Sabato, 19 Dicembre 2020 02:48

Mappe catastali: cartografia online

Catasto fabbricati

L'Agenzia delle Entrate ha sviluppato un nuovo servizio, online dal 7 novembre, che consente di visionare le mappe catastali per consultare i valori immobiliari e tutti i dati d'interesse.

L’applicazione è stata realizzata per garantire la massima trasparenza del marcato immobiliare, garantendo il rispetto della privacy dei soggetti coinvolti nelle transazioni.
Vengono infatti mostrati i principali dati dell’atto ci compravendita, ma non il diretto collegamento all’abitazione.

Il servizio consente di consultare i dati stipulati a partire dal 1° gennaio 2019, navigando comodamente online sulle mappe del territorio nazionale.

Basterà quindi accedere a Fisconline/Entratel con le proprie credenziali o con lo SPID; una volta entrati nel portale, si potrà scegliere il territorio e il periodo di interesse; il portale permetterà di visionare:
– mese e anno di riferimento per la stipulazione del contratto;
– tipologia dell’atto (residenziale, produttivo, commerciale);
– numero degli immobili transati nell’atto;
–  corrispettivo dichiarato per il complesso degli immobili in atto;
– comune e la zona OMI di ubicazione degli immobili;
– categoria e la consistenza catastale (espressa in vani, metri cubi o metri quadrati a seconda della categoria catastale).

I dati del servizio fanno riferimento a immobili georiferiti in particolati ambiti territoriali e sono realizzati mettendo insieme:
– archivi delle note di trascrizione degli atti di compravendita;
– note di registrazione degli stessi atti;
– archivi censuari del Catasto fabbricati;
– archivio delle zone OMI.
Le mappe verranno aggiornate continuamenteon cadenza mensile, in modo da “mappare” un numero sempre più alto di valori immobiliari.

Il servizio è disponibile per le unità immobiliari urbane compravendute situate in tutto il territorio nazionale, ad eccezione di quelle nei comuni delle province autonome di Trento, Bolzano, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

Importante risulta il rispetto della privacy per gli utenti dell'applicazione: la consultazione dei dati viene garantita in forma anonima.
Inoltre, gli utenti potranno accedere a una mappa in cui compaiono “punti di interesse”, unità immobiliari georiferite, solamente dopo aver raggiunto un minimo di 5 transazioni; solo in questo caso sarà possibile consultare delle schede con le principali informazioni contenute negli atti di compravendita. Il tutto senza il collegamento diretto al punto di interesse al quale appartengono queste informazioni.

 

A cura di Geom. Lucia Coviello - Edilsocialnetwork

Catasto

Il Catasto italiano è l’inventario o il registro di tutti i beni esistenti sul territorio nazionale ed è diviso in:
• catasto terreni
• catasto fabbricati

Importante innanzitutto considerare che la documentazione che compone tale inventario e che viene rilasciata per i vari scopi che la necessitano non è considerata probatoria ovvero non fornisce una prova giuridica della proprietà.
La sua funzione è prevalentemente fiscale e definisce redditi e imposte ma ha importanza anche civilistica (ad esempio di supporto al sistema di pubblicità immobiliare o progettuale) o politico-economico sociale per la conoscenza del patrimonio immobiliare.
La sua gestione è sempre stata affidata all’agenzia del territorio fino al 2012 quando è passata al controllo dell’agenzia delle entrate (D.Lgs n°95/2012)

CATASTO FABBRICATI:
Con la legge 1249/1939 viene indetta la formazione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano (N.C.E.U.).
Vengono considerati le nuove edificazioni di nuovi immobili o la variazione nello stato di quelli già esistenti.
Il software utilizzato a tale scopo è il DO.C.FA – acronimo di DOcumento CAtasto FAbbricati. e la prima versione del software nasce nel 1996.
Questi documenti vengono redatti dai tecnici in possesso di firma digitale e iscrizione agli ordini o collegi professionali.
E’ possibile scaricare gratuitamente l’ultima versione del software, inviare pratiche o scaricare documentazione catastale dal portale SISTER dell’agenzia delle entrate.
La documentazione scaricabile può riguardare ad esempio:
Le visure catastali nella quale è possibile acquisire i dati identificativi e reddituali dei beni e i dati anagrafici delle persone intestatari.
Le schede o mappe catastali catastali relative all’immagine grafica del terreno o dell’unità immobiliare.

Dati da conoscere sono:
Il FOGLIO come la porzione di territorio comunale che il catasto rappresenta nelle proprie mappe cartografiche
Il MAPPALE O PARTICELLA rappresenterà la porzione di terreno sul quale insiste il fabbricato
Il SUBALTERNO rappresenterà la singola unità immobiliare.

CATASTO TERRENI:
Con la legge del 1° marzo 1886, n. 3682 viene costituito il Nuovo Catasto Terreni(N.C.T.).
Vengono considerati tutti i beni rustici, ossia i terreni agricoli e fabbricati rurali, non ancora in mappa e quei terreni che hanno subito una variazione come fusione o frazionamento.
Il software utilizzato è il PREGEO– acronimo di PREtrattamento atti GEOmetrici e la prima versione nasce nel 2009.
Compito del tecnico è la presentazione del tipo frazionamento, del tipo mappale, delle volture catastali.
I rilievi vengono solitamente effettuati con strumentazione elettronica e i più utilizzati sono i GPS e lestazioni totali.
Negli anni ‘70 circa venne inventato il distanziometro elettronico, uno strumento in grado di misurare le distanze in modo automatico, senza dover arrivare fisicamente all’oggetto da rilevare, bastava averlo sulla visuale.
L’evoluzione ulteriore della tecnologia venne introdotta con la lettura elettronica degli angoli con il Teodolite.
Assemblando il teodolite e il distanziometro elettronico nasce quella che oggi si chiama “stazione totale”
I metodi di rilievo utilizzati si appoggiano a dei punti registrati al catasto detti “punti fiduciali” le cui coordinate sono ben note in modo da calcolare perfettamente ed in modo univoco le coordinate e la posizione esatta di case, terreni, servizi, strade, eccetera.

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Distanze costruzioniSecondo il Consiglio di Stato nel caso di demolizione seguita dalla fedele ricostruzione di un edificio (o di una parte dello stesso) non si applicano i limiti di distanza inderogabili previsti dal D.M. 1444/1968, ma si deve fare riferimento alle disposizioni vigenti al momento dell’edificazione del fabbricato preesistente.

Nel caso di specie il ricorrente si opponeva all’ordine di sospensione dei lavori per la ricostruzione di parte di un edificio che risultava ad una distanza dal confine inferiore a quella prevista nell’elaborato progettuale allegato al permesso di costruire concesso nel 2011 e dalle NTA del piano regolatore. Il ricorrente sosteneva trattarsi di una mera ristrutturazione edilizia a seguito di demolizione e fedele ricostruzione dell’edificio.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 10/06/2020, n. 3710, preso atto che dai rilevamenti aerofotogrammetrici risultava che l’ubicazione attuale del corpo di fabbrica dell’abitazione dell’appellante era la medesima di quella precedente, ha ritenuto innanzitutto che le disposizioni sulle distanze legali a cui il Comune avrebbe dovuto far riferimento per accertare la legittimità delle opere erano quelle vigenti al momento della costruzione dell’edificio preesistente (nel caso di specie avvenuta nel 1962).

I giudici hanno inoltre ricordato che secondo la costante giurisprudenza (vedi C. Stato14/09/2017, n. 4337; C. Stato 23/06/2017, n. 3093; C. Stato 08/05/2017, n. 2086), la disposizione contenuta nell’art. 9 del D.M. 1444/1968 sulla distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal Codice civile.
Tuttavia, la disposizione del n. 2 dell’art. 9, D.M. 1444/1968 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse.

Ed infatti, applicando il limite inderogabile di distanza ad un immobile prodotto da ricostruzione di un altro precedente, si otterrebbe che l'immobile non potrebbe essere demolito e ricostruito se non arretrando rispetto all’allineamento preesistente (con conseguente vulnus estetico e possibile perdita di volume, realizzando quindi un improprio “effetto espropriativo” del D.M. 1444/1968). Inoltre, il singolo arretramento (imposto per effetto di una non coerente applicazione della norma), produrrebbe anche la realizzazione di spazi chiusi, rientranze ed intercapedini nocivi per le condizioni di salubrità, igiene, sicurezza e decoro, che invece l’art. 9, D.M. 1444/1968 intende perseguire.

In definitiva:
- le norme sulle distanze di cui al D.M. 1444/1968 si riferiscono alla nuova pianificazione del territorio e non già ad interventi specifici sull'esistente;
- la previsione del limite inderogabile di distanza riguarda immobili o parti di essi costruiti (anche in sopra elevazione) “per la prima volta” (con riferimento al volume e alla sagoma preesistente), ma non può riguardare immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili con successiva ricostruzione.

Su queste basi, secondo il Consiglio di Stato, la circostanza che nella fattispecie si trattasse di una demolizione con fedele ricostruzione ha reso irrilevante il fatto che il permesso di costruire da ultimo assentito prevedesse distanze maggiori.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Pubblicato in Edilizia & Materiali
Mercoledì, 29 Maggio 2019 18:53

Come si integra una fattura elettronica?

L’inversione contabile o “reverse charge” è quel meccanismo per cui l’Iva è dovuta dal cliente anziché dal fornitore. Le fatture sono emesse dal cedente (o prestatore) senza Iva mentre il cessionario (o committente) integra la fattura con Iva, effettuando la doppia registrazione, nel registro Iva acquisti (per il conteggio dell’Iva a credito) e nel registro Iva vendite (per il conteggio dell’Iva a debito).

Il meccanismo è stato introdotto in alcuni settori considerati a rischio di frodi Iva come, ad esempio, nell’edilizia. In tal modo, l’acquirente risulta allo stesso tempo creditore e debitore del tributo.

Tale sistema trova applicazione nel nostro ordinamento in molteplici ambiti, alcuni dei quali riportati di seguito:

    prestazioni di servizi diversi da quelli di cui alla lettera a-ter), compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore. La disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori (articolo 17, comma 6, lett. a), D.P.R. 633/1972);
    cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10, comma 1, per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione (articolo 17, comma 6, lett. a-bis), D.P.R. 633/1972);
    prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici (articolo 17, comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972);
    cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi e dei relativi lavori, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, di pelli, di vetri, di gomma e plastica, nonché di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo, intendendosi comprese anche quelle relative agli anzidetti beni che siano stati ripuliti, selezionati, tagliati, compattati, lingottati o sottoposti ad altri trattamenti atti a facilitarne l’utilizzazione, il trasporto e lo stoccaggio senza modificarne la natura (articolo 74, comma 7, D.P.R. 633/1972).

In ottica di fatturazione elettronica le operazioni rientranti nel regime dell’inversione contabile richiedono che il fornitore indichi l’imponibile, specificando la Natura dell’operazione con il codice “N6 – Inversione contabile”, con registrazione dell’operazione nel registro Iva vendite.

Il cessionario (o committente) soggetto passivo Iva che riceve la fattura elettronica riportante la natura “N6”, ai sensi dell’articolo 17 D.P.R. 633/1972, deve procedere all’integrazione della fattura elettronica ricevuta con l’imposta, effettuando la registrazione ai sensi degli articoli 23 e 25 D.P.R. 633/1972.

La mancata integrazione, anche in presenza di doppia registrazione, determina l’applicazione delle sanzioni, ai sensi dell’articolo 6, comma 9bis, D.Lgs 471/1997 che dispone quanto segue: “è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 500 euro e 20.000 euro il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, omette di porre in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile di cui agli articoli 17…74…dpr 633/1972”.

Con la fatturazione elettronica in formato xml, pertanto, il destinatario del file fattura ha l’onere di scegliere come assolvere all’integrazione del documento elettronico.

L’Agenzia delle Entrate aveva affrontato la problematica già nella circolare 45/E/2005, paragrafo 2.7.2, analizzando l’ipotesi degli acquisti intracomunitari: “posto che la fattura ricevuta non può essere in alcun modo modificata, l’acquirente deve predisporre un altro documento in cui annotare sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura estera (cfr circolare 23 febbraio 1994, n. 13/E). Detto documento, se emesso in forma elettronica, è allegato alla fattura originaria e reso immodificabile mediante l’apposizione del riferimento temporale e della firma elettronica qualificata. Qualora, invece, il documento integrativo sia redatto su supporto cartaceo, si rende necessario materializzare la fattura estera, per conservarla congiuntamente al menzionato documento, ovvero, in alternativa, convertire il documento integrativo analogico in formato elettronico”.

Nella circolare 13/E/2018, inoltre, l’Agenzia delle entrate evidenzia, che “vista la natura del documento elettronico transitato tramite SdI -di per sé non modificabile e, quindi, non integrabile -che la numerazione della fattura o qualsiasi altra integrazione della stessa…possa essere effettuata secondo le modalità già ritenute idonee in precedenza (cfr. la risoluzione n. 46/E del 10 aprile 2017 e le circolari ivi richiamate), ossia, ad esempio, predisponendo un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa”.

Pertanto, ai fini della corretta applicazione del reverse charge “interno”, l’integrazione della fattura elettronica passa necessariamente da un documento distinto predisposto dal cliente dell’operazione, che dovrà essere conservato insieme alla fattura ricevuta dal fornitore/prestatore, entro il 31 gennaio 2021 (tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione dei redditi riferita all’anno 2019).

A tal proposito l’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un quesito specifico sul tema, con la Faq n. 38 del 27 novembre 2018 propone quanto segue: “al fine di rispettare il dettato normativo, l’Agenzia ha già chiarito con la circolare 13/E del 2 luglio 2018 che una modalità alternativa all’integrazione della fattura possa essere la predisposizione di un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa. Al riguardo, si evidenzia che tale documento – che per consuetudine viene chiamato “autofattura” poiché contiene i dati tipici di una fattura e, in particolare, l’identificativo Iva dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del cedente/prestatore che in quello del cessionario/committente – può essere inviato al Sistema di Interscambio e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall’Agenzia delle entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione”.

A nostro avviso se da un lato la soluzione proposta con la Faq dell’Agenzia risolve il problema della conservazione del documento di integrazione, dall’altro ci sembra fuorviante mischiare il concetto di “autofattura” con quello dell’integrazione. Resta, pertanto, consigliabile valutare all’interno della propria struttura la soluzione più idonea per assolvere all’adempimento formale in commento, onde evitare l’applicazione delle citate sanzioni.

Pubblicato in Normativa