Chi può opporsi allo scarto della cessione del credito? La sentenza della Corte di Giustizia Tributaria

Una recente pronuncia della Corte di Giustizia Tributaria di Trento ha fatto chiarezza su chi possa contestare lo scarto della comunicazione di cessione del credito, stabilendo che anche l’impresa cessionaria ha titolo per impugnare la decisione dell’Agenzia delle Entrate. La sentenza, di rilievo per il settore edilizio e fiscale, sottolinea inoltre l’obbligo di motivare il rifiuto della cessione.
Scarto della comunicazione di cessione del credito: il nodo della questione
Lo scarto della comunicazione di cessione del credito avviene quando l’Agenzia delle Entrate rifiuta una cessione relativa a un bonus edilizio, a causa di irregolarità rilevate dal sistema informatico. Questo rigetto crea un impasse per:
– il contribuente cedente, che non può trasferire il proprio credito;
– l’impresa cessionaria, che, dopo aver applicato lo sconto in fattura, rischia di non poter recuperare il credito fiscale.
Il problema centrale riguarda la possibilità per l’impresa di opporsi al rifiuto dell’Agenzia o se questa facoltà spetti unicamente al contribuente cedente.
Il caso analizzato dalla Corte di Giustizia Tributaria di Trento
Nel caso in esame, un’impresa che aveva praticato lo sconto in fattura ha impugnato lo scarto della comunicazione di cessione del credito, ritenendo che l’Agenzia delle Entrate dovesse motivare il rifiuto. Di contro, l’Agenzia ha sostenuto che solo il contribuente cedente potesse opporsi e che lo scarto della cessione non impedisse comunque al contribuente di beneficiare del bonus tramite detrazione diretta.
Il verdetto della Corte
Con la sentenza n. 76/2025, la Corte ha stabilito che:
1. Anche l’impresa cessionaria ha diritto a impugnare lo scarto, essendo portatrice di un preciso interesse economico.
2. L’Agenzia delle Entrate deve sempre motivare il rigetto della cessione, anche quando il rifiuto è generato da un sistema automatico.
I giudici hanno ribadito che le decisioni amministrative, anche se basate su elaborazioni elettroniche, devono rispettare l’obbligo di motivazione, come previsto dallo Statuto del Contribuente.
Nel caso specifico, la Corte ha accertato che il contribuente cedente aveva agito in maniera fraudolenta e che non aveva diritto alla detrazione. Tuttavia, ha precisato che il rifiuto del credito non poteva avvenire attraverso una semplice segnalazione del software, ma doveva essere formalizzato con un atto di diniego motivato.
Di conseguenza, la Corte ha accolto il ricorso dell’impresa e ha imposto all’Agenzia delle Entrate di emettere un provvedimento esplicito di diniego del beneficio fiscale.
I principi stabiliti dalla sentenza
Questa pronuncia ha un impatto rilevante per le future controversie simili, fissando due principi fondamentali:
1. L’impresa cessionaria ha diritto a impugnare lo scarto della cessione del credito, non solo il contribuente cedente.
2. L’Agenzia delle Entrate deve sempre motivare il rifiuto della cessione, anche se lo scarto è generato da un sistema informatico.
Il precedente della Corte di Giustizia Tributaria di Reggio Emilia
Anche la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Reggio Emilia si è espressa sul tema, ribadendo l’obbligo di motivazione degli atti di annullamento dell’Agenzia delle Entrate. Secondo la Corte, il diniego della cessione equivale a un rifiuto di agevolazione fiscale e, in assenza di una motivazione adeguata, si configura una violazione dello Statuto del Contribuente.
La sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Trento introduce un importante precedente, chiarendo che anche l’impresa cessionaria ha diritto a ricorrere contro lo scarto della cessione del credito. Inoltre, ribadisce che l’Agenzia delle Entrate non può limitarsi a un rifiuto automatico generato dal sistema informatico, ma deve motivare la decisione in modo chiaro e formale.
Questa pronuncia potrebbe avere implicazioni significative per molte imprese coinvolte nel meccanismo dello sconto in fattura e della cessione del credito, fornendo un ulteriore strumento di tutela nei confronti di eventuali rigetti non adeguatamente giustificati.
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