Il vuoto strutturale "tombato" non costituisce incremento di volumetria

Il vuoto strutturale "tombato" non costituisce incremento di volumetria

I locali chiusi "tombati" non costituiscono superficie utile, non determinano un incremento volumetrico e rientrano nell’attività edilizia libera al pari dei volumi tecnici.

FATTISPECIE
Nel caso di specie si trattava dei lavori di demolizione e ricostruzione di un fabbricato già esistente, composto da un piano interrato e un piano terra. Il ricorrente impugnava l’ordine di demolizione impartito a seguito di sopralluoghi, effettuati mentre i lavori erano ancora in corso, che accertavano la realizzazione di un ampliamento di superficie rispetto a quella autorizzata. Il ricorrente sosteneva che le opere (seminterrato) erano state erroneamente ritenute in difformità rispetto al progetto assentito e che si trattasse solo di un “vuoto strutturale” privo di accesso (tombato), necessario per assicurare la conformità dell’edificio alla normativa antisismica.

Al riguardo il TAR Lazio Roma, con la sentenza 30/03/2020, n. 3722, ha accolto il ricorso e annullato l'ordine di demolizione sulla base delle seguenti motivazioni.

NOZIONE DI “TOMBATURA”
L’operazione di “tombatura” consiste nella chiusura totale con muratura dei locali che li rende inaccessibili e, di conseguenza, non idonei a determinare incremento di volumetria o superficie da computarsi ai fini urbanistici in quanto non utilizzabili. Pertanto tali locali non costituiscono superficie utile e non determinano un incremento volumetrico, rientrando nell’attività edilizia libera, disciplinata dall’art. 6, D.P.R. 380/2001, lett. c), al pari dei “volumi tecnici” (che sono utilizzabili esclusivamente per contenere impianti ed assicurare la funzionalità dell’edificio cui sono asserviti, per cui sono accessibili esclusivamente per l’utilizzato degli impianti in essi collocati), dai quali si distinguono per non essere neppure accessibili, come nel caso dei “sottotetti non accessibili asserviti alla costruzione quale spazio vuoto utile all’isolamento termico ecc.”.

Si tratta, pertanto, di locali che non devono essere computati nella volumetria o nella superficie utile dato che svolgono una loro funzione di carattere edilizio (quale potrebbe essere anche quella di rispondere ad una specifica esigenza di carattere strutturale) meramente strumentale, incompatibile con l’autonoma utilizzazione.

Tali condizioni risultavano soddisfatte dal progetto presentato dal ricorrente, dato che negli elaborati grafici allegati alla DIA il locale in contestazione veniva denominato e graficamente rappresentato come “vuoto strutturale tombato”.

VERIFICA DELLA CONFORMITÀ AL PROGETTO ASSENTITO - VARIAZIONI DOVUTE ALL’ADEGUAMENTO ANTISISMICO
Con particolare riferimento alla verifica se nel caso di specie si trattasse di variazione essenziale o totale difformità per stabilire l'applicabilità della misura ripristinatoria demolitoria, il TAR ha ritenuto non adeguatamente motivato il relativo provvedimento anche in ragione del fatto che non era stata valutata la “necessità” di tali modificazioni ai fini della sicurezza sismica, tra l’altro prevista dalla legge regionale applicabile.

In proposito i giudici hanno precisato che se l’intervento progettato fosse stato eseguito esattamente come previsto, avrebbe determinato uno stato di pericolo in caso di evento sismico e che pertanto l’interesse all’astratto rispetto del titolo abilitativo perseguito dal Comune veniva in conflitto con l’interesse alla sicurezza e stabilità delle costruzioni. In ogni caso, nella fattispecie, l’interesse pubblico al rispetto del titolo abilitativo era comunque assicurato mediante il completamento dell’intervento progettato con l’operazione di tombatura che, appunto, consentiva di assicurare la corrispondenza del costruito al progettato.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Aumento di volumetria, variazioni essenziali e abuso per necessità

Aumento di volumetria, variazioni essenziali e abuso per necessità

Il TAR Lazio-Roma 14/11/2019, n. 13055 fornisce un utile riepilogo dei principi giurisprudenziali in tema di interventi eseguiti in assenza o in difformità dal titolo edilizio.

FATTISPECIE
Nel caso di specie la ricorrente impugnava l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune che aveva rilevato la realizzazione di lavori abusivi in totale difformità dalla concessione edilizia. In particolare si trattava della edificazione di un manufatto ad uso residenziale e di un altro con destinazione agricola, di un piano interrato eseguito come seminterrato con maggiore superficie e volumetria residenziale e il mutamento della destinazione d’uso di un garage e di un locale per gli attrezzi agricoli; tutto ciò per consentire il migliore e concreto utilizzo dei luoghi anche da parte di una persona affetta da una malattia invalidante.
A tale ultimo riguardo la ricorrente sosteneva che lo stato di malattia dovrebbe autorizzare interventi edilizi anche in deroga agli strumenti urbanistici, a maggior ragione quando le modifiche abbiano solo riflessi interni e non riguardino categorie diverse ed autonome.

VARIAZIONI ESSENZIALI E DIFFORMITÀ PARZIALE
Il TAR, ritenendo in primo luogo infondate le deduzioni della ricorrente volte a sminuire l’abuso con la considerazione parziale ed atomistica dei singoli interventi, che invece vanno considerati nel loro complesso, ha richiamato i seguenti orientamenti giurisprudenziali in materia:

- in tema di abusi edilizi si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione; si configura per contro la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera;

- in caso di realizzazione di una volumetria maggiore rispetto a quella assentita si configura un'ipotesi di variazione essenziale, ai sensi dell'art. 32, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b), soprattutto ove questa abbia determinato un incremento percentuale superiore a quello di tolleranza del 2% previsto dall'art. 34, D.P.R. 380/2001, comma 2-ter. È legittima pertanto l'applicazione della sanzione demolitoria che l'art. 31, D.P.R. 380/2001, comma 2, riconnette non solo agli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, ma anche a quelli realizzati con "variazioni essenziali" determinate ai sensi del richiamato art. 32;

- il provvedimento che ingiunge la demolizione è un atto sostanzialmente dovuto che, pertanto, soprattutto in presenza di un abuso rientrante nella disciplina dell’art. 31, D.P.R. 380/2001, non richiede una particolare motivazione oltre alla chiara indicazione delle opere abusive; per la costante giurisprudenza non è di ostacolo alla sua emanazione neppure il decorso di un periodo di tempo anche consistente dalla commissione dell'abuso.

ABUSO PER NECESSITÀ
Infine il TAR, proprio sulla base della considerazione che la repressione dell’abuso in questione non costituiva attività discrezionale della P.A. ma attività del tutto vincolata, ha affermato che le primarie esigenze di tutela della salute e della necessità di abbattimento delle barriere architettoniche non possono giustificare opere eseguite in totale difformità da quanto assentito con il titolo edilizio, in assenza di una richiesta di permesso di costruire in variante. Di conseguenza non assume alcuna rilevanza la possibilità di deroga alla disciplina urbanistica ai fini della necessità dall’abbattimento delle barriere architettoniche, non dovendo l’amministrazione, in presenza di opere edilizie eseguite in assenza di titolo edilizio o in difformità totale dall’assentito, accertare il profilo sostanziale della conformità o meno delle opere alla disciplina urbanistica, ma dovendosi limitare ad evidenziare la sussistenza degli abusi eseguiti sine titulo.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti sul criterio c.d. vuoto per pieno

Il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti sul criterio c.d. vuoto per pieno

Come è noto l'art. 3 del D.M. 02/04/1968, n. 1444 impone che ad ogni abitante siano assicurati mediamente 25 mq di superficie lorda abitabile, pari a circa 80 mc "vuoto per pieno", eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq (pari a circa 20 mc "vuoto per pieno") per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, etc.).

Secondo il Consiglio di Stato il c.d. criterio del “vuoto per pieno” (ossia il volume totale dello spazio compreso tra le pareti esterne, il pavimento più basso e la copertura, misurato all'esterno) richiamato dal suddetto art. 3 riguarda la volumetria complessiva lorda di una costruzione e, in linea di principio, non esclude alcuno spazio e/o superficie. L’unico temperamento ad esso è costituito dalla nozione di “volume tecnico”, espressione con la quale si fa riferimento esclusivamente a quei volumi che sono realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all'interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale.

Al riguardo i giudici, nel ribadire che soltanto i locali tecnici sono esclusi dal calcolo della volumetria ammissibile, hanno richiamato, tra l'altro, la circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 2474 del 31/01/1973, recante la “Definizione dei volumi tecnici ai fini del calcolo della cubatura degli edifici”, secondo la quale devono intendersi per volumi tecnici, ai fini della esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, etc.) che non possono per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.

 

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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