Case che sembrano organismi cellulari, sospese come nuvole poetiche e avveniristiche, e nascondono ideali della controcultura degli anni '70
Claude Costy è la regina delle bolle: le sue case avveniristiche, fatte di sfere che si incastrano l’una nell'altra come strani aggregati cellulari, organismi misteriosi eppure profondamente umani, sono un simbolo della controcultura e dell’avanguardia che negli anni '70 scosse dalle fondamenta l’architettura europea.
Nata il 30 giugno 1931 a Ginevra, con doppio passaporto svizzero e francese, Claude studia alla Scuola di Architettura della sua città natale, e qui conosce Pascal Häusermann, con il quale dividerà il lavoro e la vita. Precursori della Blob Architecture, entrambi sono influenzati dalle idee di Frank Lloyd Wright, che nella metà del Novecento conoscono un crescente seguito in Europa. L’architettura organica, che si modula sui bisogni di coloro ai quali è destinata e sulle specificità dell’ambiente che la accoglie, nelle loro mani assume un carattere spiccatamente artistico, concettuale e sperimentale.
Non a caso Claude Costy, prima ancora che un architetto, è una scultrice. Sa lavorare la ceramica, e plasma le case come fossero vasi, con la stessa attitudine tattile, lo stesso gusto per le linee curve che scorrono sotto le dita. Ciò che le interessa è ricercare un legame tra la costruzione e il suo habitat, prestando ascolto al mondo naturale, mimandone le forme in ogni dettaglio.
Le sue “bolle” paiono escrescenze amebiformi espulse dalla terra, fossili futuristici in cui si possono riscoprire le proprie radici, senza infingimenti, senza il diktat delle convenzioni comuni. E infatti anche gli interni assomigliano a caverne, bozzoli primitivi dove i mobili sono scolpiti, scavati nelle pareti di calcestruzzo, in un continuum intimo e avvolgente.
Per costruire le sue poetiche sfere, avulse da ogni geometria tradizionale, Claude, insieme a Pascal, perfezione anche una tecnica costruttiva rivoluzionaria, fino a quel momento inedita in Europa, ossia quella della “cassaforma persa”. Il cemento viene steso a mano in un'armatura metallica (e non più di legno, come era prassi diffusa), che poi resta intrappolata sotto di esso, e così la casa si espande cellula dopo cellula, pietra su pietra, intorno al suo scheletro, proprio come farebbe un corpo vivo.
L’opera che meglio racconta questa visione e la sua trasposizione tecnica è la Bubble House di Minzier, in Alta Savoia, dove tutt’ora Claude Costy risiede. Costruita sulle rovine di un antico presbiterio del XVII secolo di cui ha conservato le fondamenta e alcune pareti, la casa di Claude Costy inizia a prendere forma nel 1968. La coppia di architetti vuole qualcosa di più di un posto in cui vivere. Sogna un manifesto, un lascito artistico e ideologico, che faccia propria la bellezza abbacinante della valle, coi monti sullo sfondo e l’abbraccio dei boschi tutt’intorno, e la traduca in linguaggio architettonico.
Se le facciate sono un intreccio morbido, scomposto e ardito di volumi, con bolle finestrate che sporgono come occhi, la terrazza è uno specchio in cui si tuffa il cielo. Qui si trova infatti una piscina panoramica sorvegliata da un ventaglio di camini, che si tendono come le antenne di un bizzarro insetto. Una cupola sigilla lo studio dove Claude ancora oggi modella le sue creazioni in ceramica. All’interno non c’è nemmeno un angolo retto. Le bolle sono stanze che scivolano l'una nell'altra, scandite da archi sghembi, volte uterine, scale a chiocciola. Per segnalare a quale membro della casa appartiene ciascuna camera, il ritratto del membro della famiglia corrispondente è scolpito sopra la porta.