro: e per rimettere in piedi Notre-Dame ne serviranno molti di più. Ovvio che ci siano pesanti polemiche sulla gestione del patrimonio pubblico e, in particolare, dei cantieri. Un esperto come Didier Rykner punta il dito su quello di un’altra chiesa-simbolo parigina, la Madeleine, dove non sarebbero a norma nemmeno le prese elettriche.
Intanto all’Eliseo l’intero Consiglio dei ministri è stato consacrato alla questione e nel pomeriggio Emmanuel Macron ha riunito i principali attori della ricostruzione. Il Presidente tiene duro sulla linea del restauro in cinque anni, giudicata improbabile da molti esperti, e si affida ai generali. «Monsieur Reconstruction» sarà Jean-Louis Georgelin, ex capo di Stato maggiore e gran cancelliere della Legion d’onore. Due le decisioni: un concorso internazionale di architetti per decidere come rifare la guglia crollata, che non era medievale ma un’invenzione romantica di Viollet-le-Duc; e una massiccia defiscalizzazione delle offerte per la ricostruzione, fino al 75% per quelle fino a mille euro.
Nonostante le polemiche da sinistra per lo sconto fiscale ai ricchi (ma alcuni Paperoni, come i Pinault, hanno già annunciato di rinunciarci), la sottoscrizione sta andando benissimo e veleggia ormai sul miliardo di euro. L’ultimo creso ad aggiungersi alla lista è la brasiliana Lily Safra, 20 milioni. Anche la Disney ha fatto un’offerta, 5 milioni, ma minaccia un seguito al suo celebre cartone, e comprensivo di rogo. Dopo l’incauto tweet sui Canadair, si è rifatto vivo anche Donald Trump, che ha parlato con Papa Francesco cui ha offerto «l’aiuto dei nostri grandi esperti nella ricostruzione». Però proprietario di Notre-Dame è lo Stato francese, non quello vaticano.