Equo compensoLo scopo della L.R. Marche 38/2019 è garantire per i liberi professionisti un equo compenso proporzionato alla quantità, qualità e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione resa, ma anche rispetto ai parametri applicabili alla professione svolta nello specifico.

È stata pubblicata nel BURM 28/11/2019, n. 93 la L.R. Marche 18/11/2019, n. 38 che attribuisce alle istituzioni regionali e alla Pubblica amministrazione il compito di perseguire la finalità di promuovere e valorizzare le attività professionali, anche attraverso il riconoscimento ad un equo compenso.

Il compenso dovrà necessariamente essere proporzionato alla quantità, alla qualità, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione resa, oltre che conforme ai parametri applicabili alla specifica professione, così come stabilito anche dal legislatore nazionale.
Gli stessi parametri dovranno essere utilizzati, quale criterio o base di riferimento, ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara e nei contratti di incarico professionale non dovranno essere inserite clausole vessatorie.

MISURE PREVISTE - La legge prevede che entro il 31 marzo di ogni anno la Giunta regionale dovrà sottoporre all’Assemblea legislativa una relazione che ricomprenda i risultati dell’attività di monitoraggio. Viene previsto, inoltre, che la Regione promuova l’adozione da parte degli Enti locali di misure atte a garantire quanto stabilito dall’intervento legislativo in questione.

 



Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Pubblicato in Normativa

Bollo su pratiche edilizieCon tre distinte risposte a istanze di interpello, l'Agenzia entrate ha reso interpretazioni sull'applicazione dell'imposta di bollo sulle pratiche edilizie, sui documenti formati all'interno del MEPA, sulle copie dei documenti amministrativi informatici.

Secondo l'Interpello 25/07/2019, n. 319:
- la copia della denuncia delle opere strutturali, munita dell'attestazione di avvenuto deposito (art. 65 del D.P.R. 380/2001) è soggetta ad imposta di bollo fin dall'origine;
- sono soggetti all'imposta di bollo fin dall'origine anche la relazione del direttore dei lavori "a struttura ultimata" nonché il certificato di collaudo statico (artt. 65 e 67 del D.P.R. 380/2001);
- gli allegati tecnici alla denuncia di cui sopra sono invece soggetti ad imposta di bollo solo in caso d'uso, cioè quando sono presentati per la registrazione;
- sono soggette all'imposta di bollo solo in caso d'uso anche le eventuali varianti alla denuncia.
Il documento conferma infine che sia sulle istanze per il rilascio di titoli abilitativi edilizi comunque denominati che sui successivi provvedimenti di autorizzazione o diniego - anche se concernenti specifiche realtà regionali (es. autorizzazione alle sopraelevazioni di cui all'art. 8 della L. R. Lombardia 12/10/2015, n. 33) - è dovuta l'imposta di bollo fin dall'origine.

Secondo l'Interpello 25/07/2019, n. 321:
- per i contratti pubblici formati all’interno del MEPA, e per gli allegati documenti redatti in formato elettronico firmati digitalmente non sono applicabili le modalità di assolvimento per via telematica tramite modello F24 introdotte con D.M. 17/06/2014 per i "documenti fiscalmente rilevanti", in quanto i documenti in questione non rientrano in tale categoria;
- restano dunque applicabili le ordinarie modalità di assolvimento previste dall'art. 3 del D.P.R. 642/1972, e cioè: (i) in modo virtuale mediante pagamento all'ufficio dell'Agenzia delle entrate o altri uffici autorizzati; (ii) mediante intermediario convenzionato che rilascia apposito contrassegno.

Secondo l'Interpello 25/07/2019, n. 323:
- per il rilascio dei duplicati informatici di un documento amministrativo informatico non deve essere applicata l’imposta di bollo.

 

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it

Pubblicato in Normativa

Distanza minima tra paretiIl Consiglio di Stato, con la pronuncia del 23/05/2019, n. 3367, fa il punto su tutte le questioni applicative concernenti la distanza minima tra pareti finestrate prevista dal D.M. 1444/1968.


In proposito si ricorda che l’art. 9 del D. Min. LL.PP. 02/04/1968, n. 1444, nell’ottica di tutelare imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, prescrive le distanze da osservare nelle ipotesi di ristrutturazione e costruzione di nuovi edifici, prevedendo altresì una specifica disciplina per gli stabili ricadenti nei centri o agglomerati storici.
In particolare, l’art. 9 del D. Min. LL.PP. 1444/1968, al punto 2), prescrive per le nuove costruzioni ricadenti in zone diverse dalla zona territoriale omogenea A (quindi in zona diversa dal centro storico) l’obbligo di osservare una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate ed edifici antistanti.
C. Stato 23/05/2019, n. 3367 ha affrontato diverse questioni applicative della norma sopra descritta,
SCOPO DELLA NORMA E SUA APPLICAZIONE INDEROGABILE - La norma è volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e di conseguenza va applicata in via inderogabile, non essendo neanche concesso al giudice di valutare un eventuale equo contemperamento degli opposti interessi delle parti.
COME CALCOLARE LE DISTANZE - La distanza di 10 metri va calcolata:
- con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano;
- con riferimento a tutte le pareti finestrate e non soltanto a quella principale;
- prescindendo dal fatto che le pareti frontistanti siano o meno in posizione parallela;
- indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia preesistente o di un nuovo edificio da realizzarsi;
- indipendentemente dalla circostanza che le pareti si trovino alla medesima o a diversa altezza l'un l'altra.
RAPPORTO CON I REGOLAMENTI COMUNALI - La norma in discussione prevale sia sulla potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze, sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei Comuni, in quanto deriva da una fonte normativa statale sovraordinata, sia infine sull’autonomia negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che non sono nella disponibilità delle parti.
NOZIONE DI "NUOVA COSTRUZIONE" - per nuova costruzione si deve intendere non solo la realizzazione di un fabbricato completamente nuovo, ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l'aumento della sagoma d’ingombro. Anche la sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione.

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it

Pubblicato in Normativa

Corte di CassazioneLa Corte di Cassazione chiarisce in quali casi un’opera può essere ritenuta precaria e quindi sottratta al preventivo rilascio del permesso di costruire


FATTISPECIE
Nel caso di specie era stata affermata la responsabilità del ricorrente per la realizzazione, in zona demaniale marittima gravata da vincolo paesaggistico, di una struttura pressostatica delle dimensioni di mq 100, realizzata in elementi metallici e copertura in PVC, con pavimentazione in pietra leccese, in assenza dei prescritti titoli abilitativi.

Il ricorrente sosteneva che dalle dichiarazioni rese dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale, risultavano la precarietà ed amovibilità dell'opera, per la quale era stato peraltro rilasciato il permesso di costruire in sanatoria.

PRINCIPIO DI DIRITTO
In proposito, la Suprema Corte ha ribadito che, al fine di ritenere sottratto un manufatto al preventivo rilascio del permesso di costruire in ragione della sua asserita natura precaria, la stessa non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell'opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione, non risultando, peraltro, sufficiente la sua rimovibilità o il mancato ancoraggio al suolo.

Inoltre, sulla base di quanto disposto dal T.U.E. (D.P.R. 380/2001), sono soggetti a permesso di costruire, tutti gli interventi che, indipendentemente dalla realizzazione di volumi, incidono sul tessuto urbanistico del territorio, determinando una trasformazione in via permanente del suolo inedificato.

CONCLUSIONI
La Corte di Cassazione ha considerato che le dedotte caratteristiche di precarietà e facile amovibilità dell'opera erano evidentemente smentite dalla descrizione della stessa effettuata nella sentenza di appello sulla base delle emergenze processuali del giudizio di primo grado. Il manufatto realizzato si presentava infatti come stabilmente infisso al suolo e dotato di pavimentazione circoscritta da un muretto di contenimento, l'opera poggiava su pilasti in ferro, a loro volta ancorati su plinti in cemento armato ed era stato accertato anche un cambiamento del livello planovolumetrico e pianoaltimetrico del terreno su cui l'opera era stata realizzata. Si era evidenziato, poi, che i plinti su cui poggiava il manufatto erano infissi su di una zattera in cemento sulla quale era stata poi posta una pavimentazione in lastre di pietra leccese.
Avuto riguardo a tali caratteristiche costruttive, risultava evidente che la dedotta precarietà dell'opera era del tutto insussistente.

La Cass. pen. 30/05/2019, n. 24149 ha pertanto ritenuto che nel caso di specie i necessari requisiti individuati dalla giurisprudenza mancavano del tutto ed, anzi, le caratteristiche costruttive accertate deponevano, unitamente alla rilevata alterazione planovolumetrica e pianoaltimetrica del terreno, per un intervento destinato a durare nel tempo che aveva già determinato una modifica dell'originario assetto dell'area su cui insisteva.

Un'ulteriore conferma di una simile evenienza, era data dal fatto che per le opere in questione l'interessato aveva ritenuto di dover richiedere un permesso di costruire in sanatoria (sulla base peraltro di una descrizione delle opere non rispondente alla realtà), che non sarebbe stato necessario per un intervento precario, atteso che la natura dell'opera precaria, che non determina stabili trasformazioni del territorio, non richiede per la sua realizzazione alcun titolo abilitativo.

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it

Pubblicato in Normativa

Rigenerazione urbanaPreliminarmente occorre chiarire cosa si intenda per “rigenerazione urbana”. Il termine, di derivazione anglosassone (“urban regeneration”) designa i programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate. Si tratta di interventi che, rivolgendosi al patrimonio edilizio preesistente, limitano il consumo di territorio salvaguardando il paesaggio e l’ambiente; attenti alla sostenibilità, tali progetti si differenziano sostanzialmente da quelli di urban renewal, o «rinnovamento urbano», spesso rivelatisi interventi prevalentemente di demolizione e ricostruzione, a carattere più o meno apertamente speculativo. I quartieri o le parti di città oggetto di interventi di R.U. vengono pertanto sottoposti a una serie di miglioramenti tali da renderne l’edificato compatibile dal punto di vista ambientale, con l’impiego di materiali ecologici, e il più possibile autonomo dal punto di vista energetico, con il progressivo ricorso alle fonti rinnovabili; ma anche tali da limitare l’inquinamento acustico e raggiungere standard adeguati per i parcheggi, gli esercizi commerciali, i trasporti pubblici, la presenza di luoghi di aggregazione sociale, culturale e religiosa, di impianti sportivi e aree verdi ecc., in modo da ottenere un complessivo innalzamento della qualità della vita degli abitanti.

L’art. 5 dello Sblocca cantieri è finalizzato a chiarire che il soddisfacimento degli standard da parte degli interventi di rigenerazione urbana sia assicurato solo nel caso in cui questi generino un maggiore fabbisogno di dotazioni territoriali rispetto alla situazione antecedente. In alternativa, quando non sia tecnicamente possibile disporre di aree da cedere, si può provvedere alla monetizzazione delle aree, consentendo, in tal modo, ai comuni di acquisire risorse utili.

All’art. 5, comma 1, il legislatore delegato elenca le finalità perseguite dalla norma:
- indurre una drastica riduzione del consumo di suolo e, al contempo, favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente;
- incentivare la razionalizzazione di detto patrimonio edilizio;
- promuovere ed agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione, ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e di assicurare il miglioramento e l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione.

Per le ragioni sub a), b) e c), vengono apportate due modifiche alla normativa pre-vigente:
-all’articolo 2-bis, comma 1, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia[3] (recante “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati”), le parole “possono prevedere” sono state sostituite da “introducono” e le parole “e possono dettare” da “nonché”. Pertanto, il legislatore delegato ha inteso obbligare le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ad introdurre, da un lato, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e, dall’altro, disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali ad un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali;
- allo stesso articolo 2-bis di cui sopra, dopo il comma 1 vengono introdotti due commi:
    «1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
    1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo».

Le riforme apportate dallo Sblocca cantieri in tema di rigenerazione urbana, tuttavia, non sono state esente da critiche: c’è, infatti, chi ha parlato di “troppa prudenza” da parte del Governo, auspicando il superamento della “logica dei provvedimenti singoli” e, conseguentemente, l’approdo ad un “sistema di interventi generali e strutturali che consentano un vero cambio di passo, con l’indicazione chiara degli obiettivi di medio periodo e degli strumenti normativi e finanziari da utilizzare per conseguirli”.


fonte iusinitinere

Pubblicato in Normativa